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Ambiente / Attualità

L’irresistibile fascino dell’Italia selvaggia, profonda e magica

Le pozze smeraldine in Valtramontina (in Friuli Venezia Giulia) - © Renato Miniutti

Una guida che racconta, con taglio pratico e senza escludere i meno “allenati”, alcuni tra gli straordinari itinerari nelle aree recondite e meno antropizzate del nostro Paese. Dalle Alpi alle latitudini africane, dalle altezze alle profondità.

Tratto da Altreconomia 194 — Giugno 2017

Il prossimo 12 luglio si celebrano i 200 anni dalla nascita di Henry D. Thoreau, autore di “Walden, ovvero Vita nei boschi”: un esperimento di downshifting in pieno ‘800 che avrà un’influenza profonda sul futuro pensiero ecologista. Ma oggi sarebbe possibile – come dicevano gli antichi – praticare il làthe biòsas, il “vivere nascosto”? E dove? Esistono ancora – in altre parole – luoghi dove la presenza umana è rarefatta o assente e la natura signoreggia?

L’Italia selvaggia” è la guida di Altreconomia, che prova a rispondere a questa domanda: si scopre così che il nostro Paese offre un vasto repertorio di aree, ambienti, paesaggi, plaghe dove l’Antropocene non è arrivato ed è possibile vivere qualche ora o qualche giorno in una condizione di deserto, reale e interiore, di “sospensione” del tempo storico, e magari pure della toponomastica tecnologica. Ecco come.

La prima parte – oltre a dichiarare lo spirito della guida – fornisce un “decalogo” che comprende  le indicazioni pratiche per partire: la preparazione del viaggio, lo zaino ideale – che cosa non si può dimenticare, dai vestiti al cibo -, la documentazione essenziale, le mappe più affidabili, l’eventuale tecnologia, la scelta di una buona compagnia o le condizioni per andare in “solitaria”.

Il cuore del libro sono però le 14 “aree selvagge” raccontate nel dettaglio: dalla classica Val Grande in Piemonte all’isolata Val di Vesta in Lombardia, dalle faggete dell’Appennino Tosco-Emiliano ai ginepri del Supramonte cantato da Fabrizio De André, dalle pozze smeraldine della Valtramontina in Friuli Venezia Giulia all’aspra traversata del Lagorai, dal – prudente – bearwatching nella Valle Cicerana abruzzese ai castagni monumentali della Val di Scesta in Toscana, senza dimenticare il porfondo Sud dell’Aspromonte calabrese e delle cave siciliane.

Le cime della catena Lagorai (Trentino Alto Adige) - © Elisa Nicoli
Le cime della catena Lagorai (Trentino Alto Adige) – © Elisa Nicoli

Non solo: la parte conclusiva – ma non meno importante – offre un ampio censimento di decine di altri tra i più spettacolari paesaggi del nostro Paese: le acque interne, come fiumi, torrenti e cascate, i solchi della terra, calanchi, gole e tagliate, le foreste ataviche e i loro alberi secolari, i tratti di mare più preservati nei limiti del possibile, le aree protette – anche minuscole – che rappresentano un patrimonio inestimabile e un presidio per la biodiversità animale e vegetale.

Dobbiamo però ammettere che, anche nei luoghi meno antropizzati, raramente troveremo una situazione di assoluta solitudine. Ma è questo aspetto “romantico” quello che più conta? Forse no. Non è infatti solo la nuda bellezza e l’assenza di ogni traccia umana a rendere straordinaria l’Italia selvaggia, ma sono anche la Storia, le storie e gli uomini che l’hanno percorsa. Lo dimostrano le interviste alle persone che vivono o frequentano questi luoghi: la memoria e i segni delle guerre, delle pagine eroiche della Resistenza o semplicemente della quotidianità di chi qui viveva e lavorava non fa che arricchire il fascino di valli e montagne. Il paradosso diventa ancora più evidente in un caso cinematografico, ripensando alla visione (consigliata) di alcuni degli scenari “selvaggi” italiani – gravine, gole, vie cave – del “Racconto dei racconti”, il pluripremiato film di Matteo Garrone: dove alla massima finzione (si tratta di un vero fantasy) corrisponde un paesaggio quanto mai reale, vivido e inaspettato per lo spettatore.

“L’Italia selvaggia” – lo ribadiamo a dispetto del titolo – non è comunque un libro per superman o ironman, per alpinisti estremi o biker spericolati: è uno strumento per tutti, non per imprese epiche, ma etiche. Una bussola per orientarsi tra valli perdute, montagne intatte, coste solitarie, forre nascoste, ma adatta a chi vuole partire con consapevolezza, per imparare a conoscere e a rispettare i luoghi. Una guida di “turismo responsabile”, non solo per la segnalazione di strutture appropriate, ma anche nei nostri stessi confronti – perché propone percorsi adatti alle nostre capacità – e per l’invito a vedere la natura non come “bene di consumo” ma come “bene comune”.


L’ITALIA WILD

Un libro che attraverso il ritorno alla natura, invita infine a guardare al nostro paesaggio interiore. Se qualcuno infatti ha definito la wilderness “uno stato d’animo”, questa guida vi dispone a sperimentarlo. Se fuori, nel mondo, non esiste infatti quasi più nulla di inesplorato, queste “forre dell’anima” permettono di guardare più profondamente anche dentro di noi e scoprire qualcosa di nuovo.

14 aree selvagge in tutta Italia: dalla Val Grande in Piemonte alla Cava d’Ispica in Sicilia, dalla lombarda Val Codera al Supramonte sardo, passando dal cuore dei Sibillini e dall’Aspromonte calabro. Un sorprendente repertorio con tutte le informazioni essenziali.

Ogni luogo ha una mappa concettuale; un’intervista con il genius loci per scoprirne storia e aneddoti; gli itinerari imperdibili, i paesaggi, la natura e le bellezze; un prontuario per sapere da dove mangiare e riposare, quali mappe usare, come camminare in sicurezza. Aree tematiche: i bagni nelle chiare, dolci e fresche acque italiane, la profondità di gole, canyon e forre, il mistero di boschi e foreste magiche, le ultime dune e le baie silenziose, i parchi e le aree wilderness meno conosciute.
“L’Italia Selvaggia. Guida alla scoperta di luoghi incontaminati per tutti i piedi”, di Elisa Nicoli,
con Alessia De Iure ed Enrico De Luca, 216 pagine, 15 euro

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