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Diritti / Attualità

La disumanità del “sistema carcere” vista dalla Dozza e dal Pratello di Bologna

La protesta dei detenuti alla casa circondariale Dozza di Bologna durante la pandemia da Covid-19 © Michele Lapini, Fotogramma

Nel capoluogo emiliano è stata aperta la prima sezione per giovanissimi all’interno di una struttura per adulti. Nella Dozza la presenza dei neomaggiorenni ha aggravato una situazione già al limite. Tra sovraffollamento, atti di autolesionismo e tentativi di suicidio. Elementi che caratterizzano tragicamente anche l’Istituto penale per minorenni cittadino, infilato in una delle vie più famose per la vita notturna

Le carceri bolognesi hanno gli stessi problemi di quelle del resto d’Italia: sovraffollamento, strutture vecchie e inadeguate, carenza di personale sia tecnico sia specializzato, mancanza di programmi educativi. La Dozza e il Pratello sono rispettivamente il carcere per gli adulti e l’Istituto penale minorile (Ipm) di Bologna. La prima si trova fuori città, nella periferia Nord, dove inizia la Pianura Padana. Il secondo si trova in pieno centro, ironicamente collocato in una delle vie più famose per la vita notturna bolognese.

Le testimonianze delle persone che visitano i penitenziari bolognesi sono spaventose. Parlano sempre più frequentemente di sporcizia, incuria e disordine, ma anche di prevaricazioni, abuso di farmaci, violenza, autolesionismo, suicidio. Nel 2024 in Italia si sono suicidate in carcere 91 persone. Ad aprile il Garante dei detenuti del Comune di Bologna Antonio Iannello ha detto che lo scorso anno, alla Dozza, ci sono stati due suicidi. Uno è avvenuto nella sezio


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