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La pensione che (non) verrà – Ae 50

Numero 50, maggio 2004I fondi integrativi hanno questo di “bello”: sai quanto versi ma non quanto sarà la rendita, che dipenderà dall'andamento della Borsa. Così la previdenza e il futuro non sono più dirittiI fondi pensione nascondono equivoci e trabocchetti….

Tratto da Altreconomia 50 — Maggio 2004

Numero 50, maggio 2004

I fondi integrativi hanno questo di “bello”: sai quanto versi ma non quanto sarà la rendita, che dipenderà dall'andamento della Borsa. Così la previdenza e il futuro non sono più diritti

I fondi pensione nascondono equivoci e trabocchetti. Li descrivono come l'indispensabile e inevitabile “secondo pilastro” del futuro sistema previdenziale, ma probabilmente non saranno mai in grado di mantenere le loro promesse. Addirittura, potrebbero diventare il cavallo di Troia per assestare il colpo di grazia all'idea stessa di una gestione collettiva, solidale, del futuro pensionistico dei cittadini. Dietro la loro massiccia introduzione, si potrebbe celare anche un grande inganno verso i giovani lavoratori. Ce n'è abbastanza per paventare il rischio di una trappola, come sostiene Paolo Andruccioli nel suo libro-inchiesta intitolato, appunto, La trappola dei fondi pensione (Feltrinelli 2004, 8,50 euro).

Andruccioli, perché sostiene che i fondi pensione potrebbero rivelarsi lo strumento per cancellare la concezione pubblica del sistema previdenziale?

“La mia inchiesta si è svolta nel pieno del dibattito sulla riforma Maroni. Nella legge delega era inizialmente previsto il versamento obbligatorio del tfr (trattamento di fine rapporto), la liquidazione, nei fondi pensione. Era una misura molto forte, caratterizzante, e si sposava con l'idea di ridurre i contributi previdenziali versati dalle aziende per i nuovi assunti. Il quadro di riferimento era molto chiaro: si immaginava un modello d'intervento pubblico limitato alle prestazioni minime, per dare spazio alla previdenza privata. L'obbligatorietà del versamento del tfr è tramontata, ora si parla di silenzio-assenso, ma l'impostazione generale non cambia: il 'tasso di sostituzione', cioè l'ammontare della pensione rispetto allo stipendio, è destinato a un calo fortissimo secondo tutte le previsioni, mentre il welfare si riduce anno dopo anno, specie per i più giovani”.

Però si dice che la riforma sia necessaria proprio per garantire un futuro previdenziale ai giovani.

“È vero, la tesi ricorrente è che se non si riducono le pensioni pubbliche subito, i giovani non avranno né lavoro oggi né pensioni domani, e si arriverà allo sfascio della previdenza pubblica. In realtà mi pare che le riforme alla fine penalizzino proprio i giovani. Per chi entra ora nel mondo del lavoro dovrebbe funzionare il 'secondo pilastro', quello privato, ma qui si pone un problema di risorse economiche e anche uno di percezione. I giovani lavoratori dovrebbero investire nei fondi pensione, ma con quali soldi, se hanno per lo più lavori precari e mal pagati? E poi sono consapevoli che dovrebbero cominciare a fare subito i versamenti? Oggi in Italia si continua a pensare alla pensione come a un diritto, mentre è ormai diventata una 'opportunità finanziaria', ma pochi hanno colto questo passaggio storico”.

I fondi pensione che percentuale della retribuzione potrebbero coprire?

“Se i mercati finanziari reggono, il 16-17%, i più ottimisti parlano del 20%. Per garantirsi questa quota, secondo i miei calcoli, un giovane lavoratore precario oggi dovrebbe cominciare subito a versare 5000 euro all'anno. Ma pochi lo fanno”.

Che garanzie danno i fondi pensione?

“Poche. Tutti i fondi saranno a contribuzione, quindi sarà certa la quota versata dal lavoratore, ma non l'entità della rendita. In sostanza il rischio finanziario sarà dei lavoratori. Se gli investimenti daranno risultati negativi, niente pensione, o pensione ridotta. I fondi pensione già esistenti in Italia negli ultimi tre anni non sono andati bene: hanno avuto un rendimento inferiore a quello del tfr, stabilito per legge. Solo negli ultimi 3-4 mesi, col miglioramento delle Borse, i rendimenti sono aumentati. Ma è chiaro che i fondi pensione non potranno mai fare il miracolo di sostituire la pensione pubblica”.

I fondi negoziali di categoria, gestiti da aziende e sindacati insieme, possono arginare la deriva del rischio finanziario?

“Finora sono stati un argine dal punto di vista della trasparenza: molti operatori finanziari mi hanno detto, credo sinceramente, che da quando esistono questi strumenti, sui mercati finanziari si agisce con più attenzione. I fondi negoziali si sono salvati dai crac Cirio e Parmalat, perché non hanno investito in quelle aziende, però non hanno potuto arginare la degenerazione che ha portato a quei crac”. !!pagebreak!!

Che ruolo potrebbero avere dei fondi pensione “etici”?

“Molti osservatori sono ottimisti. Lo stesso presidente della Covip, la commissione pubblica di controllo sui fondi pensione, sostiene nella sua relazione annuale che occorre puntare su fondi non profit, che prevedano la partecipazione dei lavoratori alla gestione. Ci sarebbero benefici sia di rendimento che di comportamento sui mercati finanziari. C'è il famoso esempio della Glaxo costretta a cambiare le sue politiche sui farmaci anti Aids perché alcuni fondi pensione minacciavano di disinvestire. Altri sono più scettici e pensano che le logiche finanziarie siano troppo forti”.

Cosa fare per non finire nella trappola?

“Difficile dirlo. Dal punto di vista del singolo, penso che si possa scegliere di mantenere il tfr, ma è chiaramente una soluzione difensiva. Per gli stessi sindacati sarà difficile dare indicazioni precise, perché in ogni caso la pensione pubblica diminuirà e quindi il problema non sarà risolto neanche dai fondi pensione. E poi c'è chi fa lavori precari e non ha tfr. Qui il problema diventa politico. Io, nel mio libro, non ho voluto demonizzare i fondi, ho evitato pregiudizi ideologici. Credo che per alcune categorie di lavoratori -quelle più deboli, con meno risorse- ci vorranno interventi pubblici di sostegno. Forse dovremmo mettere in discussione le riforme, anche la riforma Dini, ma quando ipotizzo nei dibattiti una cosa del genere mi prendono per pazzo. Di certo la caduta delle pensioni pubbliche rischia di creare un problema di sostenibilità sociale: se la pensione pubblica copre solo il 30% del tuo stipendio, non basterà nemmeno il fondo pensione. In ogni caso credo che meriteremmo di essere informati meglio su questi aspetti, specie i più giovani”.

Prestazione o contribuzione?
I fondi pensione a prestazione definita garantiscono una rendita predefinita. Il rischio finanziario è dell'azienda o del fondo pensione autonomo.
Per coprire eventuali buchi esistono particolari forme di assicurazione. Negli Usa quasi tutti i fondi sono entrati underfunding (sotto capitalizzazione) per la crisi delle Borse.

I fondi pensione a contribuzione definita non stabiliscono una prestazione finale, che dipenderà dai rendimenti finanziari e dai costi di gestione. Il rischio è così spostato sui lavoratori. È la forma ormai preferita e tipica anche dei fondi negoziali dei sindacati.

Cisl e Banca Etica, anche l'altrnativa guarda ai fondi
“Dobbiamo passare all'azione perché sono i lavoratori stessi a voler investire eticamente i propri soldi”: Fabio Salviato, presidente di Banca Etica, ha illustrato così l'accordo stretto con la Cisl per creare dei “fondi pensione etici”.

L'intesa è stata sottoscritta a Firenze, durante Terra Futura, ed è il primo passo di un progetto tutto da costruire. “I fondi pensione oggi sono 200 e gestiscono un capitale di 50 miliardi di euro -ha spiegato Salviato-. Non dobbiamo nasconderci dietro un dito: tuttora subiscono la sudditanza del mondo bancario. Perciò è importante cominciare a spostare questa risorsa, anche a partire da piccole percentuali”.

Poiché tutti i progetti di riforma prevedono un ampliamento della previdenza complementare, toccherà soprattutto ai sindacati proporre soluzioni alternative a quelle degli operatori finanziari privati, che sentono un forte profumo d'affari. Per la finanza etica, di pari passo, si profila un'occasione importante per partecipare alla stessa partita da protagonista. L'intesa fra Banca Etica e Cisl è il primo passo.

Durante Terra Futura lo stesso segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, ha manifestato interesse: “Anche noi -ha detto- siamo in ascolto di Banca Etica”.

La sfida è quella di costruire una gestione collettiva dei fondi pensione e di indirizzare gli impieghi verso investimenti che diano garanzie sotto il profilo della responsabilità sociale.

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