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La prima pietra della Pedemontana Veneta

"Sviluppo", secondo il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, sarebbe l’ennesima grande infrastruttura che sacrifica al cemento oltre 8 milioni di m2. A Romano d’Ezzelino (Vi) si dà il la ad un cantiere da oltre 2 miliardi di euro, mentre i comitati annunciano nuovi ricorsi

Il 10 novembre scorso il Veneto ha celebrato, con grande retorica, l’apertura di un nuovo “grande” cantiere. Mentre a Roma il governo Berlusconi si preparava a vivere le sue ultime 48 ore, e lo spread Btp-Bund toccava 517 punti base, rendendo drammatica la “crisi del debito”, a Romano d’Ezzelino, in provincia di Vicenza, si è posata la prima pietra della Strada Pedemontana Veneta, una infrastruttura destinata a costare oltre 2 miliardi di euro. Una cerimonia (e una strada) salutata dai politici con parole come “sviluppo”, “economia internazionalizzata”, “recuperare il ritardo”. C’è, addirittura, chi è arrivato ad accostare la Pedemontana alla figura di “uno dei padri della riscoperta del paesaggio veneto, lo scrittore Andrea Zanzotto” (che se non fosse morto il 18 ottobre di quest’anno, a 90 anni, forse avrebbe risposto per le rime).
La Pedemontana è, infatti, una superstrada a pedaggio di oltre 90 chilometri che dovrebbe collegare l’A4 all’A27, bypassando le città di Vicenza, Padova e Mestre. Noi di Ae l’abbiamo incrociata qualche mese fa, raccontando la storia delle palafitte solari del Piano Koris, nel Comune di Trissino (in provincia di Vicenza).

La prima pietra è stata posta nonostante sul progetto pendano 3 ricorsi al Tar e uno al Consiglio di Stato. Del resto perché, in un momento di crisi come questo, dovremmo fermare lo “sviluppo”? Uno sviluppo che, grazie al “breviario” fornito ai giornalisti dalla Regione Veneto, possiamo anche quantificare: costo totale dell’infrastruttura 2,13 miliardi di euro; Comuni interessati 36; autostrade intercettate 3; lunghezza complessiva 94,5 chilometri, di cui 9,5 in galleria artificiale e 7,5 in galleria naturale; 16 caselli; 97 ville venete entro 2 chilometri dal tracciato; 4 presidi Slow Food intercettati, su complessivi 153 ambiti di tipicità enogastronomica.
Dato che il numero degli edifici demoliti è 42, si suppone che le 8,5 milioni di m2 di aree destinate all’intervento e occupate definitivamente fossero, in prevalenza, aree agricole. Suolo che lascerà il posto al cemento, al quale secondo un articolo del Sole 24 Ore sono state sacrificate 2.800 aziende agricole, espropriate dei propri terreni.

I numeri assumono un senso compiuto se sono conditi dalle parole. E quelle di Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, Renato Chisso, assessore regionale alle politiche della mobilità, e Silvano Vernizzi, commissario straordinario per la Pedemontana Veneta, meritano davvero la nostra attenzione.
Zaia, infatti, ha salutato così l’apertura dei lavori: “La situazione odierna del nostro Paese ci dà la possibilità di essere un campo di prova per il futuro, dal punto di vista istituzionale e della coesione sociale. La Superstrada Pedemontana Veneta è una delle tante opere delle quali abbiamo bisogno per consolidare il nostro impegno allo sviluppo e il ruolo chiave in una economia internazionalizzata delle quale vogliamo essere protagonisti, forti della nostre capacità e del nostro storico ruolo di cerniera tra i popoli. Noi queste opere le vogliamo e dobbiamo fare, perché ragioniamo per le future generazioni, a partire da quelle di mitigazione del rischio idraulico del nostro territorio. Per realizzarle servono soldi, molti soldi. Ci basterebbero in realtà gli euro delle nostre tasse. Ma facciamo parte di un sistema che si chiama Italia e dobbiamo concorrere con quote di solidarietà e sussidiarie a favore di quelli che hanno difficoltà a vivere, e che spesso sprecano”.
Renato Chisso, assessore regionale, ha aggiunto: “Manteniamo un altro degli impegni presi con i veneti oltre 10 anni fa: recuperare il ritardo di oltre 30 anni di inattività, per dotare la Regione delle infrastrutture che servono al suo sviluppo e alla sua sicurezza. Il percorso del fare continua”.
Infine, il commissario Vernizzi: “Il duplice valore di quest’opera va intesa sia come asse stradale di valenza locale, che va a servire tutta la fascia pedemontana vicentina e trevigiana, tra le più preziose e industrializzate d’Italia, sia come via di collegamento verso l’Est, inserita di fatto come parte nord del Corridoio V”.
Ecco servito un ricco piatto di retorica sviluppista, condita col cemento. Siamo tornati agli anni Sessanta, al boom economico graziato dalle infrastrutture. Oggi con la stessa ricetta vorremmo curare la febbre del Pil.

Quel 10 novembre, a Romano d’Ezzelino, i politici non erano soli. Hanno trovato, ad attenderli, un presidio, convocato dal Coordinamento dei comitati territoriali dell’ASSPV (Coord. 41 Ricorrenti Nov. 2010, Movimento 5 Stelle Bassano del Grappa, Comitati Viabilità Sostenibile Loria, Altivole, Povegliano).

Il Coordinamento ha tra l’altro ricordato alle istituzioni -sul blog http://valleagno-comdifesasaluteterritorio.blogspot.com/– che “41 cittadini e associazioni, da Trissino ad Altivole, con il loro ricorso al Tar del Lazio, contestano la corretta progettazione della Strada Pedemontana Veneta e delle gallerie. Gli studi sugli impatti idrogeologici e sulla grave situazione idraulica compromessa da un così vasto uso delle gallerie e delle trincee in Valle dell’Agno esiste? […] sindaci ed ex sindaci dovrebbero chiedere con noi conto di questo, proprio perché il tema dell’alluvione è recente e anche in Valle dell’Agno va affrontato con una visione di bacino. Ciò che è certo è che la Strada Pedemontana Veneta (Spv) potrebbe complicare le condizioni dell’alluvione di Ognissanti del 2010. Rilanceremo il ricorso in Corte dei Conti, in Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ma soprattutto alla Commissione Europea, visto che ha assunto il ruolo di controllo e verifica dei conti dell’Italia. Chiederemo il blocco dell’opera poiché: crea debito alle casse regionali, non lo ripiana e aumenta gli sprechi, dal momento che il valore dei benefici netti futuri non supera i costi di costruzione e che il programma di spesa non si adegua alle nuove domande, ai nuovi bisogni anticiclici; nega gli atti relativi al Piano Economico Finanziario e alla convenzione della Spv; viola le norme europee in materia di emergenze (direttiva del Presidente del consiglio dei Ministri del 22 ottobre 2004 procedura di infrazione della Commissione Europea in relazione all’abuso dei governi italiani in materia di protezione civile), proprio nella dichiarazione di emergenza della Spv figlia del Passante di Mestre”.

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