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Diritti

In Libia la misura del nostro degrado

L’ingresso dei cosiddetti ribelli nella città di Tripoli viene raccontato in queste ore dai media in termini bellico-sportivi, come se si trattasse di una vittoriosa performance da esibire ai cittadini, anzi al pubblico della televisione. E come un inciso si…

L’ingresso dei cosiddetti ribelli nella città di Tripoli viene raccontato in queste ore dai media in termini bellico-sportivi, come se si trattasse di una vittoriosa performance da esibire ai cittadini, anzi al pubblico della televisione. E come un inciso si dice che il bunker di Gheddafi, e quindi la stessa capitale libica, sono stati sottoposti a un bombardamento da parte delle forze aree della Nato.

La noncuranza con la quale si danno queste notizie di guerra, senza menzionare la quantità di sangue, di orrore e di odio (quest’ultimo di lunga durata) portata sulla punta dei cannoni e dei bombardieri; l’ipocrita silenzio sulla palese violazione del diritto internazionale da parte della Nato; l’altrettanto ipocrita silenzio sulle menzogne che sono state raccontate per motivare la missione militare in Libia; tutto questo ci racconta che uno spicchio di mondo – il nostro – ha perso del tutto la bussola e anche quel minimo di capacità critica e autocritica che le nostre società avevano mantenuto anche in momenti molto difficili.

La guerra in Libia è stata decisa e poi condotta per mesi nel silenzio della poliitica, dei media, dell’opinione pubblica. Non ne abbiamo discusso le motivazioni, le finalità, il senso. Oggi abbiamo di fronte agli occhi un’impresa militare he ha lasciato sul campo le poche residue regole della politica internazionale. Abbiamo poteri politici che di qui in poi – c’è da scommetterci – si atterrano al precedente libico: una guerra decisa senza discutere, spiegata all’opinione pubblica con pietose menzogne (la difesa dei diritti umani, bombardamenti a protezione dei civili sottoposti all’attacco del regime), condotta senza alcun controllo da parte dei media (cani da riporto, non da guardia, come amaramente tocca constatare un’altra volta) e dei parlamenti.

In compenso i "mercati" mostrano un’impennata positiva "per le buone notizie in arrivo dalla Libia", come dicevano stamani ai radiogiornali, evocando cronache di regime d’altri tempi. Un aumento delle quotazioni di Eni e qualche altra società quotata in Borsa: questa è la cosa piùimportante che riusciamo a dire di una guerra decisa e combattuta senza rendere conto a nessuno. Il degrado democratico è fra noi, ma forse è più corretto dire: siamo noi.

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