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Cultura e scienza / Intervista

Francesco Sabatini. La grammatica orienta il mondo

Le riflessioni del presidente onorario dell’Accademia della Crusca. Oggi abbiamo bisogno di una lingua accessibile ed essenziale. Ma dobbiamo essere consapevoli del cambiamento, per evitare di perdere quello che abbiamo acquisito

Tratto da Altreconomia 196 — Settembre 2017

La lingua è la dotazione specifica degli esseri umani, lo strumento più sofisticato specializzato di cui dispongono per conseguire ed elaborare la conoscenza analitica del mondo. Una risorsa ineguagliabile per il miglior esito della vita individuale e sociale della nostra specie”. Francesco Sabatini, linguista, filologo e lessicografo, oggi è presidente onorario dell’Accademia della Crusca -una delle istituzioni linguistiche più prestigiose del mondo- dopo averla guidata dal 2000 al 2008.

Professore, lei scrive: “La lingua italiana è dentro di te e ti orienta nel mondo”
FS Sono, quasi alla lettera, parole del poeta Mario Luzi, ma ce lo confermano le scienze del linguaggio. La lingua ha le sue sedi nella corteccia cerebrale, dunque è materialmente nel nostro corpo. La sua funzione è quella di permetterti di rappresentare la realtà mediante un codice simbolico. Ovvero di costruire significati. Il linguaggio è un sistema di simboli mediante i quali noi individuiamo il mondo nel quale viviamo e gli diamo significato. Ma che cosa vuol dire “dare significato”? Che cosa significa per noi, nella nostra lingua, la parola acqua? Avendo provato la sete e l’effetto fisico che ho ottenuto bevendo quel liquido, ho imparato a riconoscere quel segno fonico strettamente legato alla sensazione che ho provato: gli attribuisco un preciso “significato”.

C’è tuttavia grande differenza tra il linguaggio orale, e quello scritto.
FS 
Il primo è più naturale: è il risultato dell’elaborazione fonico-gestuale primaria, proviene a noi dagli altri esseri umani che lo usano già ed entra direttamente, attraverso il circuito uditivo, nel nostro cervello, che è predisposto evolutivamente ad acquisirlo, sulla base del rapporto sensazione/simbolo/significato, e a riprodurlo. Il secondo è un’invenzione umana di epoca molto recente (circa 5.000 anni fa), che non trova terreno naturale e se lo deve “cercare” nel cervello; e l’impianto può a volte riuscire male… Il linguaggio scritto passa per un circuito cerebrale diverso, quello visivo. Ma l’occhio funziona in maniera completamente diversa dall’orecchio, è un dato elementare dalle conseguenze enormi: l’occhio si fissa sui particolari e può scorrere da un punto all’altro sulla superficie di un testo scritto. Proprio questo ha permesso l’utilizzo di periodi più lunghi e quindi ha avviato la produzione di scritture complesse. Ne è derivato il pensiero elaborato e fortemente analitico, quindi il sapere delle civiltà moderne (da quella greca in poi). Quanto alla scrittura, realizzata ovviamente con la mano e come tale da sperimentare sempre, bisogna tener conto che è un’operazione che coinvolge tutti i sensi (almeno tatto, vista, udito) e tutto il corpo. Nel Medioevo si diceva “tria digita scribunt, totum corpus laborat”, scriviamo con tre dita, ma tutto il corpo lavora. Mediante la scrittura a mano imprimiamo meglio i caratteri nel cervello.

Che cos’è la grammatica?
FS 
Come si combinano i simboli? Fanno sistema. Si comincia con gli elementi fonetici di base: una trentina, che, combinati, spostati e ripetuti producono un numero infinito di parole, quindi di concetti potenziali. L’etimologia ci dice che “grammatica” è la scienza dei segni “graffiati” perché venivano incisi su pietra, argilla, cera… Ma la “grammatica” come congegno della lingua esiste già nella lingua parlata, La necessità di conoscerla (studiando) è emersa quando si è avvertito il bisogno di definire meglio la lingua scritta. Per il puro riconoscimento delle parole e di frasi molto semplici questo studio non è richiesto; diventa indispensabile per comprendere e produrre testi più complessi. Nello studio della sintassi (“disposizione combinata di più pezzi”) è fondamentale riconoscere la funzione del verbo: è la parola che traduce il ragionamento del mio cervello che osserva, percepisce le cose e le mette in relazione tra loro. Se vedo una bottiglia su un tavolo, il mio cervello per mezzo del verbo poggiare costruisce la relazione tra la bottiglia e il tavolo: produce la frase la bottiglia poggia sul tavolo. Stiamo parlando della lingua come strumento per elaborare la cognizione. Quando poi componiamo un discorso, parlato o scritto, rivolto a qualcuno, entriamo nella sfera delle comunicazione, che aggiunge altre leggi.

Nel libro ricorda che l’italiano è una lingua che, a differenza di molte altre, ha avuto solo da poco una sua più piena funzionalità.
FS 
Una lingua si crea, si rafforza e si “funzionalizza” se c’è una comunità sociale organizzata -diciamo pure uno Stato- che la utilizza, la codifica, la impone e ne fa uno strumento di potere. Tutto questo è stato impedito alla popolazione del territorio italiano, che per 14 secoli è stata tenuta smembrata. Le cose sono cambiate, anche per la lingua, solo con la nostra unificazione politica: siamo al 1861! Ancora Manzoni, a metà dell’800, si affannava alla ricerca di un modello sufficientemente comunicativo dell’italiano! Non dimentichiamoci che la lingua è anche uno strumento per affermare i diritti, e rivendicarli. Le lingue danno coscienza all’individuo e ai gruppi sociali. Penso al tema dei migranti e, ancora, mi vengono in mente le parole del poeta Luzi quando venne nominato accademico della Crusca, nelle quali a lungo rifletteva sugli ostacoli linguistici per i migranti di oggi.

Come cambia la lingua nell’era della velocità? C’è il rischio di perdere bellezza in cambio di efficienza? Se si usa male un congiuntivo, lo dobbiamo considerare un’evoluzione, o un errore grammaticale?
FS 
Oggi abbiamo bisogno di una lingua accessibile ed essenziale, ma non credo, ad esempio, che l’italiano sia più “ricco” di sfumature rispetto ad altre lingue. La lingua è sempre in evoluzione, come già notava Orazio. Dobbiamo essere consapevoli del cambiamento. Tuttavia è importante regolarlo. Se è solo scompaginamento, allora il giocattolo non funziona più. Non va perso quello che abbiamo acquisito, ma aggiungere ciò che c’è di nuovo. Non dobbiamo credere che la tecnologia ci abbia reso la vita più facile: grazie ai mezzi più sofisticati, ci poniamo obiettivi molto più alti e lo sforzo per raggiungerli prevede uno studio più lungo, molto più sapere.

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