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Economia / Attualità

Intesa Sanpaolo e l’assemblea dei soci a porte chiuse. “Una decisione grave”

Il 27 aprile l’assise del colosso si terrà senza la partecipazione diretta di alcun azionista. Scartata l’ipotesi di posticiparla, pur prevista dal governo. Una scelta che per Re:Common e Greenpeace suscita “forte perplessità e preoccupazione”. Il governo ha “affidato le chiavi del Paese alle banche” per rispondere alla pandemia, chiudersi non è un bel segnale

Intesa Sanpaolo chiude le porte alla partecipazione diretta dei suoi azionisti. L’assemblea dei soci prevista per il 27 aprile si terrà infatti a “porte chiuse” e l’unica modalità di interazione da remoto sarà attraverso il rappresentante designato dalla banca. Una decisione che per Re:Common e Greenpeace Italia “suscita forte perplessità e preoccupazione”, considerato peraltro che per rispondere all’emergenza sanitaria ed economica “il governo italiano ha affidato le chiavi del Paese alle banche, dalle quali passerà la liquidità per le imprese in difficoltà in seguito al decreto legge ‘Liquidità'”.

Le due organizzazioni, rappresentate da Antonio Tricarico e Giuseppe Onufrio, rispettivamente program director di Re:Common e direttore esecutivo di Greenpeace Italia, hanno manifestato la loro contrarietà in una lettera indirizzata ai vertici del gruppo, Gian Maria Gros-Pietro, presidente del consiglio di amministrazione, e Carlo Messina, amministratore delegato.

Le società quotate come Intesa Sanpaolo avrebbero potuto fare diversamente. “Con il decreto legge del 17 marzo 2020, il ‘Cura Italia’, il governo italiano ha infatti offerto alle società quotate la possibilità di posticipare le loro assise oltre che di consentire la partecipazione e gli interventi degli azionisti da remoto”, ricordano Re:Common e Greenpeace.
I colossi di Borsa hanno però deciso di seguire quella che Tricarico e Onufrio chiamano la “linea delle ‘porte chiuse’ inaugurata da UniCredit“, un’opzione prevista dal decreto ma “evidentemente residuale”.

La “chiusura” limita la possibilità di partecipazione alle sole domande da inviare prima dell’assemblea, “sulle quali pesa la discrezionalità della banca se rispondere o meno”, fanno notare le organizzazioni. Che aggiungono: “È una questione di trasparenza e di processo democratico, soprattutto quando le Assemblee trattano una gamma di questioni che hanno conseguenze fondamentali sul nostro presente e futuro, a partire dal ruolo della finanza in merito al cambiamento climatico, come ammesso da tutte le più importanti banche centrali del mondo negli ultimi anni”.

Oltre al rinvio, si sarebbe potuto garantire almeno un’interazione da remoto tramite sistemi di video-conferenza. Ipotesi scartata. L’interazione passa come detto dal rappresentante designato dalla banca, “la cui sola funzione -fanno notare gli autori della lettera- è quella di riportare le istruzioni di voto degli azionisti sulle proposte all’ordine del giorno”.

Re:Common e Greenpeace insistono sulla trasparenza per una ragione molto semplice. “Le scelte prese oggi avranno un impatto enorme sul futuro, perché definiscono la società che verrà. E se la scelta di Intesa Sanpaolo sarà quella di chiudere le porte alla partecipazione, allora sapremo che si sarà schierata dalla parte degli interessi di pochi contro quelli della collettività, e le azioni messe in campo per fronteggiare la pandemia in corso non saranno altro che fumo negli occhi”.

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