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Esteri

La normalizzazione di una dittatura

La farsa del “ritorno alla democrazia” in Honduras è completa. Il 27 gennaio Porfirio “Pepe” Lobo, uscito vincitore dalle elezioni (farsa) del 28 novembre 2009, ha assunto l’incarico di presidente. Nel disinteresse dei media italiani (per i quali la “crisi…

La farsa del “ritorno alla democrazia” in Honduras è completa. Il 27 gennaio Porfirio “Pepe” Lobo, uscito vincitore dalle elezioni (farsa) del 28 novembre 2009, ha assunto l’incarico di presidente. Nel disinteresse dei media italiani (per i quali la “crisi di governo” alias dittatura s’è chiusa il giorno della farsa elettorale, come avevamo previsto nell’articolo “Il golpe infinito”, Ae 111), lo stesso giorno Manuel “Mel” Zelaya, il presidente della Repubblica deposto dal colpo di Stato del 28 giugno scorso, è volato a San Domingo, abbandonando l’ambasciata brasiliana di Tegucigalpa, la capitale del Paese, dove ha passato gli ultimi 4 mesi come rifugiato politico.
Fine delle trasmissioni: l’ultimo colpo di Stato in America latina è finito nel dimenticatoio, e almeno nel nostro Paese nessuno racconta o fotografa le marce di protesta con migliaia di partecipanti che, come a Teheran, sfidano un potere autoritario. 
Fian International sul proprio sito pubblica un galleria di foto che ritrae i martiri della resistenza, e -insieme alle organizzazioni internazionali Cifca, Fidh, Grupo Sur, Solidarité mondiale, Alop– ha diffuso un appello: "Esigiamo giustizia, no alla impunità”, invitando a non riconoscere il nuovo governo: “La comunità internazionale non deve rendersi complice della strategia che insabbia e persona i crimini perpetrati, e deve mantenere la posizione presa dopo il colpo di Stato: condannarlo, esigire la restituzione dell’ordine democratico e costituzionale, non riconoscere il governo illegittimo, mantenere le sanzioni contro l’Honduras, esigere indagini serie sulle violazioni dei diritti umani, contribuire alla protezione dei difensori dei diritti umani, di coloro che fanno parte del movimento di resistenza, e insistere il rispetto della libertà di espressione e la protezione dei mezzi di comunicazione e di tutti coloro che sono stati vittima della repressione”.
Il 27 gennaio, “Pepe” Lobo è stato salutato da manifestazioni di protesta a Tegucigalpa e San Pedro Sula (la seconda città del Paese): “La Resistenza hondureña inizia il 2010 in lotta contro la dittatura, rifiutando le manovre dell’oligarchia che realizza per pulirsi il viso attraverso un falso processo di transizione, da Micheletti a Lobo, che lascerà intatto il sistema di dominio dello Stato da parte di una minoranza privilegiata di grandi impresari corrotti, imprese multinazionali e polizia repressiva”. E mentre Zelaya abbandona il Paese, il dittatore Micheletti viene eletto “deputato a vita”. Una trama da anni Settanta.  

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