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La Lombardia vuole diventare la “capitale del golf”. Ma gli impatti sono enormi

© Will Porada - Unsplash

Alla Fiera del turismo di Rimini, la Regione guidata da Attilio Fontana ha presentato un progetto insieme ad Assolombarda, Confindustria Lombardia e la Federazione italiana golf, che punta a diffondere i club per attirare visitatori dalla “elevata capacità di spesa”. Ma i campi mangiano suolo e possono anche intaccare le falde acquifere, come dimostrano i dati dell’Ispra. Mentre le strutture che prendono concrete misure in termini ecologici sono pochissime

La Lombardia ha scelto di puntare sul golf e lo fa con un progetto che si chiama Open horizons che è stato presentato la settimana scorsa alla Fiera Ttg di Rimini dedicata al turismo. “Una visione ambiziosa”, ha dichiarato l’assessore al Turismo, marketing territoriale e moda di Regione Lombardia, Barbara Mazzali: farne “una leva strategica per lo sviluppo del territorio, capace di generare valore economico, occupazionale e reputazionale per le nostre comunità lombarde”.

I partner, oltre all’ente regionale, sono Assolombarda, Confindustria Lombardia e la Federazione italiana golf (Fig). L’obiettivo, pomposamente descritto, è fare della Lombardia la “capitale del Golf”. Secondo i promotori, Open horizons è “un vero e proprio piano di sviluppo economico e territoriale”, come ha spiegato Gianluca Scavo, presidente del Gruppo turismo di Assolombarda e delegato Confindustria Lombardia. Il motivo? “Il turista golfista è notoriamente un viaggiatore con elevata capacità di spesa e propenso a soggiorni prolungati e fuori stagione. Investire in questo segmento significa dare un impulso significativo all’intera filiera turistica, includendo strutture ricettive, ristorazione e commercio locale. Il progetto intende sviluppare e proporre un modello di collaborazione in cui il mondo del golf agisce in modo compatto e coeso, presentandosi come una rete integrata di attori pubblici e privati, capace di generare valore per il territorio e per il turismo in ottica strategica”.

La Lombardia ha ben 65 golf club attivi ed è in Italia la Regione che vanta la più alta concentrazione di strutture, inclusi 28 campi a 18 o più buche. In tutta Italia i golf club sono 367 e il movimento golfistico italiano è piuttosto diffuso nel Nord, soprattutto nella Pianura Padana, con circa il 53% delle strutture localizzate tra Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna.

Una presenza che non è indolore a livello di impatto, tema del tutto assente nella riflessione intorno al progetto Open horizons. Infatti, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) dedica a questo sport un approfondimento legato alla pressione ambientale delle principali infrastrutture turistiche.

“La costruzione di un campo da golf comporta un incremento dell’uso del suolo. Ad esempio, un campo da golf a 18 buche di medie dimensioni usa o consuma circa 60 ettari di suolo, di cui il 50% circa richiede un’attività manutentiva di intensità medio-alta o altissima, caratteristica sfavorevole per le aree protette. Inoltre, l’abbattimento del manto di vegetazione esistente, l’eccessivo trattamento chimico del terreno nonché la rilevante richiesta idrica possono essere all’origine di un processo di desertificazione o del peggioramento dello stato del suolo”.

Oltre al suolo, anche l’acqua rischia un sovrasfruttamento. “Un altro fenomeno è quello della salinizzazione della falda idrica. Accade spesso che la realizzazione di un campo da golf in prossimità delle aree costiere comporti l’apertura indiscriminata di nuovi pozzi, atti ad assicurare la sua conservazione, con conseguente aumento del rischio di salinizzazione della falda idrica sotterranea e pericoli per l’uso potabile e agricolo”.

Infine, in termini di biodiversità, “la costruzione di un campo da golf inevitabilmente va a modificare la vegetazione e gli habitat preesistenti nell’area, con ricadute negative sui delicati equilibri biologici di flora e fauna, sulle catene alimentari e sulle nicchie ecologiche e, complessivamente, sul paesaggio”.

L’approccio “ecofriendly” in questo ambito è riassunto in una certificazione ambientale, Golf environment organization (Geo), che vede riconosciuti 16 dei 367 golf club italiani, cinque tra questi sono in Lombardia. Mentre 92 circoli (il 25%, 16 dei quali in Lombardia) hanno ottenuto il riconoscimento “Impegnati nel verde”, un’iniziativa della Federazione italiana golf atta a promuovere lo sviluppo eco-sostenibile del golf, sensibilizzando circoli e giocatori sulle tematiche ambientali. Sono però appena nove quelli che prendono misure concrete, cioè “percorsi che utilizzano acque reflue”, un po’ di più quelli che hanno scelto un contratto di fornitura di energia 100% da fonti rinnovabili, 21, che però non comporta cambiamenti nella gestione del territorio: sei di questi sono in Lombardia, mentre nel territorio che sogna di aprire nuovi orizzonti al golf non c’è nessun impianto che abbia immaginato un sistema per il riutilizzo delle acque reflue.

Un mondo a parte, in pratica, ma sempre più presente: attraverso il progetto Open horizons si immagina di “rafforzare la presenza del golf lombardo nei bandi e nei finanziamenti regionali” e anche di “promuovere la cultura del golf tra giovani, scuole e famiglie”. In classe con il caddy.

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