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Finanza

La sobrietà in banca

Il testo integrale dell’intervista ad Ugo Biggeri pubblicata sul numero di luglio/agosto di Altreconomia

Tratto da Altreconomia 118 — Luglio/Agosto 2010

Attenzione a clienti e dipendenti, partecipazione dei soci e maggiore presenza sul territorio. Il nuovo presidente, Ugo Biggeri, disegna la “sua” Banca Etica 

Ugo Biggeri per oggi ha dismesso la giacca di ordinanza e si è concesso una polo (quella dei gruppi di acquisto solidali, però). Conciliando come sempre professionalità e affabilità, competenza e sobrietà, questo 44enne toscano risponde alle nostre domande seduto sugli scalini dell’ingresso della filiale fiorentina di Banca Etica, di cui è divenuto presidente lo scorso maggio.
Quella del 22 maggio è stata un’assemblea importante: 5199 votanti (deleghe comprese) -un numero che non si vedeva da anni- testimoniano la grande aspettativa legata al rinnovo delle cariche.
Leggo questa partecipazione in modo molto positivo. I soci di Banca Etica sono sparsi in tutta Italia, eppure quelli rappresentati erano più del 15% del totale. In sala erano presenti un migliaio di soci. Questo dimostra l’attenzione verso l’intero consiglio di amministrazione e al ruolo che questo ricopre, al di là della questione legata alla presidenza. Una delle critiche che si erano sentite infatti prima dell’assemblea era che tutto ruotasse attorno al nuovo presidente, e al fatto che ci fosse un solo candidato per ricoprire quel ruolo. La partecipazione dimostra invece che tutto il cda è importante per i soci.
Che cosa è emerso dal voto?
Credo siano emerse indicazioni chiare. C’erano state certamente indicazioni da parte delle aree territoriali, e queste indicazioni di voto sono alla fine state rispettate. Ovvero, tutti i candidati indicati sono entrati nel cda.  Ma alcuni nomi sono spuntati più in alto, hanno avuto più preferenze di quanto immaginato.
Non solo: due fra i candidati non eletti (Tommaso Marino e Marina Coppo, ndr) erano nel cda uscente. E a parte Sergio Morelli (anch’egli già nel cda uscente, ndr) che ha ricevuto molti voti, gli altri ex sono entrati ma con un numero minore di voti.  È un’indicazione abbastanza chiara della voglia di rinnovamento della squadra, così come è emersa la richiesta di “tecnici” per il cda.
Detto questo, è doveroso un ringraziamento particolare ai candidati che sono rimasti esclusi. Sono persone che credono così tanto a Banca Etica  da “metterci la faccia” anche di fronte a una possibile sconfitta: ce ne vorrebbero di più.
Vuol dire che hanno avuto il coraggio di misurarsi con la partecipazione. E questo è il ruolo importante di chi si è candidato.
Non ci sono stati grandi sconvolgimenti su eletti e sul nuovo presidente…
Erano però elezioni “blindate” fino a un certo punto. Ci sono dinamiche per cui si tende a concertare tra i soci rispetto ai voti: il meccanismo della lista aperta ti porta a questo. Però voglio aggiungere ancora due cose sull’assemblea. Avevamo paura di un’assemblea “calda”, per via di alcune criticità emerse nei giorni immediatamente precedenti. Nel complesso invece è stata più una festa. O meglio: si è verificato un cambio importante, ma senza strappi.
Le criticità erano legate al passaggio da un presidente, Fabio Salviato, che in tutti questi anni è stata una figura centrale. Questo emotivamente poteva creare tensione tra il “vecchio” e il “nuovo” di Banca Etica. C’erano stati degli episodi: interviste apparse sui giornali, l’ultimo cda che non raggiungeva il numero legale. Alcuni consiglieri che non si potevano ricandidare erano molto perplessi. Ecco, una delle questioni più  delicate sarà il rapporto col vecchio cda. Dovremo fare tesoro del passato senza però privare il nuovo cda del suo ruolo pieno. È una cosa su cui lavorare con delicatezza. Però è la prima volta che in cda abbireso disponibile a soci e dipendenti
Parliamo dei numeri della banca. Il 2009 si è chiuso con un utile decisamente modesto: 30mila euro.
A questo va aggiunta una riflessione sugli alti costi operativi della struttura.

Comincia a essere chiaro a tutti che il vero motore di Banca Etica è la raccolta di capitale sociale. Se non cresciamo con quello siamo bloccati sulla parte più innovativa, quella dei progetti.
Il 2010 non si preannuncia migliore. Dobbiamo lavorare molto sulla macchina organizzativa: negli ultimi anni, per un motivo o per l’altro, l’efficienza operativa non è stata presidiata.poi gli aspetti di efficienza interna. Abbiamo trascurato il tema della soddisfazione del cliente nell’operatività quotidiana.
Dobbiamo cambiare modalità, sennò non siamo efficienti. E poi dobbiamo lavorare bene negli impieghi. Riguardo ai costi, il problema non è se ci sono troppi lavoratori o meno. Di sicuro si tratta di 206 persone i cui interessi forse sono stati poco considerati. Dobbiper questo serve gente che ci lavori.
Eppure la banca ha spesso sovrastimato lo sviluppo dei suoi ricavi.
La cosa vera è che le inefficienze erano tollerabili in una condizione di tassi alti. La crisi finanziaria ci ha colpito in un momento molto particolare. Non per il livello di sofferenze, che non sono aumentate
Gli impieghi, appunto. In rapporto alla raccolta sono solo il 56%. Questa è la grande critica mossa alla banca: non concedere abbastanza finanziamenti.
Su questo punto dobbiamo trovare una modalità per lavorare ancora meglio. È un problema piuttosto difficile, che tuttavia è figlio del successo stesso di Banca Etica, perchè i tassi di crescita della raccolta sono sempre stati molto alti e la situazione non è stazionaria. Ovvero: se la raccolta fosse stata quella di tre anni fa oggi avremmo impiegato tutto. L’obiettivo ci è chiaro ma il fatto è che la raccolta cresce veloce rispetto agli impieghi. Esiste certamente questo divario, ma altri esempi europei, come Triodos (istituto finanziario etico olandese, ndr) hanno livelli ancora più bassi. Preferiscono investire la loro liquidità sui fondi, e questo nel breve periodo può essere uno stimolo anche per Banca Etica, una strategia per gestire la liquidità che non sia solo comprare  titoli di Stato.
Banca Etica conosce a sufficienza il territorio, i soggetti cui si deve rivolgere o che si aspettano sostegno?
Io credo che se dobbiamo trovare un ruolo ai git (gruppi di iniziativa territoriale: sono i gruppi di soci attivi sul territorio, ndr ) è quello di capire molto come legarli al territorio. La struttura che ci siamo dati, con 13 filiali -e siamo l’unica banca etica con tante filiali- risponde ad alcune logiche tipiche di un istituto come il nostro. Non potremo continuare ad aprirne a questo ritmo, ma dovremo studiare altre formule per valorizzare la nostra presenza sul territorio: come i banchieri ambulanti. Avere la struttura di una banca di credito cooperativo, ma con un respiro da banca nazionale, non aiuta né l’efficienza né le motivazioni del personale. Ai dipendenti e ai git serve di far crescere il loro ruolo. Vuol dire non solo per avere una mappatura economica del territorio, ma per sapere che cosa si muove a livello sociale. Sulla territorialità si giocherà il futuro di Banca Etica.
Altro problema, un patrimonio non sufficiente.
Bisogno ricapitalizzare in qualche modo, forse i soci non l’hanno capito fino in fondo. Però è una condizione fondamentale. Le nostre sono davvero le "buone azioni", perché se metto 500 euro nel capitale di Banca Etica le consento di fare 5mila euro di prestito. Bisogna far passare di più questo messaggio.
Rimane il nodo dei fondi di investimento, che ancora dividono i soci.
Devo dire che anche io non ero d’accordo sulla scelta di istituire dei fondi. Ora lo sono. Dovremo certo affrontarne tutte le criticità, come il controverso caso della presenza di società private per la gestione dell’acqua nel pacchetto di aziende nella quali investe il fondo.
Da questo punto di vista però nel dibattito si sconta il fatto che c’è ancora chi è contrario a prescindere, e qualsiasi cosa salta fuori è un pretesto per criticare l’esistenza dei fondi. Temo sia una posizione che non coglie il valore di Etica sgr come qualcosa che svela certe ipocrisie. Guardiamo a dove vanno i soldi dei cittadini. Certo, un “militante” non ce li metterà mai i soldi in un fondo, ma noi ci rivolgiamo agli altri, quelli che non possono a questo punto più dire che non c’è alternativa alla finanza tradizionale.
L’ultima questione riguardante l’acqua è utile perché fa partire il dibattito. Io ad esempio non vedo contraddizione tra investire in una utility che ormai è all’interno di un mercato esistente ed essere a favore dell’acqua pubblica in Italia. Andrei a guardare nel dettaglio, per evitare di fare discorsi preconcetti.
Etica sgr è anche utile per portare il nostro punto di vista nel mondo "vero".

Dopo 11 anni, la sfida è rinnovare la banca
Il commento di Marco Gallicani*
Se eravate all’assemblea di Padova, il 22 maggio scorso, potrete confermare la mia sensazione: abbiamo presenziato a un momento decisivo per Banca Etica.
A oltre 10 anni dalla nascita (nel 1998), una festosa assemblea elegge un presidente che non è più “il fondatore”, gli “affida” un cda rinnovato e fotografa una banca diversa da quella entrata in sala. Sensazioni che a molti sembravano utopistiche anche solo fino a qualche tempo fa. È verissimo, anche se la partecipazione (migliorata) rimane ancora limitata (un migliaio di persone) e concentrata nelle occasioni elettorali. Anche se il ruolo delle cordate interne è ancora troppo decisivo (per molti ottimi candidati esser fuori dagli accordi ha significato non trovare spazi) e la stessa straripante vittoria di Ugo Biggeri potrebbe essere il suo limite: rischia seriamente di non avere opposizione interna, pessimo segnale di vitalità democratica. Banca Etica arriva ai suoi 11 anni stanca, provata da una crisi che la colpisce forse più di altre banche, perché si contestualizza su di un mercato di riferimento (il terzo settore) che è irriconoscibile rispetto a quello degli anni 90. Al nuovo presidente toccherà quindi re-interpretare la visionarietà che caratterizzò il momento fondativo, dimostrando la capacità di leggere ciò che accade nel Paese reale senza la presunzione di comandarlo dall’alto. Essere, in sintesi, il presidente di una banca capace di convocare all’attivismo economico, specialmente i giovani e le nuove realtà dell’altra economia. Dovrà sviluppare più solide relazioni con le reti limitrofe -soprattutto le Mag e le banche di credito cooperativo-, alimentare con vere e sostanziali responsabilità la partecipazione dei soci, il ricambio del management e dei “colonnelli” che presidiano il territorio da quasi 15 anni, sviluppare sinergie, economie di scopo o di scala con le tante partecipate. Se saprà interpretare il dinamismo che lo ha portato all’elezione, questo consiglio potrebbe essere quello della svolta, dopo un decennio che ha raccolto attorno alla pratica della finanza etica sensibilità molto lontane da quelle che ne segnarono l’avvio in Italia. Dovrà stare attento soprattutto alla gestione del periodo di transizione con la vecchia gestione, che potrà certamente rispettare, ma dalla quale dovrà sapersi distanziare con lo stesso spirito dimostrato in campagna elettorale.
* Marco Gallicani (www.finansol.it)

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