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Ambiente / Opinioni

La rivoluzione green e quel pessimo film di Michael Moore

“Planet of the humans”, prodotto dal regista americano, è un’accozzaglia di luoghi comuni e falsità. Il clima cambia, le illusioni restano. La rubrica a cura del prof. Stefano Caserini

Tratto da Altreconomia 227 — Giugno 2020
© David Shankbone

La necessità di agire in modo rapido e drastico contro il cambiamento climatico è riconosciuta in larga parte del mondo. Non solo dai 189 Stati che hanno ratificato l’Accordo di Parigi, dagli attivisti globali del Climate Action Network, 350.org, Friday for Future o Extinction Rebellion, dalla coalizione di comuni e regioni, dal mondo della finanza o delle Università. Un recente sondaggio Ipsos ha mostrato che la maggioranza delle persone, il 71% a livello mondiale, ritengono la sfida del cambiamento climatico non meno importante di quella di Covid-19. Questa percentuale, simile a quella registrata in Italia, sale all’81% in India e all’87% in Cina mentre scende al 59% in Australia e negli Stati Uniti. Una differenza registrata anche nella risposta alla domanda “È importante che i governi diano priorità al cambiamento climatico nella ripresa post Covid-19?” con l’81% di cinesi e indiani che hanno risposto sì contro solo il 57% degli statunitensi (media mondiale 65%, Italia 63%). La percentuale di persone che è disponibile ad agire individualmente varia a seconda del tipo di azione fra il 33% (i disponibili a mangiare meno latte e formaggi o sostituirli con le alternative) e il 57% (fare attenzione ad evitare gli imballaggi).

Percentuali stabili negli ultimi sei anni. Il sondaggio è stato pubblicato il giorno del cinquantesimo Earth Day che quest’anno ha visto la pubblicazione su YouTube di un film-documentario che nega l’utilità delle più diffuse soluzioni tecnologiche per contrastare il riscaldamento globale come pannelli solari fotovoltaici, pale eoliche, l’auto elettrica. Si tratta di “Planet of the humans” di Jeff Gibbs, che ha avuto un grande eco perché produttore esecutivo è il regista Michael Moore. Il film è un’accozzaglia di luoghi comuni e vere e proprie falsità su quanto le tecnologie green sarebbero pericolose, se non proprio inquinanti. Nega decenni di scienza della mitigazione dei cambiamenti climatici, in cui sono stati fatti e rifatti i conti per capire se una pala eolica o un pannello solare durante la sua intera vita producano più energia di quella che si consuma per costruirli, o se utilizzino più materiali delle alternative tecnologiche o come possono essere riciclati quando dismessi. Centinaia sono gli studi fatti per capire se un’autovettura elettrica è conveniente per l’ambiente, anche tenendo conto di come si produce l’energia elettrica, le batterie, e come si possono riciclare o smaltire. Migliaia di articoli scientifici, discussioni a volte accese, tante esperienze di successo sono ignorati dal documentario per far posto a riprese di un parco eolico dismesso o di una venditrice di auto elettrica che non si interroga sulla fonte fossile che alimenta l’auto che sta magnificando.

Il 65% della popolazione mondiale ritiene che i governi debbano dare priorità al cambiamento climatico nella ripresa post Covid-19

“Planet of the humans” è un’operazione di manipolazione e disinformazione. Anche se non è stata sostenuta dalla lobby fossile, ha centrato l’obiettivo di creare il dubbio e scetticismo che la rivoluzione green sia utile. Mentre sarebbe auspicabile un dibattito serio sui limiti delle soluzioni tecnologiche, o su quanto si può ottenere anche con una decisa azione “dal basso” sui comportamenti dei singoli, il film propone la contrapposizione fra soluzioni tecnologiche e soluzioni individuali (riduzione del consumismo, fare meno figli, “mettere noi stessi sotto controllo”). Sarebbe bello se bastassero i comportamenti individuali per risolvere il problema del cambiamento climatico. La realtà di 7,5 miliardi di persone è più complessa, ci richiede di agire anche collettivamente, come società. I tempi della crisi climatica ci dicono che non è il caso di perdere altro tempo coltivando solo buoni propositi e illusioni.

Stefano Caserini è docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “Il clima è (già) cambiato” (Edizioni Ambiente, 2019)

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