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Ambiente

Italcementi, di nuovo “stop!” a Monselice

Il Tar del Veneto boccia il piano di ammodernamento del cementificio all’interno del Parco dei Colli Euganei. Il testo della sentenza, frutto di un ricorso promosso dai Comuni di Este e Baone, trasmesso anche alla Procura della Repubblica, per approfondire il contenuto della convenzione tra l’impresa della famiglia Pesenti e l’Ente parco

È arrivato l’ennesimo colpo di scena nella querelle amministrativa che vede coinvolti Italcementi, primo produttore italiano di cemento, ed enti e associazioni dei Colli Euganei (vedi Ae 126).
Il 9 maggio, infatti, il Tar del Veneto ha bocciato il progetto di revamping (ammodernamento) dell’impianto di Monselice (Pd), lo stabilimento delle multinazionale bergamasca. Per il momento, perciò, niente nuova torre di 89 metri all’interno del Parco regionale dei Colli Euganei. 
Il ricorso era stato presentato da due Comuni dell’area, le amministrazioni di Este e Baone. Possiamo immaginare che Italcementi risponderà con un appello al Consiglio di Stato: lo ha già fatto, lo scorso anno, dopo che una precedente decisione del Tar del Veneto aveva bocciato il progetto, su ricorso presentato -tra gli altri- dai comitati “Lasciateci respirare” ed “E noi?”. In quel caso, il Consiglio di Stato -a fine febbraio 2012- “aveva accolto le tesi di Italcementi e dei suoi sostenitori -come spiega “Lasciateci respirare” in un comunicato stampa-, ribaltando un precedente giudizio”, e garantendo così un lasciapassare per l’avvio dei lavori. “Per noi -consideravano gli ambientalisti- rimane incredibile che il revamping possa essere paragonato alla stregua del cambio di una semplice caldaia o che una torre di 89 metri in piena area Parco possa essere considerata un manufatto di ‘qualità architettonica apprezzabile, in linea con le tendenze dell’architettura contemporanea’”. 

Scrive il Tar per motivare la propria scelta (la sentenza completa è allegata): “Il progetto non poteva ottenere l’autorizzazione paesaggistica rilasciata invece dal Presidente del Parco Regionale dei Colli Euganei in data 13 Dicembre 2010”.
Di conseguenza: “La delibera della Giunta Provinciale […] con cui è stato espresso giudizio di compatibilità ambientale favorevole, è illegittima perché è stata adottata sulla base di un’autorizzazione paesaggistica illegittima, specificamente richiamata nella motivazione della delibera provinciale di cui sopra”.

E parlando dell’impatto ambientale: “Nel caso di specie invece la previsione di un nuovo ciclo produttivo di durata di 28 anni, l’innalzamento di una nuova torre alta ben 89 metri (pur prevedendo l’abbassamento dell’altezza della torre rispetto al progetto inizialmente presentato), la costruzione di tubazioni, relative alla linea di macinazione, di 70 metri di altezza media dal piano di posa non contengono, ma aggravano notevolmente e palesemente l’impatto ambientale e paesaggistico oggi esistente. Tale aggravio ambientale e paesaggistico risulta altresì evidente, considerando che l’autorizzazione impone la cessazione dell’attività produttiva entro il termine di 28 anni a far data dall’entrata in funzione del ciclo produttivo autorizzato, provvedendo quindi allo smantellamento dell’intero stabilimento e alla modifica del sito, con riduzione ad area verde del relativo sedime, entro i due anni successivi al termine di esercizio”.  
C’è, infine, un ulteriore elemento, evidenziato dal giudice amministrativo: la “convenzione prevede che Italcementi versi all’Ente Parco, per interventi di interesse pubblico volti al miglioramento di aree compromesse nonché alla messa in sicurezza di fronti collinari, la somma di un milione di euro. Si tratta di una cifra cospicua, non imposta da disposizioni di legge. La destinazione della somma non è specificamente connessa ad eventi provocati per effetto dell’intervento approvato. La competenza in ordine agli interventi di interesse pubblico finanziati con la somma sopra indicata è dell’Ente Parco. Si pone conseguentemente il dubbio che la somma che Italcementi si è obbligata a pagare, per finalità di interesse pubblico, costituisca un motivo di persuasione, affinché il Presidente dell’Ente Parco procedesse al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica impugnata, anche a costo di rilasciare un’autorizzazione paesaggistica illegittima”. Per chiarire questa ipotesi, “di consapevolezza di illegittimità, da parte del Presidente dell’Ente Parco, nel rilascio dell’autorizzazione paesaggistica illegittima impugnata”, il giudice amministrativo ha trasmesso la sentenza “alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Padova”. Che chiarirà se all’illecito amministrativo se ne è accompagnato un altro.

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