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Finanza

La Grameen Bank in prestito al Kosovo – Ae 3

Numero 3 – gennaio 2000La ricostruzione del Kosovo parla bengalese. Lo scorso 15 dicembre la “Missione Arcobaleno” ha stipulato un accordo del valore di 5 milioni di dollari, circa 10 dei 130 miliardi di lire offerti dagli italiani al governo,…

Tratto da Altreconomia 3 — Gennaio 2000

Numero 3 – gennaio 2000
La ricostruzione del Kosovo parla bengalese. Lo scorso 15 dicembre la “Missione Arcobaleno” ha stipulato un accordo del valore di 5 milioni di dollari, circa 10 dei 130 miliardi di lire offerti dagli italiani al governo, con il “Grameen Trust” del Bangladesh, network che fa capo a Yunus, il cosiddetto “banchiere dei poveri”. Yunus è un personaggio mitico della finanza alternativa; deve la sua notorietà all'aver infranto un “tabù bancario”: concedere prestiti ai poveri senza chiedere garanzie patrimoniali. In questo modo è riuscito a migliorare le condizioni di vita di milioni di poveri in tutto il mondo, senza fare bancarotta. Missione Arcobaleno lo ha chiamato per realizzare un sistema di microcrediti, riservati alle vittime della guerra; un programma di tre anni, durante i quali le offerte degli italiani aiuteranno 6.800 famiglie kosovare a realizzare piccole attività produttive. Senza discriminazioni di genere, etnia o religione: prestiti sia a kosovari-serbi, sia a kosovari-albanesi, dunque.
Nata tra le polemiche di una fetta della società civile, messa in discussione dallo scandalo estivo, “Missione Arcobaleno” sembra averla azzeccata. “E' necessario che partano al più presto progetti del genere -spiega Lucio Melandri, cooperatore internazionale che lavora in Kosovo per l'organizzazione non governativa Intersos-; in particolare nelle zone rurali. Il simbolo televisivo dell'esodo dei kosovari è stato il trattore carico di uomini e mercanzie. Bene, adesso in Kosovo mancano proprio i trattori”. Durante la guerra il bestiame è stato rubato e ucciso. Molti contadini vogliono investire nell'acquisto di capi ma non hanno il capitale minimo: una mucca che faccia 10 litri di latte al giorno in Kosovo costa circa un milione di lire. Una pecora o una capra costano circa 300 mila lire; un vitello, mezzo milione di lire. L'investimento per una bancarella al mercato è compreso tra uno e due milioni di lire. Lo staff di Grameen Trust, presente in Kosovo da ottobre, ha svolto una ricerca sulle attività finanziabili con il microcredito, che per sua natura non può superare prestiti di due milioni di lire. Secondo Grameen, i soggetti più indicati per il finanziamento (perché più affidabili nella restituzione) sono le donne: in Kosovo il gentil sesso si dedica al commercio di cosmetici e dolci, lavoro a maglia e tessitura di tappeti. Il tasso di interesse applicato al prestito? A misura di povero. Il 6 per cento, cioé uguale all'interesse più basso caricato dalle banche commerciali attive in Kosovo. L'organizzazione statunitense ICMC, che pure concede microcrediti in Kosovo, secondo Grameen applica un tasso di interesse del 15 per cento.
I microcrediti saranno realizzati da Grameen nella zona di occupazione “italiana” del Kosovo: da novembre è operativo un ufficio centrale del progetto nella città di Pec e un ufficio operativo a Pristina. L'anno prossimo Grameen pensa di aprire altri due uffici operativi nelle città di Mitrovica e Prizren. E proprio a Prizren, al confine tra Macedonia e Albania, opera un altro progetto italiano di microcredito: la “Fondazione Choros”, assieme al consorzio “Ethimos” e a “ICS, Consorzio italiano di solidarietà”, Onlus che opera da tempo in Kosovo, sta raccogliendo offerte per 250 milioni di lire da trasformare in microcrediti e formazione professionale a favore di 200 famiglie kosovare (Per informazioni, ICS, Giorgio Cordone, tel. 010-24.68.099). Ma non sono solo le “banche dei poveri” a occuparsi di miicro o piccolo credito in Kosovo. Si chiama “Kosovo Community Development Fund” (KCDF) la prima operazione kosovara finanziata dalla “Banca Mondiale”; il KCDF nasce con il compito di supportare la ricostruzione delle comunità locali, finanziando progetti in piccola scala, scelti dalle stesse comunità, con una spesa massima di 150 milioni di lire. Il KCDF, finanziato per circa 40 miliardi di lire, ha come partner il “Kosovo Foundation for Open Society”, fondazione di Pristina che fa parte del network di enti non profit del finanziere filantropo George Soros.



Sistemi debiti

L'operazione “Grameen Trust-Missione Arcobaleno” in Kosovo costa, considerati gli interessi bancari che matureranno, 900 mila dollari, circa 1,8 miliardi di lire. Che equivalgono a tre anni di stipendi per una sessantina di persone, computer, spese operative e affitti di quattro sedi. 1,8 miliardi, ovvero poco meno di un quinto dei 10 miliardi di lire stanziati dal Governo Italiano.
I 10 miliardi di lire saranno utilizzati da Grameen con un sistema di “prestiti a rotazione”: non vengono prestati tutti nello stesso momento ma in cicli successivi di un anno, in modo che i soldi restituiti da un debitore possano servire ad un altro. Grameen non chiede garanzie patrimoniali; le sostituisce con un sistema “a pressione”. I clienti vengono suddivisi in gruppi di 5 persone che ricevono il prestito in successione. Ogni cliente potrà ricevere il secondo prestito solo se avrà restituito il primo; altrimenti farà da “tappo” ai clienti a lui successivi, impedendgli di accedere al credito. Per vergogna o per “solidarietà” il debito comunque si paga.



Pari o patta
Accordo tra Usa e Cina per il bombardamento a Belgrado

Poco più di un mese fa, il 16 dicembre, gli Stati Uniti e la Cina hanno trovato un accordo per chiudere, con un indennizzo, la vicenda del bombardamento, da parte della Nato, dell'ambasciata cinese a Belgrado. Ricordate? Era il 7 maggio dello scorso anno, ci furono 3 morti cinesi e la Nato disse che si trattò di un tragico errore: i comandi e i piloti facevano la guerra con carte topografiche non aggiornate della capitale serba.
Per quell'errore oggi gli Usa accettano di pagare ai cinesi 28 milioni di dollari (55 miliardi di lire). Pechino, d'altra parte, acconsente a versare 2,87 milioni di dollari agli Stati Uniti per i danni subiti dalle sedi diplomatiche americane durante le contestazioni che si scatenarono in Cina. Tutto chiarito dunque? Non proprio, perché la Cina continua a chiedere che Washington dia una spiegazione soddisfacente del “tragico errore” e poi perché nell'accordo non sono specificati i tempi dei risarcmenti né chi dovrà mai pagare per primo. I cinesi non sono i soli a non credere all'errore: un'inchiesta dell'Observer (che ha messo al lavoro un vero e proprio pool di giornalisti) sostiene che il bombardamenro dell'ambasciata cinese a Belgrado fu voluto: la Nato usò per l'occasione l'aereo più costoso del mondo (44 miliardi di dollari) decollato da una base nel Missouri, e i proiettili d'aviazione tra i più precisi mai costruiti: le bombe teleguidate Jdam. Obiettivo era distruggere l'ala della sede diplomatica che veniva usata per ritrasmettere segnali radio all'esercito yugoslavo e alle milizie di Arkan in Kosovo (già sotto accusa per crimini di guerra nella guerra in Bosnia). Ma il bombardamento, secondo una fonte francese alle Nazioni Unite di New York (di cui l'Observer non fa il nome) avrebbe avuto anche un'altra ragione: “La possibilità che i cinesi stessero aiutando gli yugoslavi in vari modi, anche militarmente, e il timore dell'intelligence americana che la Cina stesse compiendo massicce azioni di spionaggio contro gli Usa”.



Microcrediti ultraveloci

In Kosovo il microcredito ha battuto sul tempo il sistema bancario. Bernard Kouchner, francese, Speciale rappresentante del segretario generale delle Nazioni Unite, ovvero amministratore ad interim del Kosovo, emana il 26 settembre il regolamento n.1999/13, che norma le attività di micro-credito delle istituzioni non bancarie.
Solo il 17 novembre, quasi due mesi dopo, Kouchner istituisce la “Banking and Payments Authority of Kosovo” (BPAK), cioé la banca centrale del Kosovo. Con il regolamento 1999/13 Kouchner stabilisce tra l'altro come ottenere l'autorizzazione per erogare micro-credito; impone che lil medesimo non possa superare i 2 mila marchi per debitore, circa due milioni; che l'istituzione che fa micro-credito non possa erogare prestiti al suo personale, né accettare depositi; e che in nessun caso la proprietà di beni immobili e mobili dell'istituzione superi il 10 per cento del patrimonio finanziario disponibile al micro-credito.
La BPAK invece ha quasi tutti i poteri di una banca centrale: è depositaria dell'autorità fiscale, assegna l'autorizzazione ad operareper le banche commerciali, ha potere di supervisione e regolamentazione, m non può stampare moneta corrente.
Le operazioni della banca avvengono in marchi.

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