Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Ambiente

La partecipazione è (anche) una legge a rifiuti zero

Sabato 29 e domenica 30 giugno in programma il terzo "Firma day". In tutta Italia, banchetti a sostegno della proposta d’iniziativa popolare proposta dal mobimento "Rifiuti zero". Altreconomia se l’è fatta raccontare da Rossano Ercolini, premiato ad aprile col prestigioso Goldman Prize per l’impegno contro gli inceneritori 

Tratto da Altreconomia 149 — Maggio 2013

“Per una buona gestione del ciclo dei rifiuti sono necessari buona volontà e buona organizzazione: ‘zero rifiuti’ è un’alternativa pienamente realizzabile”. Il commissiario europeo all’Ambiente, Janez Potocnik, ha affidato il suo pensiero a un tweet, scritto lunedì 8 aprile. Nella stessa settimana (domenica 14 aprile) è partita in tutta Italia la raccolta firme per una legge d’iniziativa popolare “Rifiuti Zero-Zero Waste” (vedi p. 14), 28 articoli per mettere al bando (per sempre) l’incenerimento dei rifiuti e favorire le buone pratiche per una riduzione dei rifiuti. “Dopo aver fatto breccia nei livelli più sensibili del mondo politico, che sono i Comuni, oggi il fiume ‘rifiuti zero’ rivendica uno sbocco in mare, coinvolgendo il Parlamento” racconta Rossano Ercolini, presidente di Zero Waste Europe, co-coordinatore di Zero Waste Italy (zerowasteitaly.blogspot.it) e premiato a metà aprile per il suo impegno con il prestigioso Goldman Prize, conosciuto come il “Nobel alternativo per l’Ambiente” (vedi box).
“Nell’ultimo triennio, la produzione di rifiuti solidi urbani in Italia è calata nell’ordine del 10 per cento -spiega Ercolini-: chi ha investito per realizzare grandi impianti d’incenerimento oggi vive la difficoltà di reperire ‘materia prima’. Si tratta di un rischio che già ben conosce il Nord Europa, di over capacity. Ecco perché Olanda e Svezia si trovano a pagare per avere i rifiuti di Napoli. Rastrella rifiuti una città come Goteborg, dove la raccolta differenziata è al 25 per cento e ci sono 4 inceneritori per 400mila abitanti. È una nemesi del ciclo dei rifiuti. Per questo, ritengo che viviamo un momento magico, in cui ecologia ed economia s’incontrano. E rifiuti zero è possibile”.
Un obiettivo da realizzare per tappe, guardando al 2020, anno in cui secondo la risoluzione del Parlamento europeo “Un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse”, del 24 maggio 2012, i Paesi dell’Ue dovrebbero “abolire […] l’incenerimento dei rifiuti riciclabili e compostabili”. Un principio che permea tutto il testo della legge d’iniziativa popolare, esplicitato nell’articolo numero 4, moratoria sugli inceneritori, e rafforzato dall’articolo 5, revoca degli incentivi all’incenerimento: “Finché erano disponibili i Cip6, non era possibile mettere in discussione la ‘funzionalità’ degli impianti” dice Ercolini. Il Cip6 nasce per sostenere gli impianti che producano energia rinnovabile, e vengono pagati nella bolletta elettrica come “componente tariffaria A3”, ma -come ha spiegato Ae a settembre 2006, dedicando la copertina all’inceneritore di scarti petroliferi dei Moratti a Sarroch, in Sardegna- sono destinati in larga parte a fonti “assimilate” alle rinnovabili, tra cui i rifiuti.
“I Cip6 prima e i ‘certificati verdi’ poi hanno rappresentato fino al 30 per cento del bilancio annuo di un impianto del genere. Noi ne prevediamo la decadenza e la revoca”. La moratoria ha l’obiettivo di svalicare il 2020 senza autorizzare nuovi impianti: “Sappiamo bene che anche con la raccolta differenziata spinta esiste un problema della gestione e smaltimento della frazione residua. Ma in attesa di un check-up del parco impiantisco italiano, si impone una stop alla realizzazione di nuovi impianti. Una volta che siano stati raggiunti gli obiettivi minimi di raccolta differenziata, potremo pianificare come e dove trattare la frazione residua. Tenendo presente che ormai è possibile recuperare le frazioni residue, contenute nel sopravaglio, cioè la parte più leggera dei rifiuti -carta, plastica e frazione organica non ancora intercettate dalla raccolta-, da inviare a discariche transitorie”.
Se i mega-impianti hanno portato, negli ultimi anni, a normative regionali in materia di rifiuti che vanno in direzione di ambiti regionali, per permettere agli inceneritori di rastrellare rifiuti su un intero territorio regionale, l’articolo 16 della legge d’iniziativa popolare prevede l’istituzione di Ambiti di raccolta ottimali (Aro), “cioè l’applicazione del principio di prossimità -racconta Ercolini-, legando le filiere del compostaggio e del riciclaggio alle comunità e ai territori. Grazie alla legge ‘Rifiuti zero’ si passa dalla gestione dei rifiuti a quella del materiale di scarto, che è una risorsa economica, legata alla gestione virtuosa dei cicli legati al riciclaggio e compostaggio. In quest’ottica, diventa fondamentale che questo vada a premiare le comunità locali”.

A questo articolo, si accompagna il tredicesimo, che prevede “incompatibilità fra gestione della raccolta, gestione dello smaltimento e gestione del riciclo”. “Faccio un esempio -spiega Ercolini-: oggi, ed è grottesco, un’impresa come A2a gestisce la raccolta differenziata ma anche l’inceneritore. Nella nostra logica, chi gestisce la frazione residua deve avere come obiettivo quello di salvare ‘volumetrie’ nella discarica transitoria, e quindi essere molto interessato a recuperare quanti più materiali possibili, trattando a freddo. Oggi siamo in grado di far lavorare filiere che recuperano la plastica, nella frazione asciutta dei rifiuti, e con le fabbriche dei materiali rispondiamo alla logica ‘Rifiuti zero’”.

“Laddove esistano Comuni che realizzano buone pratiche -come il ‘porta a porta’ o la presenza di centri dedicati al riuso-, li invitiamo a consorziarsi, per ottimizzare l’efficacia della propria azione nel contesto di veri e propri distretti economici. Nella proposta di legge si conia l’idea di ‘Distretto economico del riciclaggio’, e con questo vogliamo rispondere a strumenti che le Regioni hanno coniato ma non sempre funzionano in modo adeguato: i Distretti servono ad ottimizzare il sistema produttivo locale, ed è all’interno di questo contesto che compostaggio e riciclaggio devono fornire risultati efficaci. Gli Ambiti di raccolta ottimali, quindi, non solo perché piccolo è bello, e più regolabile. Ma anche perché siano le realtà locali, ad essere beneficiate”.

Locale, come il movimento rifiuti zero, che “si ciba di informazioni globali, è in grado di creare reti in tutta Europa, ma ha i piedi e il cuore ben piantato nei territori -racconta Ercolini-. Anche la campagna per la legge d’iniziativa popolare, perciò, deve essere messa in relazione con le altre che Rifiuti zero sta conducendo in Italia, con la promozione delle alternative e le vertenze locali contro l’incenerimento. Alcuni impianti in costruzione ritengo non entreranno mai in funzione, ma ipotecano la tranquillità psicologica delle comunità, con contenziosi di carattere burocratico e legislativo, a causa di investimenti di nessuna utilità. Certo, verranno ‘testati’ e resi operativi, ne verrà formalizzata la funzionalità, ma questo solo perché le controparti possano essere risarcite, nei contenziosi che si apriranno”.

Tra i Comuni con un forno in accensione, e forte conflitto, c’è quello di Parma. Che pure è uno dei 124 che hanno aderito alla strategia “Rifiuti zero”. In totale, ci vivono oltre 3,3 milioni di abitanti.
L’ultima adesione, nell’aprile del 2013 è quella di Saronno, in provincia di Varese. Il primo “Comune rifiuti zero”, nel 2007, era stato Capannori, in provincia di Lucca. Rossano Ercolini, il cui impegno iniziò, negli anni Novanta, contro la costruzione di un inceneritore nella Piana di Lucca, oggi coordina il Centro ricerca “Rifiuti zero” del Comune di Capannori. Che si occupa di intervenire sui rifiuti non differenziabili: “La proposta di legge vuole collegare i 10 ‘passi verso Rifiuti zero’ con la normativa europea e nazionale. In quest’ottica, l’ottavo passo è fondamentale, perché afferma con chiarezza che ciò che rimane dopo l’applicazione delle buone pratiche -non essendo riciclabile né compostabile- è frutto di un errore di progettazione, che chiama in gioco la responsabilità estesa del produttore. Per questo c’è l’articolo 22 della proposta di legge, che chiede al Consorzio nazionale degli imballaggi (Conai), e a tutto il comparto industriale di farsi carico di risolvere queste incongruenze.
In questo quadro, è interessate il ‘caso studio’ sulle capsule del caffè, avviato a fine 2010 dal Centro ricerca ‘Rifiuti zero’ (www.rifiutizerocapannori.it/rifiutizero), dopo aver monitorato il sacco grigio delle famiglie di Capannori, e ha poi coinvolto Lavazza e l’Associazione italiana industrie prodotti alimentari, associata a Confindustria. Questo confronto, al momento non ha ancora prodotto una svolta operativa. Ma ha stimolato altre azioni collaterali: c’è chi, ad esempio, sta lavorando alla produzione di alternative alle capsule, cui abbiano dato supporto, per il tasso di sostenibilità che incorporano; stiamo predisponendo, con la facoltà di Agraria di Firenze, un manuale per usare a fini agronomici i fondi del caffè, che è un ammendante che non ha bisogno di essere trattato, basta mischiarlo con un po’ di paglia; a Capannori, stiamo riflettendo sulla possibilità di avviare il ritiro dedicato dai bar, pasticcerie, ristoranti, agriturismi: attualmente finiscono nell’organico, ma non è necessario. In ogni caso, attraverso il case study sulle capsule possiamo affermare che se il 75% del ‘problema rifiuti’ può risolverlo una comunità, l’altro 25% è ora che cominci ad essere un problema per l’industria, che dovrà adottare una progettazione sostenibile. La legge mette a punto questo”. 
  
Tra i comitati ci sono anche quelli che, come a Barletta (Bat), si battono contro l’incenerimento di rifiuti nei cementifici. E la moratoria dell’articolo 4 riguarda anche gli impianti dove verrebbe smaltito il combustibile solido secondario (Css), e in particolare cementifici e centrali termoelettriche, come individuati nel decreto del ministero dell’Ambiente in vigore dal 29 marzo 2013 sulle “cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari”.

“Il regolamento è stato promosso con la definizione di ‘End of Waste’, ma ciò significa solo che una tipologia di rifiuti vengono arbitrariamente confinati in una definizione di non rifiuto. Ma credo che non sia possibile sottrarre il Css dalla codificazione europea dell’ambiente, CER: gli scarti non potranno non essere considerati rifiuti, e già c’è stato in tal senso un tentativo da parte dell’ex ministro Altero Matteoli, che ne è uscito scottato in merito al cosiddetto Cdr-Q (combustibile da rifiuti di qualità, ndr). Si tratta di una co-azione a ripetere, che mette in cattiva luce il nostro Paese anche perché l’Unione europea indica una strada, e lo smaltimento è il segmento meno significativo della intera filiera di gestione dei materiali di scarto, e dev’essere concepito in termini di transitorietà. Non può essere il focus principale degli investimenti e degli interventi. Perciò è scorretto preoccuparsi della carenza impiantistica, quando invece è carente l’attuazione di buone pratiche”.
Secondo Ercolini, End of Waste è solo “un gioco di prestigio linguistico, difforme dalla normativa europea, la Direttiva 98/2008, e pertanto verrà bocciato”.
La strada verso la fine del rifiuto è una sola, ed è quella indicata dall’opzione “Rifiuti zero”.  —

I maginifici sei
Rossano Ercolini, presidente di Zero Waste Europe, è uno dei sei attivisti in materia ambientale premiati, quest’anno, con il Goldman Environmental Prize. Un riconoscimento che corona un impegno iniziato negli anni Novanta, impedendo la costruzione di un inceneritore nella Piana di Lucca, a pochi chilometri dalla scuola dove Ercolini, maestro elementare, insegnava. Con il Goldman, infatti, vengono premiati cittadini e cittadine che abbiano realizzato, a livello locale, uno sforzo capace di modificare in modo positivo la vita della propria comunità, favorendo la partecipazione popolare. Oltre ad Ercolini, segnalato per l’Europa, un’altra menzione ha premiato gli sforzi sul fronte dei rifiuti: è quella per la colombiana Norah Padilla, presidente della Asociación Cooperativa de Recicladores de Bogotá, nata con l’obiettivo di rendere il riciclaggio una componente “legittima” del ciclo dei rifiuti.   
Per l’Africa, invece, il Goldman è andato a Jonathan Deal, che ha protetto dall’idrofratturazione -in Sud Africa- Karoo, regione semidesertica riconosciuta per la bellezza e fauna selvatica. Per l’Asia, all’irakeno Azzam Alwash, che ha promosso il recupero di territori paludosi in un Paese in guerra. Per l’area insulare del mondo, è stata premiata l’indonesiana Aleta Baun, che ha promosso l’occupazione pacifica da parte di comunità locali delle cave di marmo del Monte Mutis, impedendone lo sfruttamento e la distruzione delle foreste. In Nord America, infine, premio a Kimberly Wasserman, che a Chicago ha guidato la vertenza per la chiusura di due vecchie centrali a carbone.

Sei mesi per firmare
Se il cittadino pagasse i rifiuti a peso, un tanto al chilo, sarebbe più responsabile, e sentirebbe impellente il bisogno di ridurli. Il modo di farlo c’è, e si chiama “tariffa puntuale”: è uno dei principi alla base del disegno di legge d’iniziativa popolare “Rifiuti zero: per una vera società sostenibile”, e secondo Rossano Ercolini era anche il portato (più) rivoluzionario della “legge Ronchi”, il decreto legislativo del 1997 sulla gestione dei rifiuti in Italia, rimasto largamente disatteso. Se le amministrazioni ricevessero incentivi dopo aver realizzato buone pratiche verso la riduzione, il riuso e il riciclo, probabilmente sarebbero incentivati a non investire in nuovi impianti d’incenerimento e discariche. C’è questo alla base dell’iniziativa di centocinquanta organizzazioni (in 18 regioni) che hanno dato vita al Comitato promotore nazionale per la proposta di Legge di iniziativa popolare “Rifiuti zero-Zero Waste”. Tra questi ci sono la Rete Zero Waste Italy (a servizio dei Comuni e dei comitati Rifiuti zero locali), l’associazione “Comuni virtuosi”, l’Associazione nazionale delle pubbliche assistenze, Attac Italia e Re:Common, oltre a comitati ed associazioni locali. Le firme si raccolgono per sei mesi da domenica 14 aprile. Ne servono (almeno) 50mila per consegnare il testo in Parlamento. Info: www.leggerifiutizero.it     

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.