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La repressione “documentata” in Messico

23 morti, desaparecidos e almeno 50 persone ancora rinchiuse in carcere: è il bilancio della repressione del governo messicano nei confronti dell’Assemblea permanente del popolo di Oaxaca, nel Sudest del Paese, secondo la documentazione raccolta dalla Commissione civile internazionale di osservazione per i diritti umani (Cciodh) in Messico.

Tra metà dicembre e il 20 gennaio, una trentina di volontari provenienti da numerosi Paesi europei, dalla Nuova Zelanda, dagli Stati Uniti d’America hanno realizzato più di 400 interviste con gli attori di un conflitto sociale iniziato nel maggio scorso -con uno sciopero convocato dai maestri del Sindacato nazionale dei lavoratori dell’educazione (Snte)- e presto trasformatosi in una rivolta popolare per chiedere l’allontanamento del governatore dello Stato Ulises Ruiz.

di Luca Martinelli 

Il 2006 è stato l’annus horribilis per la violazione dei diritti umani in Messico. La società civile internazionale, organizzata nella Cciodh, ha così organizzato due missioni per documentare e denunciare le violenze. La prima, infatti, si era recata nella zona di San Salvador Atenco, vicino a Città del Messico, tra maggio e giugno (vedi Altreconomia n. 74, luglio/agosto 2006).

La “repressione -scrive la Cciodh nelle conclusioni preliminari presentate a Città del Messico il 20 gennaio scorso- è stata esercitata in maniera indiscriminata contro la popolazione civile (uomini, donne, bambini e anziani) facendo uso di gas lacrimogeni e urticanti, acqua con sostanze chimiche, armi di medio e grosso calibro, veicoli ed elicotteri militari. Alle operazioni hanno preso parte corpi di polizia federale, statale e municipale e gruppi d’élite, compreso l’intervento di effettivi militari con compiti di logistica e di coordinamento; gruppi di persone in borghese e con armi di grosso calibro hanno eseguito sequestri, arresti illegali, perquisizioni e sparatorie, in alcuni casi utilizzando veicoli della polizia e con la partecipazione di funzionari pubblici”.

La violenza ha colpito prima (il 14 giugno) gli scioperanti del Snte, che da metà maggio avevano occupato lo zócalo (la piazza principale) della città di Oaxaca de Juarez, e poi tutti quei movimenti contadini, indigeni e sindacali -urbani e rurali- che avevano aderito alla protesta dopo la repressione dei maestri in sciopero da parte del Governo federale, formando l’Assemblea permanente del popolo di Oaxaca (Appo). Secondo la documentazione raccolta dalla Cciodh -che ha intervistato 420 persone- in occasione degli arresti la popolazione è stata vittima di “diverse e numerose aggressioni verbali, fisiche e sessuali (stupri, taglio di capelli, percosse, obbligo di denudarsi, piegamenti sulle gambe, ecc.) contro le donne, per la loro condizione di genere”.

La Commissione ha visitato una cinquantina in 8 differenti carceri dello Stato (un detenuto, invece, era stata portato nel carcere di massima sicurezza dello stato di Matamoros, nel Nord del Messico, vicino al confine con gli Stati Uniti d’America). “Nelle regioni Valles Centrales, Mixteca, Sur e Costa e nella zona triquí -continua il documento della Cciodh- abbiamo constatato l’aumento della presenza dei corpi militari, di gruppi civili armati e di bande armate, in alcuni casi comandati da cacicchi e presidenti municipali, che aggrediscono, assassinano, sequestrano, perseguono e minacciano di morte la popolazione (comprese le donne e i bambini), provocando in alcune comunità sfollamenti con la conseguente frattura sociale e disgregazione familiare”.

Nelle raccomandazioni, la Commissione lancia un monito al nuovo governo messicano di Felipe Calderón: perché non si ripetano altre Oaxaca è necessario “occuparsi delle cause originarie del conflitto, la povertà, il potere dei caciques, la disuguaglianza nell’accesso alle risorse, la mancanza di strumenti per l’istruzione e la salute, il mancato rispetto della memoria storica e dell’identità indigena, la violazione dei processi democratici e la mancanza di rispetto verso un reale accesso ai canali di partecipazione”.

Per firmare le conclusioni della Cciodh htttp://cciodh.pangea.org

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