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Ambiente

La sostenibilità cambia l’abito

Nata nel 1966, Canepa tesse anche per i grandi marchi. Il suo progetto per risparmiare acqua ed eliminare agenti inquinanti —

Tratto da Altreconomia 157 — Febbraio 2014

Nella biblioteca di Canepa spa ci sono circa 10mila volumi. Rilegati con cura, contengono centinaia di migliaia di tessuti, un’immensa banca dati di trame e disegni. È qui, mi raccontano, che si svolge il primo incontro con il cliente, cioè i grandi marchi del retail, dello sportswear e del lusso per cui Canepa produce tessuti di seta, cachemire, lana, lino, cotone, viscosa, acetato, nylon e tessuti stampati di ogni genere. La biblioteca è il cuore dell’impresa, fondata nel 1966 a San Fermo della Battaglia (in provincia di Como). La testa è invece il Centro ricerche Canepa Evolution (www.canepaevolution.it), che dal 2009 lavora per progettare nuove tipologie di tessuto per una riduzione dell’impatto ambientale del processo produttivo.

Quell’anno nasce il progetto SAVEtheWATER, che oggi è un marchio registrato che accompagna l’etichetta di sciarpe e cravatte.
Gli accessori distribuiti da Canepa direttamente e attraverso i propri marchi (www.canepa.it) garantiscono il 30 per cento di un fatturato in incremento che nel 2013 è intorno ai 100 milioni di euro.
“Dal 2010 abbiamo eliminato l’utilizzo di filati idrosolubili usati abitualmente nella tessitura dei filati super sottili, che poi vanno eliminati lavando a caldo il tessuto” -spiega Carlotta Saibene Canepa, che siede nel cda dell’azienda di famiglia-. In questo modo, si risparmia fino a 12 volte il quantitativo di acqua. Nel 2013, da un’intuizione è arrivato SaveTheWater-Kitotex, un processo di produzione decisamente innovativo capace di ridurre ancora di più il consumo d’acqua: per il rivestimento di rinforzo prima della tessitura viene realizzato un bagno nel ‘chitosano’, un polimero naturale che si ricava da scarti alimentari, in particolare dai crostacei. È un brevetto, frutto di un lavoro di ricerca in collaborazione con il Cnr Ismac di Biella. È applicabile a qualsiasi tessuto e permette di eliminare l’uso di agenti inquinanti -aggiunge Carlotta Saibene Canepa- conferendo al tessuto diverse doti tessili come l’affinità tintoriale, l’anti-pilling e la stabilità dimensionale naturale”.

A gennaio 2014, alle sfilate di Pitti Uomo a Firenze, ha portato una collezione realizzata con filati ecologici. Per il prossimo biennio Canepa -che impiega 800 dipendenti e ogni anno produce 5 milioni di metri di tessuti e stampati- si prepara a realizzare nuovi progetti, come “Re.silk” e “Re.cashmere”, legati al recupero e al riutilizzo di sete e cachemire usati e riciclati. Dal primo gennaio 2014, inoltre, Canepa è la prima azienda tessile al mondo a impegnarsi nel “Detox Solution Committment” di Greenpeace. Siglato nel settembre del 2013, l’accordo prevede l’eliminazione entro il 2020 degli undici principali agenti chimici pericolosi utilizzati lungo tutto il ciclo della produzione tessile, non solo da Canepa ma anche dai fornitori (chi produce le materie prime, dalla seta al cachemire alla lana, che il gruppo acquisto all’estero). Tra gli impegni assunti dall’azienda, molti riguardano la trasparenza lungo tutta la filiera, con l’impegno a rendere pubblico l’elenco di tutti i fornitori -e il dato relativo ai prodotti chimici pericolosi da questi utilizzati- nel Sud del mondo, “including China”, cioè compresa la Cina. L’obiettivo: un cambio sistemico. L’esempio di Canepa dimostra che la moda è pronta. —
 
La trama che funziona
“La piccola impresa artigiana ha difficoltà a finanziarsi, specie in Italia. Per questo abbiamo scelto di utilizzare il crowdfunding per realizzare un nuovo progetto, e mettere in commercio una giacca impermeabile in cotone biologico”. Luca Sburlati è il fondatore di Na2rale (na2rale.com), e grazie al successo dell’iniziativa promossa sulla piattaforma Kickstarter (kickstarter.com) a giugno distribuirà le prime giacche a vento impermeabili realizzate utilizzando un tessuto riscoperto, quello usato “dalla Royal Air Force fino agli anni Trenta, quando venne abbandonato a favore delle fibre sintetiche -spiega-. Tutto è nato dall’incontro con un’azienda di Como che aveva scoperto e riprodotto quello utilizzato dalla Raf, un trama naturale così stretta che non lasciava passare l’acqua”. Per il progetto Water Jacket (tutte le info su n2r.it) Na2rale -che ha sede a Torino- ha raccolto poco più di 40mila sterline, che coprono i costi di creazione, stile e l’avvio della produzione. Oggi il Water Jacket costa 189 euro (il prezzo al pubblico sarà di 359).

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