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La Brebemi non funziona: il bilancio insostenibile dell’autostrada mangia-suolo

© Victoria Paar - Unsplash

A quasi otto anni dall’inaugurazione in pompa magna della A35, gli automobilisti continuano a non scegliere l’autostrada tra Brescia e Milano, doppione della A4. L’indebitamento della società è cresciuto del 36,5% in sei anni. Intanto Intesa Sanpaolo, sponsor dell’iniziativa, ha passato la “patata bollente” a un nuovo socio

Il 22 gennaio 2040 non è domani, mancano quasi diciotto anni alla scadenza della concessione grazie alla quale la Società di Progetto Brebemi Spa ha progettato, costruito e oggi gestisce la seconda autostrada tra Brescia e Milano, quella che, a dispetto del nome, non arriva in città ma si ferma nelle campagne dell’Est milanese. Tuttavia, a quasi otto anni dall’inaugurazione in pompa magna dell’infrastruttura, nel luglio del 2014, un dato appare evidente: la Brebemi non funziona.

Lo riassumono alcuni dati contenuti nell’ultimo progetto di bilancio, approvato a fine marzo 2022 dal consiglio d’amministrazione: nonostante i ricavi nel 2021 abbiano quasi raggiunto i 100 milioni di euro, una volta e mezzo i 40,7 milioni registrati nel 2015 (il primo anno di esercizio integrale della tratta), gli oneri finanziari superano di gran lunga il margine operativo e il risultato netto è negativo. Una situazione che si ripete, anno dopo anno. “Complessivamente dal 2012 [la società] ha maturato 451,5 milioni di euro di passivo” scrivono in un comunicato Dario Balotta, responsabile nazionale trasporti e infrastrutture di Europa Verde-Verdi Europei, e Devis Dori, deputato di Europa Verde-Verdi Europei.

Dopo il 2014, quando è terminata la fase legata all’investimento iniziale per la realizzazione dell’infrastruttura, la posizione finanziaria netta di Brebemi è passata da un saldo negativo di 1,64 miliardi di euro (al 31 dicembre 2015) a uno di 2,24 miliardi di euro (al 31 dicembre 2021). L’indebitamento, insomma, è cresciuto del 36,5% in sei anni. Tra dicembre 2020 e dicembre 2021, la società ha avuto bisogno di 116,1 milioni di euro a servizio del debito (“Imminent debt service requirements”, dato tratto dal documento “November 2020 Investor Meeting Presentation”). Una cifra di gran lunga superiore ai ricavi nello stesso anno, figurarsi al margine operativo.

Il tema di fondo è, insomma, uno solo: l’insuccesso dell’infrastruttura; la costruzione di un’autostrada che non serviva, un inutile doppione della A4 che insieme alla “sorelle” Pedemontana Lombarda e Tangenziale Est esterna di Milano ha occupato oltre 1.000 ettari di suoli prima agricoli; la realizzazione di un’opera voluta fortissimamente dal centrodestra che governa la Lombardia e “consumata” con la scusa dell’Expo del 2015, con il sostegno del governo “tecnico” di Mario Monti (alle Infrastrutture all’epoca c’era Corrado Passera, già amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, a lungo primo azionista di Autostrade Lombarde, la società che controlla Brebemi) e di quello di centro-sinistra guidato da Matteo Renzi, col ciellino lombardo Maurizio Lupi alle Infrastrutture.

Siamo ancora lì, come scrivevamo nel dicembre del 2014 su Altreconomia: il problema è il “livello di approssimazione con cui sono state prese e vengono prese decisioni strategiche importanti, come quelle relative alla costruzione di una nuova autostrada, costata oltre 2,5 miliardi di euro (che qualcuno, prima o poi, dovrà restituire ai soggetti che li hanno prestati)”. Perché per giustificare i problemi di Brebemi non serve rimandare alla riduzione del flusso di traffico causata dall’emergenza Covid-19. Anche a gennaio 2022 quest’autostrada risulta tra le meno congestionate d’Italia, come evidenziano i bollettini pubblicati da Aiscat, l’associazione che riunisce i concessionari autostradali. I 62 chilometri di Brebemi corrispondono all’1,4% della rete italiana, ma sono stati scelti da “appena” lo 0,74% delle auto e dei camion che hanno circolato nel primo mese dell’anno. Il dato -misurato in percentuale guardando ai chilometri percorsi dai veicoli che pagano il pedaggio sulla Brebemi in relazione a quelli percorsi su tutta la rete nazionale- non cambia se si guarda al dato complessivo degli anni 2021 e 2020. 

Oggi la “patata bollente” Brebemi è stata scaricata da Intesa Sanpaolo e dagli altri soci (Ubi Banca, oggi parte del gruppo Intesa, ma anche le imprese di costruzioni Pizzarotti e CCC, il Consorzio Cooperative Costruzioni di Ravenna) su un nuovo socio, Aleatica SAU, società di diritto spagnolo fondata nel 2018 il cui claim è “Smart, safe and sustainable mobility” (Mobilità intelligente, sicura e sostenibile). Aleatica è controllata da un fondo d’investimento, IFM Global Infrastructure Fund, gestito da IFM Investors, “Pioniere nell’investimento in infrastrutture, IFM è stato creato più di 25 anni fa da un gruppo di fondi pensione australiani, ed è stato fondato per proteggere e far crescere i risparmi dei lavoratori”. 

Ad aprile 2022 IFM ha pubblicato un nuovo rapporto sulle infrastrutture, “Resilience and Transition: Infrastructure Outlook”, che evidenzia le tendenze chiave per gli investitori. Uno dei punti chiave è “2050, 2030 or today: decarbonising existing portfolios“. “Gli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati dai governi globali e dalle imprese stanno intensificando la pressione sugli investitori in infrastrutture affinché ‘decarbonizzino’ i loro portafogli, ma stanno anche creando opportunità per nuovi investimenti in energie rinnovabili, elettrificazione e carburanti a basso contenuto di carbonio che supportano la transizione energetica”. In contraddizione, Aleatica investe in Brebemi e gestisce autostrade anche in altri Paesi in Europa e in America Latina. Dai risultati degli investimenti del fondo dipendono le pensioni di oltre 120 milioni di persone in tutto il mondo: quanti saranno consapevoli del rischio che corrono da quando Aleatica ha comprato la fallimentare “direttissima” tra Brescia e Milano?

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