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Ambiente / Attualità

Perché l’aria inquinata ci riguarda. Inchiesta sulla minaccia “invisibile”

Il cielo di Delhi. Come in altre città dell’India, i livelli di particolato possono raggiungere livelli oltre i 900 microgrammi per metro cubo (il livello di sicurezza fissato dall’OMS è tra i 10 e i 25 microgrammi per metro cubo) - ©www.istockphoto.com

Secondo l’Oms, la “dirty air” è causa di 7 milioni di morti ogni anno, più dei decessi da Aids, diabete e incidenti stradali insieme. I nostri riflessi, però, sono troppo lenti e i governi passivi. Intervista alla giornalista Beth Gardiner

Tratto da Altreconomia 217 — Luglio/Agosto 2019

Beth Gardiner, giornalista statunitense che da 18 anni vive a Londra, sapeva che non sarebbe stato facile seguire le tracce della “più grave minaccia ambientale per la nostra salute”, l’aria inquinata (dirty air). Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è causa di 7 milioni di morti ogni anno (8,9 milioni secondo altre fonti), più dei decessi da Aids, diabete e incidenti automobilistici messi insieme. Esiti letali ma sottovalutati. “A differenza di una tigre che sta per balzarci addosso, i riflessi nei confronti del pericolo rappresentato dall’inquinamento sono lenti e tutt’altro che scontati”, spiega Gardiner. A questa “invisibile” minaccia ha dedicato gli ultimi tre anni e mezzo della sua vita, confezionando un’inchiesta globale -da Delhi a Pechino, da San Francisco a Cracovia-, incontrando scienziati, politici e vittime. Ne è uscito un libro-inchiesta dal titolo emblematico: “Choked”, soffocato, (edizioni Granta). “Durante i miei viaggi mi sono resa conto che il filo ricorrente è quello dei combustibili fossili -spiega Gardiner ad Altreconomia-. E l’inquinamento atmosferico è profondamente interconnesso con la crisi climatica. Sono sintomi dello stesso problema: il mondo che abbiamo costruito è poggiato su fondamenta malsane”.

All’inizio del racconto mette in fila le conseguenze sanitarie drammatiche dell’inquinamento, inclusi i danni economici stimati dalla Banca Mondiale in 5mila miliardi di dollari. Un elemento però l’ha particolarmente sconcertata, quale?
BG Grazie ai solidi risultati della ricerca scientifica degli ultimi anni, la maggior parte delle persone può “concepire” che l’aria inquinata possa causare l’asma o problemi respiratori, ad esempio. Quello che è meno conosciuto, però, è come questa tocchi in realtà ogni parte del nostro corpo e come gli effetti dell’inquinamento vadano ben oltre i “soli” problemi respiratori. Penso ad attacchi di cuore, ictus, Alzheimer, demenza, aborti, morti premature. Il 90% della popolazione mondiale è esposta e gli scienziati ci dicono chiaramente che più l’aria è inquinata e più le persone muoiono. Altra cosa, certamente, è l’osservazione del singolo caso. Se domani dovessi avere un attacco di cuore, nessun medico potrà mai affermare con certezza che la causa deriva dall’aver vissuto a Londra per 18 anni, dove l’aria è resa irrespirabile dai diesel.

La sua inchiesta parte dall’India e da Delhi, definita “ground zero”. Perché?
BG Così come i devoti si recano a Gerusalemme e gli amanti della storia dell’arte a Parigi, per il mio libro non potevo non andare dove l’aria è la peggiore del Pianeta. Ogni anno, infatti, 1,6 milioni di indiani muoiono a causa dell’inazione del governo contro l’incontrollata combustione di plastica, spazzatura, diesel, letame animale, carbone, resti della raccolta del riso e del grano. Non a caso il Paese ospita nove delle dieci città più inquinate del Pianeta secondo l’Oms. Le nuvole di fumo sono tanto enormi che la NASA può fotografarle dallo spazio. A Delhi e in altre città del Paese i livelli di particolato possono raggiungere livelli oltre i 900 microgrammi per metro cubo. Teniamo presente che il livello di sicurezza è tra i 10 e i 25 microgrammi.

Beth Gardiner, giornalista statunitense, vive a Londra da 18 anni. Ha scritto per il “New York Times”, il “Guardian”, “National Geographic” e il “Wall Street Journal”

Chi è il responsabile?
BG Prima di tutto un governo inefficiente. Se Delhi avesse una raccolta dei rifiuti decente allora le persone non si ritroverebbero a bruciare la spazzatura per strada. Se gli abitanti del villaggio avessero accesso all’elettricità o al gas non brucerebbero legna o non avrebbero bisogno di un generatore diesel. E così via. È l’esatto contrario di quanto sta accadendo in Cina.

In che senso?
BG In Cina l’aria è ancora terribile, sia chiaro, ma il quadro sta lentamente migliorando. Per troppo tempo nessuno ha affrontato il problema dell’inquinamento dell’aria e solo di recente è cambiata la consapevolezza delle persone. Intorno al 2013-2014 è montata la rabbia pubblica, sui social media e a volte anche nelle strade, e questo ha spaventato il governo, lo ha costretto a prendere provvedimenti. È stato lanciato il più grande investimento del mondo nell’energia eolica e solare accanto a una prima limitazione dell’uso del carbone -una parte importante del loro problema di inquinamento atmosferico-. Quando la Cina ha iniziato a investire nella produzione dei pannelli solari ha cambiato volto al mercato globale. I pannelli ora sono più economici, nell’ordine del 90% rispetto a otto o dieci anni fa. Stanno facendo la stessa cosa con i veicoli elettrici perché sanno di aver bisogno di quel tipo di mezzi per migliorare la qualità dell’aria, oltreché per dominare il mercato. 

Torniamo a Londra, la sua città. Il capitolo che le ha dedicato s’intitola “9.416”, i morti a causa dell’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico secondo uno studio del King’s College London. Un quinto dei decessi in città ogni anno. È un disastro limitato a Londra o riguarda tutte le altre capitali europee?
BG Quasi tutte le capitali del continente e le grandi città soffrono dello stesso problema di Londra. La causa principale è il diesel e ancor di più la mancata applicazione delle norme. È interessante su questo il contrasto con gli Stati Uniti. Io sono americana e non siamo certo abituati a pensarci come i progressisti ambientali, ma è un fatto che New York abbia oggi un’aria meno inquinata di Londra. Eppure sono entrambe grandi città con tante auto, camion, traffico. Perché? L’Agenzia americana per la protezione dell’ambiente (EPA) è stata un soggetto decisivo e con un significativo potere legale, risorse ingenti e competenze tecniche e scientifiche solide per intervenire. L’Europa, al contrario, non dispone di un “regolatore dell’aria” forte e dotato di poteri e risorse simili. Dico questo al netto di Trump, ovviamente (sospira, ndr). Questa frammentazione tra Stati membri dell’Ue offre molte scappatoie ed è il motivo per cui il carburante fossile non sarà mai pulito. Se si rispettassero le regole che sono sulla carta, la qualità dell’aria in Europa sarebbe buona tanto quanto negli Stati Uniti.

“Choked: The age of air pollution and the fight for a cleaner future” è edito da Granta Books (grantabooks.com)

Dice questo a quattro anni dallo scandalo del “Dieselgate”. Secondo il report pubblicato a giugno da “Transport & Environment”, solo un quarto dei 43 milioni di veicoli diesel altamente inquinanti che circolano in Europa è attualmente catalogato come oggetto di richiamo da parte dei produttori per renderli conformi alle disposizioni Ue sulle emissioni. Si stanno quindi lasciando circolare sulle strade europee ancora circa 33 milioni di veicoli senza prendere le misure necessarie a proteggere l’ambiente e la salute dei cittadini.
BG Esatto. È stato dimostrato come Volkswagen, ma non solo, non abbia rispettato la legge e i governi europei non l’abbiano costretta a farlo. Ma ancora oggi, quattro anni dopo il “Dieselgate”, le case automobilistiche producono veicoli che non sono “di poco” ma molto oltre il limite di legge per il biossido di azoto. Ecco perché Londra, Roma, Parigi e altre città europee registrano una qualità dell’aria tanto scadente, per assaggiarla basta camminare per strada. Il diesel è un agente cancerogeno ed è un grave danno per la nostra salute. Danneggia i polmoni dei bambini, causa demenza e infarto, uccide le persone. I cittadini europei si stanno svegliando ma la strada da percorrere è ancora molto lunga.

Insiste molto sulle pratiche costruttive. Come esempio porta Berlino. Perché?
BG Berlino non è la perfezione, come la Germania -o la Polonia- non lo sono, bruciando ancora molto carbone. Chiarito questo, penso che Berlino abbia una lezione da insegnarci rispetto alla promozione di forme alternative di trasporto, che aiutino le persone a scendere dall’auto e averne meno in città. Parte del loro successo deriva dalla storia di Berlino, una città divisa, o povera o isolata. Dal 1989 sono riusciti a mantenere basso il numero di auto, puntando su (ottimi) mezzi di trasporto pubblico. Più che un’alternativa tecnologica è il “vecchio stile” di trasporto: treni, autobus e tram. Ma anche car sharing, biciclette, scooter e veicoli elettrici. L’agenzia cittadina di “Electro-Mobility” sta aiutando le aziende locali a creare nuove tecnologie che possano poi esportare nel resto del mondo. Stanno utilizzando le strade della città come un laboratorio per sperimentare nuove forme di bus navetta e algoritmi che sui nostri smartphone possano combinare le corse condivise delle persone.

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