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Ambiente / Opinioni

La felicità si alza sui pedali

Dal 16 al 22 settembre è la European Mobility Week, dedicata alla mobilità sostenibile. La bicicletta è il mezzo ideale per tutelare il paesaggio e superare il modello fossile. Creando lavoro e benessere

Tratto da Altreconomia 185 — Settembre 2016

Settembre, mese europeo della mobilità sostenibile (www.mobilityweek.eu). È davvero possibile un’economia senza consumo di suolo e petrolio, nuove autostrade e CO2? È dura crederci in un Paese che usa l’auto per l’80% degli spostamenti (88% al sud Italia). Che ha 0,6 auto per abitante, mentre l’Europa 0,46 e la Danimarca 0,25. Ogni giorno stiamo in auto due ore per fare pochi chilometri: il 15% degli spostamenti quotidiani è sotto l’uno, il 40% sotto i due e il 60% sotto i cinque. Distanze fattibili a piedi o in bici. Ne gioverebbe la salute e pure il portafoglio poichè la mobilità a petrolio la paghiamo cara: 0,97 morti ogni 100 incidenti e 28 miliardi di euro all’anno solo per i sinistri stradali (ISFORT 2008, Euromobility 2011). Tra il 2008 e il 2013, poi, il 20% del suolo è stato consumato proprio dalle strade (ISPRA 2016).
Che fare? Vorrei soffermarmi sulla bicicletta, la regina della mobilità sostenibile, l’unico mezzo che non ha bisogno di energia se non quella muscolare. Il mezzo che un Paese come l’Olanda ha preso sul serio per uscire dalla crisi già 45 anni fa quando gli spostamenti in bici erano solo il 6-8% mentre oggi sono il 36% (ECF, 2015). Un bel giorno del 1973 Joop den Uyl, l’allora primo ministro olandese, disse a reti unificate: “Cari cittadini, da domani, l’Olanda andrà in bici. Non possiamo essere ricattati dal petrolio, vogliamo un mondo migliore”. La sostenibilità non nasce per caso, ma da atti di coraggio politico. Bisogna capire che la mobilità ciclabile non è la cenerentola delle politiche sociali ma una potente strategia abilitante che mette in moto un futuro positivo. Innanzitutto il lavoro.

91 milioni di euro. Questa è la cifra stanziata in legge di stabilità 2016 per la ciclabilità turistica. Per la prima volta si è dato il via a 4 dorsali ciclistiche di priorità nazionale, tra cui VENTO. Tra il 17 e il 25 settembre riparte VENTObiciTour e si occuperà di bellezza, lavoro e dell’altreconomia del cicloturismo (www.progetto.vento.polimi.it).

Se solo una città per Paese dell’Ue raggiungesse gli standard di ciclabilità di Copenaghen si avrebbero in Europa 76mila occupati in più (OMS, 2014). La Germania, con i suoi 70mila chilometri di ciclabili (di cui 45.000 turistiche) fa ogni anno 16 miliardi di euro di indotto senza il clima, il sole e la bellezza del nostro Paese. La bicicletta è mobilità sostenibile, ma è anche il simbolo concreto di un diverso progetto di territorio e di un modello di sviluppo sociale ed economico straordinario che sembra fatto apposta per il nostro Paese, per molte nostre città e soprattutto per le sue aree interne (quelle di cui pochi si occupano). Un chilometro di ciclabile turistica sostiene 5 posti di lavoro, produce in Europa indotti tra 100 e 350.000 euro/anno e la sua realizzazione costa circa 200.000 euro contro gli oltre 30 milioni di euro a chilometro di un’autostrada (come la Brebemi). Non c’è infrastruttura migliore: non consuma suolo, genera lavoro ovunque, distribuisce gli indotti sul territorio, fa riaprire imprese, aziende e cooperative, fa scoprire paesaggi e ne ricuce la bellezza, riaccende un turismo intelligente.

E poi muoversi in bici ci fa più felici visto che tra le prime 10 nazioni europee per felicità, 7 sono pure quelle più ciclabili (ECF Barometer 2015; WHR, 2016). Strane coincidenze oppure la felicità ha a che fare con i pedali e non con il petrolio e il consumo di suolo? Ma cosa volete di più a così poco?

Decidere di investire adeguatamente e continuativamente in ciclabilità, significa permettere a tutti noi un’opzione di futuro tra le più interessanti e a portata di mano.

Per tutti, non per alcuni.

Paolo Pileri è professore associato di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “Che cosa c’è sotto” (Altreconomia, 2016)

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