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Esteri / Intervista

Difendere i valori europei, oggi. Intervista a Judith Sargentini

Il premier ungherese, Viktor Orban e l'europarlamentare Judith Sargentini

Lo scorso settembre l’eurodeputata olandese è balzata alle cronache quando il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza il report con cui ha messo l’Ungheria sotto accusa per il mancato rispetto delle regole democratiche tutelate dall’Unione. “A tutti i governi chiediamo di esprimersi entro i confini delle norme e a Budapest il governo evidentemente ha delle difficoltà a farlo”

“Abbiamo visto molti Paesi europei passare da regimi autoritari a governi democratici. Penso alla Spagna, al Portogallo o alla Grecia. Anche molti Paesi dell’est Europa che oggi sono Stati membri dell’Unione erano retti da regimi autoritari fino al 1989”. Per Judith Sargentini, eurodeputata olandese, un ritorno dell’Ungheria al pieno rispetto delle regole e dei valori dell’Unione europea è ancora possibile. “Se c’è la volontà di fare marcia indietro è possibile farlo: cambiando le leggi, rimettendo al loro posto i giudici che erano stati mandati in pensionamento anticipato perché poco allineati con il governo, aiutando a creare nuovi media indipendenti Al momento però questa volontà non sembra esserci. Per questo gli altri stati membri dell’Unione devono fare un passo avanti e fare in modo che questo cambiamento avvenga”.

Sargentini, che a Bruxelles siede tra i banchi dei Verdi, ha alle spalle una lunga carriera di impegno politico e attivismo, durante la quale si è occupata di cooperazione allo sviluppo, diritti umani, democratizzazione, commercio equo e comportamento delle multinazionali. Lo scorso settembre è balzata agli onori delle cronache italiane quando il Parlamento europeo ha approvato con 448 voti a favore (su 693 votanti) il report con cui ha messo l’Ungheria sotto accusa per il mancato rispetto dei valori europei. Le principali preoccupazioni riguardano il funzionamento del sistema costituzionale e del sistema elettorale, l’indipendenza della magistratura e di altre istituzione, i diritti dei giudici, la libertà di espressione e quella accademica. Oltre al diritto delle minoranze (rom ed ebrei), di migranti, richiedenti asilo e rifugiati.

Con il voto a favore dello scorso 12 settembre, il Parlamento europeo ha chiesto al Consiglio di constatare (in base a quanto previsto dall’articolo 7 del Trattato sull’Unione europea, entrato in vigore nel 2009) “l’esistenza di un evidente rischio di violazione grave da parte dell’Ungheria dei valori su cui si fonda l’Unione”.

Onorevole Sargentini, quali saranno i prossimi passi?
JS Il Consiglio metterà questo tema in agenda. Non ho idea di quale sarà la tempistica di questa procedura, si tratta di qualcosa di inedito: è la prima volta che il Parlamento invia al Consiglio un report come questo, deve valutare attentamente la mia relazione e poi potrebbe intervenire. Ad esempio comminando delle sanzioni.

Come si è sentita durante la preparazione e la discussione di questo report? Di certo non è una buona notizia per l’Europa.
JS Penso che l’approvazione del documento con il voto a favore da parte di due terzi del Parlamento sia una buona notizia. Perché dimostra che i membri del Parlamento hanno fatto prevalere i valori europei. Ma il fatto che si sia dovuti arrivare a questo voto a causa della grave situazione in Ungheria è molto serio.

Negli ultimi mesi abbiamo assistito alla crescita di partiti che si definiscono “populisti” in molti Paesi europei. Quanto questi partiti sono rappresentativi dei popoli europei?
JS Tutti sono stati votati e non possiamo ignorare il fatto che i cittadini hanno espresso la loro preferenza per questo tipo di partiti. Dobbiamo lavorare con questi partiti, è così che funziona.

In che modo è possibile lavorare -come istituzioni- con questi partiti?
JS A tutti i governi chiediamo di esprimersi entro i confini delle norme e in Ungheria il governo evidentemente ha delle difficoltà a farlo. Ed è per questo che il Parlamento ha deciso di agire. Questo è quello che dovremmo chiedere a tutti i governi europei. Ed è qui che gli Stati membri hanno una responsabilità da assumersi, perché non si può semplicemente guardare la Commissione europea e dire: “È la Commissione a dover applicare i trattati, noi non dobbiamo fare nulla”. La pressione reciproca tra gli Stati membri è essenziale.

Uno dei punti al centro del report che ha presentato è la situazione dei rom in Ungheria. Cosa può dirci in merito?
JS I rom sono discriminati in molti Paesi, proprio perché sono una minoranza. Tornando alla situazione in Ungheria, il modo cui un governo tratta le sue minoranze è un buon indicatore dello stato della democrazia. A Budapest ho parlato con i portavoce della comunità rom, si sentono seriamente discriminati dal governo e le politiche che dovrebbero essere messe in atto per migliorare la loro situazione non vengono attuate.

Nel report lei denuncia anche gli attacchi alla libertà accademica e alla libertà della stampa, che rappresentano pilastri fondamentali della nostra democrazia. Come è stato possibile arrivare a questa situazione?
JS
È una buona domanda. Tuttavia è quello che sta succedendo. Ad esempio con la “Central European University” di Budapest, il governo l’ha definita l’”università di George Soros” e ha annunciato di volersene sbarazzarsene. Ma hanno anche messo in atto nuovi controlli finanziari in tutte le università che hanno voce in capitolo su chi assumere e chi licenziare. Inoltre quest’estate è stata comunicata l’intenzione di chiudere le facoltà che hanno studi di genere. Una decisione che interpreto in questo modo: se non vuoi avere pensatori critici nel tuo Paese, allora devi fare in modo che le università non siano luogo in cui si formano pensatori critici. Così togli ai tuoi studenti, ai tuoi futuri leader, la possibilità di apprendere, criticare, pensare e confrontare pensieri diversi. È un modo abbastanza comune per silenziare le opposizioni.

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