Salute / Attualità
La guerra del peso. Novo vs Lilly, chi salverà il mondo (o il portafoglio)?

Una nuova generazione di farmaci dimagranti sta trasformando non solo la medicina ma anche l’economia e la politica globale. La competizione tra le multinazionali Novo Nordisk ed Eli Lilly rivela come il controllo del corpo diventi strumento di influenza e profitto su scala planetaria. Nelle ultime settimane sono accaduti fatti rilevanti che investono anche l’Organizzazione mondiale della sanità. Il punto della situazione
Sembra l’inizio di un romanzo distopico ma è realtà: una competizione commerciale tra colossi dell’industria farmaceutica si trasforma nella battaglia per ridefinire un futuro dell’umanità. In palio non ci sono solo profitti miliardari ma il potere di riscrivere la cultura del corpo, di ridefinire la salute pubblica e di orientare le scelte delle istituzioni globali. Il campo di scontro? I nuovi farmaci dimagranti, protagonisti di una rivoluzione iniziata quasi per caso nel 1986, quando il fisiologo danese Jens Juul Holst isolò le incretine, ormoni capaci di far produrre insulina dal pancreas e regolare il glucosio nel sangue.
Oggi quella scoperta ha innescato una corsa all’oro tra due superpotenze farmaceutiche: la danese Novo Nordisk e la statunitense Eli Lilly, impegnate in una sfida che fonde scienza, marketing, geopolitica e filantropia. Il mercato globale di questi farmaci -stimato fino a 150 miliardi di dollari all’anno- promette di essere uno dei più redditizi del XXI secolo. Eppure dietro la narrazione della “cura miracolosa” per l’obesità si muovono interessi colossali, fragilità sistemiche e nuovi equilibri di potere.
Novo Nordisk, con i suoi farmaci commerciali Ozempic e Wegovy, è stata l’azienda con il fatturato più alto d’Europa nel 2023, contribuendo in modo decisivo a sdoganare le prescrizioni per la perdita del peso che si assumono con una puntura settimanale come l’insulina artificiale. I test clinici di lunga durata, ormai superiori ai dieci anni, stanno evidenziando risultati promettenti anche sul fronte della salute neurologica, in particolare nelle fasi iniziali della malattia di Alzheimer. Sebbene siano ancora necessari ulteriori studi per confermare questi effetti, le prime evidenze suggeriscono che la semaglutide possa contribuire a rallentare il declino cognitivo nei pazienti a rischio o nelle fasi precoci della patologia.
Parallelamente, un numero crescente di trial clinici sta esplorando l’impiego degli analoghi di questi ormoni in un ampio spettro di condizioni mediche. Tra queste figurano la malattia di Parkinson, i disturbi depressivi maggiori, le dipendenze da sostanze –anche gli psicofarmaci– e le disfunzioni metaboliche epatiche, oltre alla sindrome dell’ovaio policistico (Pcos). Questa estensione del campo d’applicazione promette il potenziale terapeutico di questi farmaci ben oltre il trattamento del diabete di tipo 2 e dell’obesità, aprendo nuove prospettive nella cura di malattie croniche complesse e multifattoriali.
Ciononostante Novo Nordisk ha di recente perso terreno a causa di vari fattori. Un errore strategico è stato sottovalutare la domanda per Wegovy prima del suo lancio nel 2021, con previsioni troppo caute. In realtà, la domanda si è rivelata clamorosa: Wegovy ha raggiunto in un singolo mese il numero di prescrizioni che un suo predecessore, Saxenda, aveva impiegato cinque anni a ottenere.
Anche il settore ricerca e sviluppo danese ha mostrato segni di affanno: i risultati del nuovo farmaco CagriSema, una puntura mensile invece che settimanale, sono stati giudicati deludenti, e la reazione negativa del mercato ha contribuito a un calo del titolo Novo Norisk quotato in Borsa. Le strategie di vendita, in particolare l’adozione tardiva di modelli direct-to-consumer, hanno ulteriormente indebolito la posizione dell’azienda, soprattutto negli Stati Uniti dove il mercato privato è maggioritario e la popolazione sovrappeso supera il 40%.
Questa piccola crisi di Novo Nordisk è culminata con le dimissioni a sorpresa dell’amministratore delegato Lars Fruergaard Jørgensen, una decisione spinta dal principale azionista: la potente Novo Nordisk Foundation. Quest’ultima, che controlla il 28% del capitale ma il 77,3% dei diritti di voto, è uno dei maggiori attori filantropici a livello mondiale. Di recente ha annunciato una donazione fino a 380 milioni di corone danesi (circa 58 milioni di dollari) all’Organizzazione mondiale della sanità per rafforzare la collaborazione nei prossimi quattro anni, in un momento in cui l’Oms affronta un deficit dovuto al previsto taglio dei fondi statunitensi nel 2026. In un momento di debolezza per l’Oms e di una ritirata degli Usa da contesti di emergenza sanitaria, la donazione sembra rivelare un atteggiamento geopolitico aggressivo, e molti osservatori hanno messo in guardia sull’influenza dell’azienda in zone di crisi e nei servizi sanitari pubblici. Quali sono le reali implicazioni per questi sistemi sanitari? Come cambierà l’accesso alle cure? Quali i rischi a lungo termine?
Mentre Novo Nordisk inciampava, la rivale Eli Lilly allungava il passo. Dopo il successo di Mounjaro (per il diabete, 2022), ha lanciato Zepbound (per la perdita di peso, 2023), che ha mostrato risultati di efficacia superiori a Wegovy. Uno step importante verso l’adozione di massa è arrivato con l’annuncio del Servizio sanitario nazionale inglese, che da giugno 2025 consentirà ai medici di base di prescrivere Mounjaro a persone gravemente obese con almeno quattro patologie correlate. Si prevede che circa 220.000 pazienti riceveranno il trattamento nei prossimi tre anni. I medici di base britannici hanno sollevato dubbi sull’aumento del carico di lavoro e sulla necessità di una formazione mirata per la gestione dei nuovi trattamenti. Vi sono inoltre timori su una domanda che potrebbe superare l’offerta pubblica, spingendo molti cittadini verso l’acquisto privato. Più in generale, esperti avvertono del rischio di considerare questi farmaci come unica soluzione, trascurando l’importanza delle politiche di prevenzione dell’obesità.
Eli Lilly sta inoltre esplorando nuove frontiere con retatrutide, un triplo agonista recettoriale (che simula due ormoni GIP e GLP-1 e orchestra il glucagone nel corpo) che nei test clinici ha mostrato una riduzione media del peso fino al 24,2% in 48 settimane nei soggetti non diabetici. I risultati, giudicati eccezionali, fanno ipotizzare che retatrutide possa rappresentare il farmaco più efficace.
La battaglia tra Novo Nordisk ed Eli Lilly è tutt’altro che conclusa. Gli analisti ritengono che Novo Nordisk abbia ancora margini di recupero, sia con CagriSema che con altri farmaci candidati in fase avanzata. A livello mondiale un punto di svolta potrebbe essere rappresentato dalla scadenza dei brevetti in mercati chiave, come Brasile e Cina nel 2026, che potrebbe favorire l’arrivo di versioni generiche e abbattere i prezzi. Si tratta di una competizione globale che si gioca su più scacchiere contemporaneamente, sollevando domande cruciali sul senso di “missione” dell’industria farmaceutica e sul delicato equilibrio tra etica e profitto.
In questo scenario segnato da dinamiche economiche, industriali e sanitarie, ha attirato l’attenzione la mossa di un attore finora relativamente silenzioso ma strategicamente rilevante: il fondo Parvus asset management, guidato dal finanziere italo-francese Edoardo Mercadante. Con un portafoglio di partecipazioni del valore complessivo di 5,2 miliardi di sterline, Parvus è noto per gli investimenti in grandi gruppi come Ryanair e Flutter entertainment. Il fondo detiene inoltre l’8,6% di Ubi Banca e si è affermato come azionista significativo anche in Novo Nordisk, pur senza rendere pubblica l’esatta entità della propria quota.
In base alla normativa danese, infatti, le partecipazioni devono essere dichiarate pubblicamente solo al superamento della soglia del 5%. Ciò lascia aperta la possibilità che Parvus stia già influenzando, seppur sotto traccia, le strategie del colosso danese, in un momento delicatissimo per l’azienda. Il suo coinvolgimento rafforza l’idea che la partita del peso e della salute non si giochi soltanto nei laboratori o negli ambulatori, ma anche, e forse soprattutto, nei consigli di amministrazione, nei fondi di investimento e nei meccanismi invisibili del potere finanziario globale.
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