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La diversità nei campi è la ricchezza dell’agricoltura

Let’s Liberate Diversity è il network europeo contro le colture uniformi, i brevetti sulle sementi, le produzioni intensive e gli organismi geneticamente modificati. Le organizzazioni che ne fanno parte si sono riunite in Scozia, dal 9 all’11 marzo. Presenti anche l’Italia, con la Rete semi rurali che insieme alle ong Acra e Crocevia ha parlato della campagna "Semi locali, semi legali"

"L’agricoltura in Italia è un settore ‘arretrato’, fatto soprattutto di piccole aziende. E questo, per noi, è solo un vantaggio”. Riccardo Bocci, coordinatore della Rete semi rurali, ne è convinto: “Nelle nostre campagne c’è ancora moltissima ‘diversità’, e questa è la chiave di volta per il futuro. L’Italia, al di fuori della Pianura Padana, è piena di sacche di resistenza. Nel nostro Paese, inoltre, non esistono forti ditte sementiere, e in questo siamo avvantaggiati rispetto, ad esempio, alla Francia e alla Germania”. 
Dal 9 all’11 marzo, Bocci e la Rete semi rurali, un network di 18 realtà italiane impegnate per la valorizzazione della biodiversità nei campi, sono stati tra gli animatori di Let’s Liberate Diversity Scotland 2012, l’incontro annuale tra le reti e le organizzazioni europee che lavorano per “liberare la diversità nei campi”, contro le colture uniformi, i brevetti sulle sementi, l’agricoltura intensiva e gli organismi geneticamente modificati. 
“Parliamo di ‘diversità’ -spiega Bocci- perché dal punto di vista semantico la prima parola porta con sé qualcosa di diverso rispetto al concetto di ‘varietà’”. 
Con l’appuntamento scozzese, Let’s Liberate Diversity ha continuato il proprio giro d’Europa: nel 2011, gli attivisti per le sementi locali si erano incontrati in Ungheria. Il primo, nel 2005, era stato ospitato dai francesi della Réseau Semences Paysannes. All’Italia era toccato nel 2008, quando gli attivisti di tutta Europa si erano dati appuntamento ad Ascoli Piceno. “L’obiettivo di questi incontri, che inizialmente è stato conoscerci, nel tempo è diventato costruire una piattaforma comune, perché tutti condividiamo la stessa legislazione in materia di sementi” racconta Bocci. Per gli italiani della Rete semi rurali, alla lobby sulla Commissione europea, che in questi mesi sta discutendo la revisione della legislazione sementiera, si affianca una campagna nazionale: “Due anni fa -spiega Bocci-, l’Italia ha riconosciuto ai contadini il diritto di vendere piccole quantità di sementi della varietà da conservazione. Prima, la legislazione riconosceva il diritto di vendere semi solo alla ditte sementiere. È un risultato importante, che purtroppo resta solo sulla carta”. Ciò che manca è un decreto applicativo. Ed è per questo che a ottobre 2011, insieme alle ong Acra e Crocevia, Rete semi rurali ha promosso una campagna d’informazione e di pressione sul ministero dell’Agricoltura, “Semi locali, semi legali”. “Dal ministero ancora nessuna risposta” sottolinea Bocci, che per questo motivo a metà febbraio 2012 ha indirizzo una lettera al ministro dell’Agricoltura Mario Catania. “Chiediamo un incontro e un confronto”, a partire da un’articolata proposta di decreto: se il ministero non ha il tempo di scrivere le “Disposizione applicative per l’attuazione dell’esercizio del diritto previsto dall’articolo 19-bis, comma 6 della legge 25 novembre 1971, n. 1096” (quello relativo alla vendita da parte degli agricoltori di varietà da conservazione), può sempre prendere spunto dal testo ricevuto dalla Rete semi rurali. Lo ha ricevuto, in copia, in allegato alla lettera.

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