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Interni

La luce oltre la fabbrica

Nel milanese, un’azienda di oltre 130 dipendenti cede il passo a un complesso immobiliare. Allora c’è chi tenta di resistere —

Tratto da Altreconomia 144 — Dicembre 2012

“Mi Chiamo Edoardo Biollino, 57 anni, ingegnere chimico che non vuole più nessuno”. “Io sono Mario Rossetti, ex addetto ai prototipi. Quarant’anni anni di esperienza buttati nel cesso. Eravamo lavoratori della Lares, fabbrica di circuiti stampati, fallita nel 2009 a causa di manager e commissari di governo rinviati a giudizio dalla magistratura con le accuse di bancarotta fraudolenta e corruzione. Ma adesso proviamo noi a fare impresa”. Edoardo, Mario, Angelo Lupi, ex responsabile al controllo dei cicli e Edoardo Beltrame, operaio, li incontro in un appartamento in via Grandi 12/5 a Paderno Dugnano, sede della cooperativa “Lares2012”.
Dopo 1.200 giorni di presidio davanti ai cancelli della loro fabbrica, i 62 lavoratori della Lares non si sono arrampicati su una gru, ma hanno deciso di diventare imprenditori di se stessi costituendo una cooperativa che ha trovato spazio nei locali messi a disposizione della comunità pastorale di Paderno Dugnano.  Il loro biglietto da visita, all’ingresso della sede, inaugurata lo scorso mese di settembre, è una bandiera bianca e gialla con scritto: “Per il lavoro, il salario e la dignità. Articolo 1, l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.
Li ascolto mentre raccontano una storia nata davanti ai cancelli della Lares e sui tavoli di Provincia e Regione. In quei momenti hanno capito che del loro know how non interessava a nessuno. Meglio fare da soli. Angelo non si è mai abbattuto: “Ho 36 anni di esperienza, il mio collega Leo 42. Non è che dalla sera al mattino, iscrivendosi agli uffici per il lavoro, facendo un corso d’inglese o d’informatica, potevamo inventarci medici, elettricisti o muratori. L’età media degli operai, nella nostra azienda era elevata, complicando ogni ipotesi di ricollocamento. Nel luglio 2011 mettemmo un’inserzione su alcuni quotidiani: lavoratori cercansi imprenditore. Qualcuno si fece sentire ma quando seppe che non c’erano macchinari fece un passo indietro. Così abbiamo stilato noi un piano industriale”. Quaranta pagine di analisi, progetti, grafici dell’andamento del mercato del settore dei circuiti stampati che ha “una dimensione del fatturato europeo  ancora interessante ed ammonta a circa 2 miliardi di euro all’anno”. A questo scenario la nuova impresa intende aggiungere sinergie con il settore che più di ogni altro è invece costantemente cresciuto in questi anni, quello delle energie alternative, in particolare il settore del fotovoltaico arrivando alla produzione di sistemi di gestione per impianti fotovoltaici. Il piano industriale prevede la necessità di un sito di 6.000 metri quadrati. Il progetto mira al raggiungimento di piena occupazione (36 persone) nel corso del terzo anno di attività, non appena ultimate le fasi di avviamento di tutti gli impianti. Il piano industriale è stato presentato in Regione, in Provincia e in Comune. “Ma finora a voltarci le spalle sono state proprio le istituzioni”.

Quando chiedo a Leo e agli altri cosa si aspetterebbero da Provincia e Regione, la risposta è chiara e determinata: “Dovrebbero fare da garanti al nostro piano industriale”.
Sul tavolo della cooperativa Angelo e gli altri mi presentano anche un progetto d’illuminotecnica che punta al risparmio energetico grazie alla tecnologia a led. 
L’imperativo per questi ex lavoratori della Lares sembra essere: vietato arrendersi. Nemmeno nei primi giorni della chiusura avevano pensato di rassegnarsi. Anzi, da subito avevano immaginato la creazione di una cooperativa: “In quelle ore -spiega Angelo- mi sono chiesto come mai un’azienda che aveva un portafoglio con ordini per due milioni di euro e un magazzino di altrettanti milioni dovesse chiudere. Ho scoperto in internet che un fornitore chiedeva il pignoramento della società. Spenti gli impianti, chiusi i cancelli, pensammo di riunirci per entrare in ditta e mettere in sicurezza le macchine per ripartire al più presto con una nostra cooperativa ma venne tolto il cablaggio della fabbrica. Non volevano salvarla. Su quell’area c’era un business: al posto della Lares stanno costruendo 450 appartamenti”. A realizzare la residenza “Il Larice” sarà la Filca che prevede entro dicembre 2012 di consegnare agli acquirenti le nuove abitazioni: bilocali di 63 metri quadri a 157.000 euro; trilocali di 92 metri quadri a 226.000 euro. Angelo e Edoardo non guardano al passato. Sanno che quegli appartamenti costruiti proprio dove c’era il loro posto di lavoro, non potranno mai permetterseli. All’inizio hanno lanciato una campagna di raccolta fondi a Paderno Dugnano: “I soldi per costituire la cooperativa non li avevamo. I giorni della fiera di primavera abbiamo chiesto alla gente la sottoscrizione della donazione di un euro. La risposta c’è stata anche perché sul territorio sono state chiuse negli ultimi anni trenta aziende. La Lares nel 2000 contava 350 dipendenti. Nel momento della chiusura 136. Eravamo oro anche per i negozianti della zona”.  Un contributo di duemila euro è arrivato anche dal circolo Arci di Palazzolo Milanese e mille euro persino dalla scuola “Don Bosco” di Paderno: “Gli studenti -spiega Leonardo- ogni anno raccoglievano fondi a favore di una realtà nei Paesi in via di sviluppo. Quest’anno hanno voluto destinare la somma al nostro progetto”.
“Ho visto l’azienda morire ancor prima di chiudere”, continua Edoardo, “avevo un rapporto di fiducia con l’imprenditore proprietario. La gente all’inizio credeva alle sue parole. Quando ho compreso che non manteneva i patti, ho notato lo scoramento delle persone e ho vissuto tutto ciò come un tradimento nei miei confronti. Ero in prima linea a lottare: mi sono accorto che se tutti non lavorano per il bene dell’azienda non riesci a tenerla viva”.
L’ex ingegnere chimico è pronto con il resto della squadra a dare vita a questa nuova fase della sua esistenza. I lavoratori Lares per continuare a sostenere i costi della cooperativa non hanno chiesto aiuto a nessuno ma andranno a vendere lampadine a led. Hanno preparato un pannello dimostrativo del loro progetto d’illuminotecnica che hanno presentato all’ecofesta della città e ora andranno a fare dieci lezioni in due scuole del territorio. Guardano con ottimismo ai contatti che ha un imprenditore della zona produttore di meccanica per i corpi illuminanti. La strada per loro è tutta in salita ma ciò che colpisce parlando con queste persone è che non hanno mai barato con la realtà, con i loro figli. “Non mi vergogno di dire che per mantenere la mia famiglia -spiega Beltrame- sono dovuto andare al banco alimentare, alla Caritas. Non sono l’unico. Leonardo ha anche la moglie che lavorava in Lares: oggi la mobilità garantisce loro 1.500 euro in due, ancora per circa due anni.
Intanto in via Grandi si sono attrezzati: hanno personal computer, rilasciano interviste via Skype, hanno realizzato un blog della cooperativa (blog.libero.it/Laresblog). “Una sera -racconta Leonardo- ero qui in cooperativa a lavorare. Ho sentito suonare alla porta, era un giovane di un paese che dista circa venti chilometri da Paderno. Voleva presentarmi un suo progetto, sul quale oggi stiamo lavorando”.
Ora a Paderno quando si parla di Lares si pensa a questi lavoratori che hanno fatto il presidio più lungo d’Italia e d’Europa. Ma loro le ore passate in fabbrica, alla catena di montaggio, non se le sono dimenticate perché al marchio Lares sono rimasti affezionati. “Alla fine degli anni ottanta la Lares era già uno dei principali operatori europei, con un saldo di prodotti esportati vicino al 70% del globale fatturato. In quel periodo attraverso la ristrutturazione del management e con un rinnovato impulso, la società investì in nuove tecnologie più di 50 milioni di euro, diventando l’undicesima azienda europea per dimensione, tra le primissime per livello tecnologico, su un universo di circa 800 attive nel comparto. L’esito di questi investimenti -spiega Angelo Lupi- fu una struttura produttiva molto snella che impiegò principi di fabbricazione a flusso comprendendo alcune delle più avanzate tecnologie di lavorazione esistenti al mondo. Questa lunga fase di espansione fu sostenuta dalla collaborazione con clienti internzaionali.
La Lares s’impose in quel periodo come centro di eccellenza a livello mondiale per applicazioni ad alta frequenza integrate con micro foratura laser. Un’ esperienza che, ancor oggi, è patrimonio di un ristrettissimo numero di aziende nel mondo. È il nostro tesoro, la nostra competenza che può ancora servire. Noi abbiamo mantenuto il marchio Lares e accanto al nome abbiamo messo la data 2012, segno di una speranza che rinasce”.

Resta poco da aggiungere alla tenacia di Leo, Edoardo, Angelo, Mario e di tutti gli altri: “Vogliamo darti la nostra bandiera perché tu la appenda sul tuo posto di lavoro. Questa è una battaglia comune”. —

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