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Diritti

La Pace non si può costruire sulle armi

La rete degli armamenti avvolge il mondo, ma non contribuisce alla crescita di sviluppo e Pace; una serie di studi ed analisi ce lo dimostra

Il commercio di armi ormai può essere considerato una vera e propria ragnatela. Per visualizzarlo in maniera immediata può essere utile fare un giro sulla pagina del "Global Reported Arms Trade", un sito recentemente lanciato dall’ufficio ONU sul Disarmo. Muovendosi sulla mappa del mondo linee e collegamenti animati mostrano quali siano i flussi di vendita di armi che collegano i diversi paesi; il tutto origina dai dati raccolti dal Registro delle Nazioni Unite sulle armi. Con il problema che, per tutte le categorie di armamento mostrate nelle schermate dai sistemi d’arma alle armi leggere, i numeri di partenza derivano direttamente dalle segnalazioni che i Governi fanno all’ONU su base puramente volontaria e solo dietro una raccomandazione dell’Assemblea Generale. Indebolendo quindi qualsiasi tentativo serio di controllo e di confronto.

E’ quanto ci conferma anche Giorgio Beretta, ricercatore di Rete Disarmo e tra i massimi esperti dei dati sul commercio internazionale di armamenti: "Il vero problema è che a UNROCA, cioè il Registro, non segnala quasi niente nessuno! Ci dovrebbero essere tutti i dati sui trasferimenti internazionali dei maggiori sistemi di armamento, ma di fatto tra il 1992 e il 2009 solo 37 Stati hanno fornito informazioni per ciascun anno e la partecipazione al Registro è passata da un massimo di 126 paesi (cioè il 67% degli Stati membri) nel 2002 ad un minimo di 72 nel 2009: proprio la scarsità di informazioni reperibili nei rapporti annuali non permette di utilizzare il Registro delle Nazioni Unite come fonte di rilevamento di dati completi e comparabili a livello internazionale. E anche l’Italia negli ultimi anni ha iniziato a non riportare dati all’ONU".

Nonostante queste avvertenze, è pur sempre impressionante vedere le linee che partono dal nostro paese a riguardo dell’export di armi leggere (vedi immagine).

Inoltre, in generale, è importante cercare di capire quali siano le aree maggiormente toccate da questo tipo di commercio, specialmente in entrata, perché ciò costituisce una realistica misura di quanto sia più o meno "calda" un’area del globo. Perchè è dimostrato come le guerre scoppino nei luoghi toccati, negli anni immediatamente precedenti, da consistenti flussi di vendita di armamenti. Stiamo parlando di armi comprate e vendute legalmente, che raggiungono da sole il 75% delle armi effettivamente trasferite annualmente nel mondo. Come a dire: non sono i trafficanti (pur se pericolosissimi in particolare sulle armi leggere) a contribuire maggiormente alla diffusione degli strumenti di morte ma aziende e governi che agiscono con tutte le carte bollate in regola.

Global Study HomicideL’analisi dei numeri, e la giusta battaglia pe rottenere trasparenza e controllo a livello internazionale sui flussi di armamenti, non devono comunque far dimenticare che ci troviamo di fronte ad un aspetto della società internazionale che è impossibile considerare asetticamente. Perchè con le armi la gente, poi, ci muore. Sembrerebbe un’ovvietà, ma ci è voluto uno studio approfondito ed inedito come il "Global Study on Homicide" dell’ufficio ONU contro droghe e crimine (UNODC) a dimostrare con dati alla mano e una grande dose di analisi che la maggioranza delle uccisioni nel mondo avviene con armi da fuoco. Ma siccome, anche di recente, rappresentanti dell’industria delle pistole hanno sostenuto che "un’arma uccide come una bicicletta" riteniamo non sia mai eccessivo ripeterlo: "le armi uccidono".

Nei paesi in cui la diffusione di armi da fuoco e il crimine organizzato sono più diffusi, la probabilità che un ventenne ha di essere ucciso prima dei 31 anni è di 1 su 50. Nell’altro estremo di paesi tale ipotesi avviene solo in un caso su 400. Senza sorprese (ma, ancora una volta, dati alla mano) lo studio scopre come i tassi di omicidio siano maggiori in paesi con bassi indici di sviluppo umano e grossi disequilibri tra ricchi e poveri.

E le armi (in particolare quelle da fuoco)? Sono purtroppo le protagoniste in questo campo: il 42% degli omicidi nel mondo sono commessi proprio con pistole e fucili. Nel riassunto dei risultati, il gruppo di lavoro che ha steso questo rapporto è ancora più netto: "Il ruolo delle armi da fuoco negli omicidi è fondamentale e, sebbene la relazione specifica tra disponibilità di armi leggere e omicidi sia complessa, c’è indicazione che un circolo vizioso colleghi questi due aspetti spingendo verso tassi di uccisioni più alti". La differenza tra aree geografiche è comunque sensibile, come dimostra il grafico proposto a lato realtivo alla percentuale di omicidi commessa con armi da fuoco in varie regioni del globo. Il lavoro continua poi considerando altri aspetti importanti, come le dinamiche demografiche e soprattutto gli omicidi aventi donne come vittime.

Una lezione da imparare per impostare nuove scelte politiche e sociali a vantaggio di una vera crescita e costruzione della Pace. Come suggerisce un altro lavoro molto interessante recentemente diffuso il "Global Peace Index" dell’Institute for Economics and Peace di Sidney. In questo innovativo report si cercando di prendere in considerazioni le strutture fondamentali che garantiscono la pace e la creazione di un sistema politico e sociale capace di garantire migliori condizioni di vita per la popolazione di uno stato. Inutile dire che tra le "strutture di Pace" che lo IEP individua non ci sono assolutamente le spese militari o alti tassi di diffusione di armi, ma al contrario una progressiva riconversione verso "dividendi di Pace" dei soldi attualmente spesi per armi ed eserciti. Il tutto può essere poi misurato dal Global Peace Index che è composto utilizzando dati di base di 23 differenti indicatori e pre

GPI

ndendo l’avvio dal concetto di Sostenibilità Sociale. Che cresce e migliora anche con una cittadinanza ben consapevole ed informata (una parte rilevante dello studio è infatti dedicata alla "Pace nei media").

Per la cronaca: l’Italia quest’anno si è classificata quarantacinquesima… appena al di sotto di Oman e Ghana…

 

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