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Diritti

La retorica del Muro

Due sommesse annotazioni a margine delle celebrazioni odierne per il ventesimo anniversario dell’abbattimento del muro di Berlino. Nel mondo politico e mediatico, specie in Italia, prevale una retorica celebrativa a senso unico. L’occasione dell’anniversario non è quindi colta per analizzare…

Due sommesse annotazioni a margine delle celebrazioni odierne per il ventesimo anniversario dell’abbattimento del muro di Berlino. Nel mondo politico e mediatico, specie in Italia, prevale una retorica celebrativa a senso unico. L’occasione dell’anniversario non è quindi colta per analizzare che cosa è realmente successo nell’Est Europa dopo la fine dei regimi socialisti. Si festeggia come se dall’89 in poi fosse stata un’unica, generale festa, per chi era di qua come per chi era di là del muro.

La sensazione è che siamo di fronte all’ennesimo caso d’informazione-propaganda, priva di qualsiasi spirito critico. Quasi mai compare un serio riferimento alla situazione sociale odierna dei paesi ex comunisti: non solo democrazie più che traballanti, spesso soggette allo strapotere di oligarchi economici e demagoghi populisti, ma popolazioni impoverite e messe ai margini di quella stessa Europa che oggi celebra il mitico ’89 (basti pensare al trattamento riservato ai cittadini di paesi come Romania e Bulgaria, che pure fanno parte dell’Unione Europea). Più che nostalgia degli asfissianti regimi pre ’89, molte persone mostrano di rimpiangere una condizione sociale più egualitaria e sicurezze sociali (cibo, lavoro, casa) oggi considerate, dall’ideologia prevalente, come un retaggio del passato privo di senso.

E dire che già all’indomani della liberazione, sull’onda evidentemente delle delusioni rapidamente emerse, gli stessi protagonisti della lotta contro i regimi e del cambiamento avvenuto nell’89, caddero in disgrazia, a cominciare dall’eroe degli eroi, il polacco Lech Walesa, che gode in patria di assai poca popolarità.

Il pensiero unico, lo stordimento che ne deriva, la debole autonomia del sistema dell’informazione si rivelano dunque anche in questi giorni, sottoforma di retoriche e monocordi celebrazioni. Ho fra le mani la copia di Courrier International (la versione francese di Internazionale) di questa settimana: il racconto del ventennale è affidato a scrittori, anziché giornalisti o uomini politici, e il tono è del tutto diverso da quello prevalente in Italia in questi giorni. Come sintetizza il direttore di Courrier International, Philippe Thureau-Dangin, in paesi come l’Ungheria, la Polonia, la Ddr "molta gente rimpiange la sicurezza di una volta. Per loro, essersi liberati della polizia politica e poter viaggiare all’estero è poca cosa rispetto alla precarietà nella quale sono ridotti".

Quasi ovvio, per chi voglia guardare le cose per quello che sono e comprendere che esiste oggi in Europa un’enorme questione sociale, che va ben oltre le condizioni d’esistenza nei paesi ex socialisti. Ridicolo e nostalgico, direbbero (e dicono) invece i retori di casa nostra.

Molto consigliata la lettura dell’articolo di Slavoj Zizek sul numero corrente di Internazionale, cliccando qui

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