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Ambiente / Attualità

Inceneritori: la Commissione europea ridiscute il modello

In una “comunicazione” del 26 gennaio, Bruxelles invita gli Stati a non investire risorse pubbliche per realizzare impianti inutili o aumentare una capacità di incenerimento già eccessiva. Parla esplicitamente di “moratoria” per nuovi forni e “spegnimento” per quelli datati. Il caso della Lombardia

“Le risorse pubbliche dovrebbero evitare di creare sovracapacità per il trattamento di rifiuti non riciclabili, come gli inceneritori”. Non si tratta dell’appello di un’associazione ambientalista ma di un’indicazione forte che la Commissione europea ha fornito -il 26 gennaio scorso- nell’ambito di una “comunicazione” ufficiale dedicata all’economia circolare.

Undici pagine che segnano ancora una volta la distanza netta tra le strategie comunitarie e quelle intraprese dal nostro Paese, incardinate sul provvedimento “Sblocca-Italia” del 2014 e sul “fabbisogno” impiantistico dei forni stimato al rialzo. Neppure troppo tra le righe, quello che emerge è inoltre la condizione critica di alcune “zone” italiane, com’è oggi ad esempio quella della Lombardia e della sua eccessiva “capacità” di incenerimento installata.

Prevenzione, riuso e riciclo, scrive la Commissione, dovrebbero guidare la gerarchia della gestione dei rifiuti. E in quanto tale meritano l’assoluta priorità nella destinazione dei fondi per lo Sviluppo regionale e di Coesione. A proposito del “livello nazionale”, poi, Bruxelles chiarisce che i “i finanziamenti pubblici hanno giocato un ruolo chiave nello sviluppo di soluzioni più sostenibili nella gestione dei rifiuti”. Motivo per cui non ce ne si può servire per “eludere” l’agenda delle azioni da mettere in campo. Ed è in questo paragrafo che l’attenzione si rivolge alla necessità di non alimentare una crescita ingiustificata di impianti di incenerimento.

Tra il 2010 e il 2014, riporta la “comunicazione”, la capacità di incenerimento nei 28 Paesi dell’Unione europea (considerando inoltre Svizzera e Norvegia) è cresciuta del 6% fino a raggiungere quota 81 milioni di tonnellate. Germania, Francia, Olanda, Svezia, Italia e Regno Unito ne coprono i tre quarti. Ciascun cittadino di Svezia e Danimarca “gode” di una potenzialità di incenerimento pari rispettivamente a 591 e 587 chilogrammi di rifiuti pro-capite.

Enzo Favoino -che lavora presso il centro di ricerca della Scuola Agraria del Parco di Monza ed è il coordinatore scientifico della rete “Zero Waste Europe” (https://www.zerowasteeurope.eu/)- ha letto con attenzione il documento della Commissione. “Vi è un forte mandato alla Banca europea per gli investimenti e ai Paesi membri di rivedere i loro finanziamenti per la realizzazione delle infrastrutture di settore -spiega-, riducendone la quota all’incenerimento (e comprimendone fortemente la possibilità) ed allineandoli invece con l’evoluzione prevista della politica di rifiuti: l’economia circolare. Penso che questo possa essere utilizzato da subito in quelle situazioni (ad esempio la Polonia) dove gli attuali piani per l’incenerimento eccedono la crescita prevista della raccolta differenziata nel medio termine. Ma anche per rimettere ancora una volta in discussione l’impianto complessivo dello Sblocca-Italia, e fornire argomenti sia alle Regioni che intendono opporsi alle previsioni di nuovi inceneritori in esso contenute, che a quelle (Lombardia) che hanno già messo in agenda il decommissioning, ossia lo spegnimento progressivo di quelli in eccesso (cosa che le ha messe in rotta di collisione con le previsioni dello Sblocca-Italia)”.

A proposito delle aree ove già attualmente si registra sovracapacità, la Commissione parla esplicitamente di alzare le tasse di incenerimento, eliminare gradualmente i sussidi al comparto, prevedere una “moratoria” per i nuovi impianti e disporre lo spegnimento per quelli datati. La Lombardia, come evidenzia Favoino, è una “zona” interessata. Nel 2015, dati del Rapporto Rifiuti urbani 2016 dell’Ispra alla mano, i tredici inceneritori che ricadono sul suo territorio hanno bruciato 2,39 milioni di tonnellate di rifiuti -compresa frazione secca, combustibile solido secondario e bioessiccato, e a fronte del fatto che i cittadini lombardi avessero prodotto indifferenziato per “soli” 1,9 milioni di tonnellate-. Sta di fatto invece che la capacità autorizzata è tarata su 2,91 milioni, 600mila tonnellate in più. Gli impianti a quel punto devono “lavorare” a tutti i costi, anche importando “combustibile”. “L’incidenza percentuale più elevata dell’incenerimento rispetto alla produzione si rileva in Molise (56%) -segnala l’Ispra-. Ciò è, tuttavia, da attribuirsi quasi totalmente alle quote di rifiuti urbani di provenienza extraregionale, soprattutto dal Lazio. Seguono la Lombardia (45%) e l’Emilia Romagna (33%) dove, come già evidenziato, incidono anche le quote importate dalle altre regioni”.

“La Commissione europea, come prevedibile, non ha fatto dichiarazioni nette contro l’incenerimento -riflette lucidamente Favoino-, ma il ruolo di questo in futuro è stato fortemente ristretto e compresso, rispetto alla situazione attuale, ai piani in essere e alle politiche di finanziamento”. 

Ora sta ai Paesi raccogliere la sfida.

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