Ambiente / Intervista
La posizione dell’Ente di gestione delle aree protette del Po piemontese sul “caso Meisino”

A fine aprile abbiamo dedicato un articolo di approfondimento al Centro per l’educazione sportiva e ambientale Meisino della Città di Torino. Sulla bontà del progetto ha sollevato molti dubbi il Comitato Salviamo il Meisino, che critica anche l’operato dell’Ente di gestione dell’area protetta. Abbiamo intervistato la direttrice dell’Ente, Emanuela Sarzotti
Il progetto del Centro per l’educazione sportiva e ambientale Meisino, inquadrato nell’ambito della Missione 5 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), interessa parte della Zona di protezione speciale (Zps) del Meisino, alla confluenza dei fiumi Po, Stura di Lanzo e Dora Riparia.
Il sito è parte della rete Natura 2000, istituita ai sensi della Direttiva Habitat (92/43/CEE) per garantire la salvaguardia della biodiversità attraverso la conservazione degli habitat naturali. In più, essendo una Zps, è sottoposta anche alla Direttiva Uccelli (2009/147/CE), per la conservazione dell’avifauna selvatica.
L’opera, vedrà nascere un Centro per l’educazione ambientale nei locali “rigenerati” di un ex-galoppatoio militare abbandonato, e una Cittadella dello sport con area fitness, una parete per l’arrampicata appena fuori l’edificio, la realizzazione di un’area biathlon e piste per discipline sportive a due ruote.
Alcune strutture, che nel progetto originale erano previste all’interno della Zps, verranno realizzate al di fuori e altri interventi sono stati rivisti o stralciati. Il 23 aprile di quest’anno abbiamo riportato alcuni aspetti critici secondo la Consulta per l’ambiente e per il verde di Torino e abbiamo raccolto le istanze del Comitato Salviamo il Meisino, che da novembre 2022 è attivo a difesa del parco. Quest’ultimo si è detto fortemente critico non solo in merito al progetto ma anche verso l’operato dell’Ente di gestione delle aree protette del Po piemontese che ha un ruolo fondamentale nella valutazione di interventi che insistono, in tutto o in parte, sul sito. Su quest’ultimo aspetto Emanuela Sarzotti, direttrice dell’Ente, ha voluto mettere alcune cose in chiaro. L’abbiamo intervistata.
Sarzotti ci ha chiamato per fare chiarezza sul ruolo dell’Ente di gestione delle aree protette del Po piemontese nella vicenda del Centro per l’educazione sportiva e ambientale, che vedrà la luce al parco del Meisino. Partiamo dal principio.
ES Tutto è iniziato quando io non ero ancora direttrice del Parco e non lavoravo nemmeno in questo Ente. La Città di Torino ha deciso di far calare su quest’area un progetto finanziato dal Pnrr su cui chiaramente l’Ente di gestione delle aree protette del Po piemontese doveva effettuare la Valutazione di incidenza (Vinca) e valutare la compatibilità con il Piano d’area. Questo perché il parco del Meisino è un sito rete Natura 2000. Qui si crea già un po’ di confusione nel momento in cui si parla di “ente di gestione”: bisogna, infatti, distinguere l’Ente di gestione del parco e quello del Centro (per l’educazione sportiva e ambientale) vero e proprio. Questo noi lo abbiamo specificato in una determina ad hoc. Le cose sono ben distinte, i due Enti non coincidono.
C’è stato un cambio di denominazione del progetto dall’originale “Parco dello sport e dell’educazione ambientale” all’attuale “Centro per l’educazione sportiva e ambientale”. Si tratta di una scelta fatta per evitare fraintendimenti sulla destinazione d’uso del progetto?
ES Il nome è stato cambiato perché noi l’abbiamo chiesto, perché a un certo punto nei documenti si parlava di “piano di gestione del parco”. Il piano di gestione del parco è una cosa ben precisa: è il piano di gestione del parco naturale del Po piemontese e non il piano di gestione del parco dello sport. Quando all’inizio volevano fosse chiamato “Parco del dello sport” c’è stato il massimo delle confusioni possibili perché un parco è, ad esempio, quello naturale del Po piemontese -poi è vero che si usa “parco” anche per indicare il Valentino, perché è un parco urbano- ma se in più ci metti “sportivo”, non si capisce più chi fa che cosa. Soprattutto per i ruoli, perché noi abbiamo un ruolo ben specifico nella gestione delle aree protette che è diverso da chi gestirà il centro dell’educazione sportiva e ambientale. Questa è la prima precisazione che ci tenevo a fare, la chiarezza sui ruoli.
Quali sono le altre?
ES Un secondo aspetto sono le presunte negligenze e i possibili conflitti di interesse. L’esito della procedura ha seguito le norme di gestione di un sito rete Natura 2000. La normativa prevede, infatti, che il Proponente dell’opera (la Città di Torino) debba fare lo studio di incidenza (del progetto sul sito e le specie di fauna e flora presenti) e lo sottoponga alla valutazione (Vinca) degli enti competenti, in questo caso l’Ente di gestione delle aree protette del Po piemontese. Chiaramente, lo studio deve essere fatto da qualcuno che si intende di natura, di ecosistemi. In genere un raggruppamento di professionisti: forestali, agronomi, naturalisti, faunisti.
Riguardo ai rilievi sulle specie protette che si trovano nella Zps, il Comitato Salviamo il Meisino ha promosso insieme a tre associazioni ambientaliste un ricorso al Tribunale ordinario contro la Città di Torino. La richiesta contenuta nel ricorso –respinto dal Tribunale– era di accertamenti tecnici, ambientali e faunistici. Tra questi, la presenza di chirotteri, “specie” protetta dalla Direttiva Habitat.
ES Nella valutazione di incidenza sui siti della rete Natura 2000, si valuta l’incidenza sulle specie indicate in quelli che si chiamano “formulari standard”. Ogni sito della rete ne ha uno in cui sono elencati sia gli habitat sia le specie delle direttive Habitat e Uccelli e sono quelle su cui si fa la valutazione. Nel formulario standard del Meisino i chirotteri non sono indicati. Questo non vuol dire che non ci siano, magari passano, si alimentano, per carità, ma non può diventare oggetto di valutazione perché è il formulario standard che fa fede. Entrando nel merito della vicenda del Meisino, io so che i comitati avrebbero voluto il diniego (del progetto), ma questo non può essere dato se non ci sono motivi tecnici. La prima versione del progetto che era stata presentata, ad esempio, ha ricevuto un parere negativo perché interferiva direttamente con gli habitat. Questo perché le strutture per il pump track e lo skill bike erano dentro la Zps. In quel caso, è stato detto che o si spostavano o il giudizio di incidenza sarebbe stato negativo. Sono state spostate fuori dalla Zps e nelle interlocuzioni (del Proponente) con il Parco è stato chiesto, per esempio, di inserire interventi di lotta alle specie esotiche invasive vegetali e quel percorso famoso all’interno dell’area umida. Questo perché in quell’area umida, in questo momento, chiunque può mettere i piedi dentro, in quanto non è delimitata. Il ragionamento del Parco era stato quello di mettere una pedana sopraelevata. Nonostante il ragionamento fosse corretto in via di principio, il fatto di portare le persone dentro l’area umida personalmente non mi piaceva, poi con l’Arpa l’abbiamo fatto stralciare. Il progetto prevede comunque una recinzione leggera con dei paletti e delle corde in maniera che sia identificata l’aria umida e lì metteremo dei cartelli. Un aspetto che metto in evidenza è che la Città di Torino, a forza di vedere gli ostacoli ai lavori, nella variante alla fine ha tolto anche quello che il Parco aveva chiesto, cioè gli interventi sulle esotiche e un approfondimento dello stagno. Quelli erano miglioramenti dell’habitat, sono stati stralciati e noi dovremmo cercare altre risorse per farli fare.
Di per sé, però, la Missione 5 del Pnrr non si occupa di riqualificazione ambientale ma ha scopi sociali.
ES Era, però, il contributo che eravamo riusciti a migliorare di quel progetto per l’aspetto ambientale. E proprio su quello la Città torna indietro perché appena si vede la ruspa scoppia il putiferio. L’impatto effettivo del cantiere temporaneamente c’è ma abbiamo dato delle prescrizioni: i periodi in cui si può lavorare, i periodi in cui non si può lavorare, quello che si può fare e non si può fare. Dopodiché, il tema vero, a mio avviso, è quello della gestione del Centro per l’educazione sportiva e ambientale. Bisognerà capire come la Città deciderà di far gestire questa struttura. Quello che noi abbiamo chiesto durante la fase procedimentale è stato di decidere prima il regolamento di gestione di quest’area, mettere dei “paletti” per una fruizione corretta e sostenibile dal punto di vista della fauna presente.
La Città di Torino ha presentato, in sede di prima conferenza dei servizi, un’alternativa al Meisino per la realizzazione di questo progetto?
ES Il progetto presentato ha come obiettivo dichiarato “il recupero ambientale, edilizio e funzionale dell’area a parco e dell’area ex-Galoppatoio prevedendo una destinazione d’uso ad attività sportive e ricreative unitamente all’educazione ambientale”. Cioè, il progetto è mirato a quell’area, quindi le alternative di progetto esaminate nella documentazione, e analizzate durante l’istruttoria, sono alternative di scelte progettuali collocate su quell’area per realizzare l’obiettivo prefissato. La scelta o l’opportunità politica di realizzare un determinato obiettivo non può essere oggetto di valutazione di incidenza. La valutazione di incidenza si fa su un progetto, piano, programma o evento specifico.
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