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La rimozione climatica – Ae 95

“La più grande mistificazione degli ultimi 15 anni”, “pura speculazione metafisica sconfessata dai fatti reali”: chi non crede al riscaldamento della Terra e alla responsabilità umana non usa mezze misure. Non solo giornalisti o grafomani telematici: fra quanti sostengono che…

Tratto da Altreconomia 95 — Giugno 2008

“La più grande mistificazione degli ultimi 15 anni”, “pura speculazione metafisica sconfessata dai fatti reali”: chi non crede al riscaldamento della Terra e alla responsabilità umana non usa mezze misure. Non solo giornalisti o grafomani telematici: fra quanti sostengono che il problema climatico non esista e le azioni per contrastarlo siano una truffa si trovano anche persone qualificate. Alcune insegnano nelle università. Hanno una parte di ragione anche loro? La verità sta nel mezzo?
Nelle questioni scientifiche non funziona così: anche se non esiste la certezza assoluta, può esserci chi ha ragione e chi ha chiaramente, clamorosamente torto.

Per anni ho seguito le voci di chi negava un fondamento alle preoccupazioni per il clima che cambia. Un paio di ripiani della mia libreria si sono riempiti d’articoli di giornali e riviste, di appunti presi per curiosità e a volte con divertimento. C’è chi ha scritto che la prova dell’innocenza delle azioni umane sulle variazioni climatiche sta nelle emissioni di anidride carbonica degli insetti, nel riscaldamento di Saturno e Plutone, nella traversata delle Alpi degli elefanti al seguito di Annibale, nell’estensione dei vigneti nell’Inghilterra medioevale, nel fatto che il nome Groenlandia, Grönland, significhi “terra verde”. C’è chi ha parlato di ciclicità millenaria del clima, chi ha proposto cicli di 11, 22 o 60 anni. Chi ha detto che “la colpa di tutto è del Sole”, delle macchie solari o dei raggi cosmici, della turbolenza del vento solare che influenza i movimenti all’interno del nucleo terrestre. C’è chi ha scritto che stiamo andando verso un’era glaciale o che le proiezioni sul prossimo riscaldamento del pianeta sarebbero “profezie da Cassandra” (dimenticando tra l’altro che Cassandra rappresenta il mito della ragione inascoltata).

Alla fine ho deciso di andare a vedere se le tesi dei “negazionisti” potevano essere giustificate dalle informazioni scientifiche disponibili. Ebbene, dopo più di un anno passato a leggere centinaia di pubblicazioni scientifiche sul tema, sono più preoccupato di quando ho iniziato. Gli argomenti usati nel passato per ritardare le politiche climatiche si rivelano inconsistenti. Invece leggendo i lavori sulla possibilità di scioglimento di parti consistenti dei ghiacci della Groenlandia e della Penisola Ovest Antartica, che potrebbero avere pesanti conseguenze sull’innalzamento del livello dei mari, si capisce che il problema climatico è serio, ma lo è in modo diverso dalle tante emergenze che ci sono quotidianamente proposte (l’allarme per il gelo d’inverno, il caldo o l’afa d’estate, la siccità, le alluvioni, ecc.).

La prima caratteristica è che il sistema climatico ha una grande inerzia, quindi noi non vedremo il grosso dei danni che stiamo provocando: i pronipoti dei nostri pronipoti vedranno il pianeta cambiare molto più di quanto vedremo noi in questo secolo. Vedranno il mare salire e le calotte glaciali sciogliersi.

Il secondo problema è che il riscaldamento, che è davvero globale perché riguarda tutto il pianeta, la sua atmosfera e i suoi oceani, non è omogeneo, regolare, graduale. La tendenza è di crescita delle temperature, ma c’è una forte variabilità che dissimula e disorienta: alcune parti si scaldano di più, altre di meno; in alcuni anni il riscaldamento è inferiore, altri si scaldano più della media.

Il mondo dell’informazione è in difficoltà a capire e far capire il problema. Titoli ricorrenti come “Contrordine, fa più freddo”,  “Dov’è finito il riscaldamento globale?”, ancora recentemente hanno affollato le pagine dei quotidiani. I media hanno un ruolo ambiguo: da un lato assecondano la voglia diffusa di non credere a quanto sta succedendo, alle proiezioni secondo cui in pochi secoli il pianeta potrebbe essere meno vivibile e ospitale per la specie umana. Dall’altro esagerano i sensazionalismi per gli sconvolgimenti del clima, tanto da far sembrare imminente la fine del mondo.

Non sarà facile recuperare il grave ritardo italiano sulle politiche climatiche. Perché oltre all’evidenza scientifica e all’eliminazione degli alibi per i continui rinvii, oggi serve affrontare i meccanismi di rimozione che scattano, volontari e involontari, davanti al disagio dell’entità della crisi climatica, nel dover mettere in discussione abitudini e stili di vita. Sulla scienza del clima ne sappiamo fin troppo: al centro della questione oggi sono i cittadini, i loro rappresentanti politici. E magari gli psicologi.



Stefano Caserini insegna “Fenomeni di inquinamento” presso il Politecnico di Milano, dove si è laureato in ingegneria ambientale e ha conseguito il dottorato in ingegneria sanitaria. Ha collaborato come revisore al Quarto rapporto di valutazione dell’Ipcc (Intergovermental Panel on Climate Change), Terzo gruppo di lavoro. Ha creato e coordina il sito www.climalteranti.it

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