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Ambiente

La società civile nigeriana all’assemblea dell’Eni

La corporation italiana -che ha chiuso il 2011 con un utile di 6,86 miliardi di euro- è tra le più attive in Nigeria, insieme a Shell e Chevron. Il direttore dell’Environmental Rights Action, Godwin Oko, ha posto l’accento sulla pratica del gas flaring, 23 miliardi di metri cubici bruciati ogni anno

Il direttore dell’organizzazione nigeriana Environmental Rights Action Godwin Ojo è intervenuto oggi all’assemblea degli azionisti dell’Eni per chiedere alla compagnia di rispettare le leggi della Nigeria e tutelare così gli interessi e i diritti delle comunità del Delta del Niger, dove l’azienda opera da oltre 40 anni.
 
Insieme alla Shell e alla Chevron, l’Eni è una delle oil corporation più attive in Nigeria, primo Paese esportatore di greggio dell’Africa con una produzione di 2,2 milioni di barili al giorno. Nonostante la ricchezza del loro sottosuolo, le popolazioni dell’area del Delta del Niger vivono in condizioni di estrema povertà, alle prese con un crescente degrado ambientale e una costante militarizzazione del territorio.
 
Lo scorso agosto un rapporto dell’agenzia ambientale delle Nazioni Unite, l’Unep (United Nations Environmental Programme) ha certificato che per il solo spicchio di Delta occupato dal popolo Ogoni serviranno 30 anni di bonifiche per riparare gli immensi danni causati dalla Shell. Il conto iniziale presentato alla oil corporation anglo-olandese ammonta a oltre un miliardo di dollari, ma le organizzazioni della società civile nigeriana parlano dell’esigenza di uno stanziamento di fondi per decine di miliardi per pulire l’intero Delta e mondarlo dalle conseguenze delle attività di tutte le multinazionali.
 
Come ha denunciato Ojo davanti agli azionisti e ai vertici dell’Eni, in Nigeria ogni giorno si registrano perdite di petrolio dagli oleodotti, mentre, nonostante una legge del 1979 e diversi pronunciamenti delle corti locali, la pratica del gas flaring (il bruciare in torcia il gas connesso al processo d’estrazione del greggio) continua a essere adottata. Tanto per fornire qualche dato, dei 168 miliardi di metri cubici di gas bruciati ogni anno al mondo, 23 (il 13 per cento) provengono dalla Nigeria. In termini di ossido di carbonio, parliamo di 400 milioni di tonnellate, ovvero il 25 per cento del consumo annuo di gas degli Stati Uniti.
 
“Nonostante le sue dichiarazioni pubbliche, l’Eni ha fatto poco o nulla per ridurre il gas flaring. Per esempio nei casi di Kwale ed Ebocha l’anno scorso in assemblea aveva prefigurato uno stop che invece non si è verificato” ha dichiarato Godwin Ojo a margine dell’incontro. “Con la mia organizzazione negli ultimi mesi siamo stati in grado di visitare varie comunità impattate da sversamenti di impianti dell’Eni nello Stato di Bayelsa. Purtroppo nei loro confronti non sono state accordate compensazioni, né si è proceduto a bonificare i terreni e i corsi d’acqua inquinati. Per quanto tempo ancora bisognerà assistere a questo ecocidio senza che le compagnie intervengano” ha concluso Ojo.

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