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Opinioni

La lezione Ucraina

La guerra non è una condizione necessaria, e non è detto che ci si debba per forza schierare. Il rischio è la disumanizzazione

Tratto da Altreconomia 170 — Aprile 2015

Il conflitto in corso in Ucraina dalla fine del 2013 c’insegna molte cose. Intanto, che ci può essere più umanità al fronte che tra i sostenitori della guerra in Italia: in una città di cui non posso fare il nome, i militari si sono fermati -tanto i patrioti filo-ucraini dell’esercito, quando i separatisti- per permettere il salvataggio di 50 bambini, orfani che stavano sotto un bombardamento. Sono persone che si stanno ammazzando, combattendo una guerra di trincea, lottando per conquistare pochi metri, come non accadeva dai tempi della prima guerra mondiale. Riesco a comprendere perché anche le più edotte menti che ho conosciuto frequentando il Paese in questi anni abbiamo preso posizione: quando dal fronte torna tuo fratello, o tuo cugino, senza una gamba, non puoi conservare la lucidità. Tutti i rimandi che hai sono di violenza. Faccio fatica invece a comprendere (e condanno) chi, vivendo in Europa o in Italia, non si chiede nemmeno se la guerra sia una condizione necessaria. O, quando s’interroga sulla questione ucraina, lo fa solo perché cerca di trovare uno schieramento. Non c’è una voce di condanna alla guerra, e chi -come Soleterre, www.soleterre.org– parla di pace non viene compreso. Cioè molti concordano che la guerra è “male” ma poi non si comprende perché Soleterre non si schiera da una parte o dall’altra. Quasi come se la pace non fosse una chiara posizione.

Nel nostro Paese, probabilmente a causa della presenza di una forte diaspora ucraina, c’è uno schieramento netto: i cattivi sono sempre “gli altri”, avversari che commettono le peggiori nefandezze. Non ci rendiamo conto che questo processo culturale porta a una disumanizzazione. Ognuno di noi, per giustificare l’omicidio di un altro deve poterlo individuare come qualcosa di diverso da sé. Credo che quest’aspetto sia da censurare: anche il tuo peggior nemico, è comunque un essere umano; andrebbe fatto un tentativo di comprensione, cercare di capire l’atteggiamento degli altri, come diceva Tiziano Terzani. Oggi il movimento per la pace è assente, manca un soggetto capace di condannare moralmente la guerra. Nel nostro Paese si trovano forti sostenitori sia della fazione pro-separatista (filo-russa) che di quella filo-governativa, mentre non esiste e non sta nascendo un movimento per la pace che chieda in maniera energica la cessazione del conflitto e il sostegno umanitario alla popolazione.

Passa così in secondo piano una catastrofe umanitaria europea di proporzioni immani. In Ucraina c’è un milione di profughi, e 5 milioni di persone (su una popolazione di meno di 46) secondo le Nazioni Unite hanno bisogno di assistenza umanitaria. L’emergenza sanitaria riguarda 2,2 milioni di persone. Ci sono 50 ospedali chiusi, alcuni perché sono stati bombardati. Una cosa intollerabile, tanto più nel cuore dell’Europa, come intollerabile è anche che il costo di alcuni farmaci sia aumentato fino al 3.200 per cento. Quelli necessari per l’oncologia pediatrica, il nostro principale settore d’intervento, sono aumentati del 60-80%. Oltre alla società civile, però, la stessa attenzione manca anche da parte dei governi: secondo l’Office for the Coordination of Humanitarian Affairs delle Nazioni Unite, l’assistenza umanitaria in Ucraina necessita di interventi per 316 milioni di dollari. Ne sono stati stanziati appena 37 milioni. L’Italia -al 16 marzo 2015- ha destinato appena 257mila dollari. Il Paese è abbandonato a se stesso. —

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