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Diritti

La Firenze che nega un letto agli ex lavavetri

Cambiano i sindaci e gli assessori, ma nella Firenze dei lavavetri, o meglio della guerra ai lavavetri, resta l’ottusa chiusura ai temi sociali, che nell’estate del 2007 fece scalpore e scandalizzò il paese, perché la "sinistra", nella rossa Toscana, in…

Cambiano i sindaci e gli assessori, ma nella Firenze dei lavavetri, o meglio della guerra ai lavavetri, resta l’ottusa chiusura ai temi sociali, che nell’estate del 2007 fece scalpore e scandalizzò il paese, perché la "sinistra", nella rossa Toscana, in qualche modo tradiva se stessa. Si trattava in realtà, come fu presto chiaro, di un calcolato, ma non meno sciagurato, riposizionamento politico del centrosinistra sul tema dell’immigrazione e della cosiddetta emeregenza sicurezza, tanto che l’assessore Graziano Cioni e il sindaco Leonardo Domenici furono presto imitati, sia a destra sia – soprattutto – a sinistra.

La storia ora si ripete con una nuova – l’ennesima – azione di sgombero di un improvvisato campo rom alla periferia della città: lo stesso, in località Osmannoro, dove vivevano (e in parte vivono, almeno fino a pochi giorni fa) i "lavavetri" di Cioni. Sono rom romeni per i quali non è prevista nessuna forma, non diremo di accoglienza e sostegno, ma nemmeno di ascolto. Sono autentiche non persone.

In questi giorni circa 70 persone cacciate dall’Osmannoro sono letteralmente all’addiaccio. Il giovane sindaco Matteo Renzi, un uomo che mena vanto della sua identità di cattolico praticante e dei suoi trascorsi di boy scout, è rimasto sordo alle richieste delle poche associazioni che stanno cercando di tutelare i diritti e la dignità delle persone sgomberate: firmare un’ordinanza affinché le stazioni restino aperte di notte e siano un rifugio provvisorio; dichiarare lo stato di emergenza umanitaria in modo che sia la Protezione civile a intervenire con le sue strutture da campo; rivedere le norme che impediscono ai senza fissa dimora di prendere la residenza nelle sedi delle associazioni.

L’esclusione sociale, nella rutilante Firenze che il sindaco vuole "bella come Parigi" (riferito alle luci sugli alberi nel periodo natalizio), è un tema assolutamente tabù: meglio voltarsi dall’altra parte e concentrare lo sguardo sulle vetrine, l’area pedonale intorno al Duomo, la squadra di calcio dell’adulato imprenditore marchigiano Diego Della Valle.

Per il giovane sindaco è una questione di "decoro", come viene comunemente definita la necessità di precludere il salotto buono della città a mendicanti, rom, insomma a quei poveri che in qualche modo deturpano il paesaggio sociale della città dei ricchi immaginata nei palazzi del potere.

Perciò nei mesi scorsi il sindaco Renzi ha firmato un’ordinanza che ricalca e inasprisce il famoso decreto anti lavavetri di Graziano Cioni e del suo predecessore come sindaco, l’oggi eurodeputato Domenici: il divieto di presenza nel centro storico si estende a musicanti, questuanti, persone che stazionano su gradini e altri luoghi pubblici.

Mentre la Chiesa valdese ha aperto uno dei suoi luoghi di culto per ospitare un nutrito gruppo di famiglie, davanti a Palazzo Vecchio un piccolo gruppo di attivisti ha protestato in pigiama, rivendicando il diritto a dormire al coperto: un diritto che "la città più bella del mondo" (altra definizione di Renzi) non vuole assumersi come impegno. 

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