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Diritti

La marcia per il cibo

Tra ottobre e novembre fame, terra e sovranità alimentare occuperanno le agende politiche internazionali. Anche i movimenti faranno la loro parte

L’agricoltura sembra sia tornata di moda anche per i grandi della Terra. Ottobre e novembre saranno due mesi chiave per capire se e come, le solite promesse verranno mantenute. Roma ospiterà una serie di conferenze della Fao che culmineranno con la 36° sessione della conferenza dell’organismo dell’Onu che si occupa di fame e agricoltura, e movimenti da tutto il mondo faranno sentire la loro voce. Da questi appuntamenti emergerà chiaramente il ruolo dei singoli governi e delle Nazioni Unite, quanto verrà invece affidato all’iniziativa delle grandi e discusse istituzioni internazionali come la Banca mondiale, o ancora il peso che verrà dato al settore privato, che ha assunto un crescente ruolo nell’aiuto allo sviluppo, viste anche e difficoltà finanziarie dei governi.
Governi che, nonostante le dichiarazioni ufficiali, hanno già tagliato, da 6,7 a 3,7 miliardi di dollari, il programma alimentare mondiale (Pam), ovvero gli aiuti d’emergenza per le peggiori crisi alimentari in corso. Quello italiano ha usato una delle scuri più grandi, riducendo a 3,3 milioni di dollari (da 40,4) il proprio contributo. La partita che si gioca in autunno è importante e non è escluso che lo stesso presidente americano Barack Obama si faccia presto promotore di qualche grande iniziativa come già da lui annunciato.
Il primo appuntamento ufficiale sarà il 12-13 ottobre con la conferenza tecnica “High level meeting on how to feed the world in 2050”. “Come nutrire il mondo?” si chiederanno gli esperti in ambito accademico, delle istituzioni non governative e del settore privato. Il nodo centrale da risolvere è la quantità di cibo prodotta, le sfide del cambiamento climatico e della bioenergia, la garanzia di accesso al cibo. Si parla di aumentare almeno del 70% la produzione di cibo. Ma si dimentica spesso ciò che l’ex relatore Onu per il diritto al cibo Jean Ziegler ha più volte ricordato come sulla Terra ci sarebbe cibo sufficiente per 12 miliardi di persone se non andasse consumato in eccessi dei Paesi ricchi, o trasformato in mangimi animali e agro carburanti. I giorni successivi (14-17 ottobre) si riunirà il “Commettee on World Food Security”, il forum delle Nazioni Unite che si occupa di esaminare e valutare le politiche riguardanti la sicurezza alimentare mondiale. Centrale sarà il tema relativo alla governance globale per garantirla. In quei giorni verrà anche presentato il nuovo rapporto Fao sulla fame globale, le cui stime -fornite a giugno- parlano di 1,02 miliardi di affamati, dovuti anche alla crisi economico-finanziaria. Non un bel momento in cui celebrare la Giornata mondiale dell’alimentazione del 16 ottobre per la quale ci saranno iniziative e conferenze in 150 Paesi. A novembre l’attenzione del mondo sarà rivolta alla nostra capitale con il World Food Summit (16-18 novembre) e il culmine della 36° sessione della conferenza Fao (18-23 novembre) da cui dovrà uscire, come annunciato dalla Fao stessa, un’agenda di azioni per battere la fame con nuovi investimenti in agricoltura.
Sotto la lente dei movimenti sono alcuni punti chiave, soprattutto la posizione nei confronti delle analisi e delle proposte della Fao e il ruolo che l’Europa e dell’Italia assumeranno nelle politiche agricole anche in vista della revisione della Politica agricola comunitaria (Pac). L’orizzonte a cui tendere è quello della sovranità alimentare, verso il quale in Italia guardano decine di organizzazioni riunite nel Comitato italiano sovranità alimentare (Cisa). Il primo appuntamento del Cisa sarà a Parma con alcuni eventi e seminari nel corso di Kuminda (9-10-11 ottobre, vedi box), il festival dedicato al cibo equo, critico e sostenibile. Il fine settimana successivo (17-18 ottobre) l’associazione Mani Tese scenderà in piazza per una campagna di mobilitazione dal titolo “Io mangio locale, senza speculazioni aggiunte” con diffusione di materiale informativo e l’organizzazione di cene “a chilometro zero” in tutta Italia a sostegno della coalizione italiana Help Local Trade. Il culmine delle iniziative a novembre con il “People Food Sovereignity Forum” (14-16 novembre) parallelo a quello ufficiale della Fao, ma sotto l’egida della stessa agenzia Onu, come accade dal 1996, anno in cui accanto al summit ufficiale si riunirono a Roma 1.300 delegati da 80 Paesi, lanciando per la prima volta parole d’ordine e proposte quali, appunto, la sovranità alimentare.
Da questa iniziativa prese forma nel 2000 l’International Planning Committe for Food Sovereignity (Ipc), un global network composto da 45 ong, con punto di contatto a Roma presso la sede di Crocevia.

Se le imprese puntano la Fao
L’OPINIONE DI ANTONIO ONORATI, PORTAVOCE DELL’IPC
Uno scontro sul futuro del mondo. A guardare il cibo dalla parte delle radici, con gli occhi dei contadini, la battaglia in corso tra i corridoi di Nazioni Unite, Fao e Organizzazione mondiale del commercio (Wto) si rivela quella che deciderà chi darà da mangiare al pianeta, e chi, pur abitandolo, non mangerà mai più, o lo farà ma sempre meno e male. Chi è rimasto in campagna, inoltre, sempre più spesso è proprietà di qualcuno: in oltre 110 Paesi tra Africa, Asia e America Latina i produttori sono legati a un padrone multinazionale, in esclusiva, con livelli di concentrazione impressionanti. In Brasile, ad esempio, il 75% del pollame e il 35% della produzione di soia sono vincolati da contratti uno a uno tra piccolo-medio produttore e multinazionale (lo chiamano “contract farming”); in Vietnam capita lo stesso al 90% del cotone e del latte fresco, al 50% del tè e al 40% del riso. In Kenya circa il 60% del tè e dello zucchero sono in mano ad un unico padrone transnazionale che stabilisce quantità, tempi di consegna e, soprattutto, prezzi, potendoli comprimere ai massimi livelli esercitando sui fornitori la minaccia del recesso. Succede, così, che come dice la Fao nel suo Food Outlook aggiornato al primo semestre 2009, “il problema che ha il mondo non è la produzione del cibo, ma è l’accesso”. Come si esce da questo tunnel? “Con un governo democratico della terra” sostiene Antonio Onorati, che è portavoce dell’International Planning Committee for Food Sovereignty (Ipc), la “rete di reti” che rappresenta in ambito Fao 400 milioni di contadini, lavoratori, sindacati e movimenti e in Italia partecipa al consorzio Help Local Trade. I movimenti vorrebbero che all’interno della Fao venisse ristrutturato, a questo scopo, il Committee on Food Security (Cfs) “al quale vorremmo dare come membri i ministri competenti dei Paesi delle Nazioni Unite, e seggi senza diritto di voto ma dotati di potere consultivo a contadini, ong e produttori”, continua Onorati. È questo il cuore della riforma della Fao che si vorrebbe conclusa tra ottobre e novembre. A sorpresa, però, il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon ha inviato una lettera ai responsabili Fao di questo processo per boicottarlo: “Nella lettera spiega il suo piano -rivela Onorati-: concentrare tutti i poteri regolatori sull’agricoltura nella High level task force che lui presiede ma che non è composta da Governi, bensì da un fritto misto di agenzie delle Nazioni Unite e organismi vari, Wto e Banca mondiale comprese”. Un’unità creata di recente e “che si è distinta in questi mesi di attività per un dialogo continuo e poco trasparente con le imprese, finalizzato alla richiesta di fondi, che non decide il proprio programma di attività con nessun rappresentante dei cittadini democraticamente eletto, ma stringe alleanze a geometrie variabili con i G8 e i G20 e si troverebbe a gestire fondi e priorità praticamente secondo l’idea di chi offre di più” rincara Onorati.
I movimenti sociali e contadini, come è chiaro, si opporranno strenuamente. Altre informazioni su www.fairwatch.splinder.com

Un mondo di contadini
Secondo la Fao, il 43% della popolazione mondiale è impiegata in agricoltura, cifra che raggiunge il 53% se si considerano i Paesi in via di sviluppo (oltre il 60% in Asia e Africa).
La grande maggioranza degli agricoltori lavora su appezzamenti familiari: una popolazione attiva di oltre 1,5 miliardi di persone che producono in proprio il cibo che mangiano e lo rivendono sui mercati locali. Ma i potenti sembrano non accorgersene: in Africa, secondo la Banca mondiale, solo il 4% delle risorse pubbliche è destinato all’agricoltura su piccola scala, mentre in Brasile, Paese in piena espansione che esporta grandi quantità di materie prime agricole, il ministero dell’Agricoltura nel 2006 ha stanziato quasi cinque volte più risorse per l’agrobusiness (58 milioni di reales) rispetto all’agricoltura familiare (12 milioni).

Stesso piatto
Kuminda, il festival sul diritto al cibo, si svolgerà dal 9 all’11 ottobre a Parma, nel cortile del piazzale della Pilotta (kuminda.org). Tra gli espositori anche i produttori del nascente Distretto di economia solidale (www.desparma.org). Cibo e biodiversità, cibo e sviluppo sostenibile, sovranità alimentare e il funzionamento dell’agroindustria sono anche i temi al centro della prima edizione di “Tutti nello stesso piatto”, il festival-concorso internazionale dedicato a lungometraggi, cortometraggi e docufiction promosso a Trento dal 5 novembre al 3 dicembre dai nostri soci della cooperativa Mandacarù (a sinistra la locandina). Lo aprirà, il 4 novembre, un incontro su “il futuro del cibo”, cui interverranno Frans van der Hoff di Uciri (Messico) e Luca Colombo della Fondazione per i diritti genetici. Info: www.mandacaru.it

Per approfondire: www.fao.org , l’organizzazione Onu per il cibo e l’agricoltura; www.foodsovereignity.org, il sito dell’ International Planning Committee; www.viacampesina.org, la più organizzazione contadina del mondo; www.roppa.info, organizzazione contadina dell’Africa occidentale; www.ruralforum.net, il sito del Forum rurale mondiale; www.helplocaltrade.org, la coalizione italiana per il commercio locale

Tratto da Altreconomia 109 — Ottobre 2009

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