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In Italia gli amministratori sono ancora sotto tiro: il rapporto di Avviso Pubblico

L’associazione ha censito gli atti intimidatori occorsi nel 2019 in tutte le Regioni d’Italia: 559 minacce e violenze hanno colpito sindaci e personale della pubblica amministrazione in 83 Province e 336 Comuni. Il picco delle intimidazioni durante la campagna elettorale

Nel 2019 in Italia ogni quindici ore un amministratore locale ha subito una minaccia o un’intimidazione, si legge nel rapporto “Amministratori sotto tiro” redatto da Avviso Pubblico, l’associazione nazionale che riunisce gli enti locali e le regioni impegnate in progetti di formazione civile contro le mafie. Gli atti intimidatori e violenti sono stati 559 censiti in 83 Province, oltre il 75% del territorio nazionale, e 336 Comuni. Il rapporto, arrivato alla nona edizione, li elenca uno dopo l’altro. Come il caso di Monte Sant’Angelo, in provincia di Foggia, dove l’11 marzo è stata rinvenuta una busta contenente un teschio e minacce di morte indirizzata al sindaco Pierpaolo d’Arienzo, alla sua famiglia e all’assessore al bilancio Generoso Rignanese. A Palermo il 19 aprile è apparsa la scritta intimidatoria “Traditore della Sicilia” sul manifesto elettorale di Igor Gelarda, candidato alle europee e capogruppo in consiglio comunale. Il 15 agosto a San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza, tre vigili urbani sono stati minacciati e intimiditi mentre stavano dirigendo il traffico. Poco dopo, il 17 agosto a Ventimiglia, il sindaco Gaetano Scullino ha ricevuto minacce di morte e un manifesto funebre.

“Il rapporto conferma i trend evolutivi del fenomeno, che si erano già delineati negli anni precedenti, come l’aumento delle intimidazioni e delle minacce al Centro-Nord”, spiega ad Altreconomia Claudio Forleo, responsabile dell’Osservatorio parlamentare di Avviso Pubblico. Nelle Regioni del Centro-Nord, nel 2019 sono stati censiti 217 casi: le minacce sono aumentate del 5,5% rispetto all’anno precedente. Guardando alle sole Regioni settentrionali, si è passati da 102 casi censiti nel 2018 a 147 nel 2019. Nel 2019 la Lombardia ha registrato 46 atti intimidatori, che rappresentano un nuovo record per le regioni del Centro-Nord Italia. “Questi dati vanno letti nel senso di una progressiva emersione: non vuol dire che prima gli amministratori fossero minacciati meno rispetto a oggi. Significa che oggi, compresa la gravità del fenomeno, ci sono più denunce”.

Il 61% del totale dei casi censiti è stato registrato nel Mezzogiorno: il 42,6% dei casi nel Sud, una percentuale stabile rispetto al 2018, e il 18,6% nelle Isole, un dato invece in calo. Per il terzo anno consecutivo e con 92 casi censiti, la Campania si è confermata la Regione con il maggior numero di intimidazioni a livello nazionale. È seguita dalla Puglia che con 71 casi ha segnato il maggior incremento di tutto il territorio nazionale; nel 2018 gli atti intimidatori erano stati 59. La Sicilia è al terzo posto con 66 casi censiti, un dato che fa segnare un -24% rispetto all’anno precedente. La Calabria, con 53 casi, si è confermata sui livelli del 2018. Diminuiti i casi censiti in Sardegna (38), stabile il Lazio (36). A chiudere le prime 10 posizioni sono l’Emilia Romagna (29), la Toscana (24) e il Veneto (23).

“Le differenze tra il Nord e il Sud si rintracciano nella forma delle intimidazioni. Gli incendi sono la principale tipologia di minaccia al Sud e nelle Isole. Al Centro-Nord, i social network sono il principale mezzo per intimidire. I dati che abbiamo raccolto mostrano che nel Mezzogiorno si intimidisce in modo più evidente, senza timori di suscitare l’allarme sociale. Al contrario nelle regioni dell’area Centro-Settentrionale le minacce sono verbali e hanno luogo attraverso intimidazioni, lettere minatorie e i social media”, commenta Forleo.

Il rapporto sottolinea che nell’87% dei casi gli amministratori locali e il personale della pubblica amministrazione sono stati minacciati direttamente come persona. Nel 13% dei casi le minacce sono state di tipo indiretto: sono stati colpiti municipi, uffici, strutture e mezzi adibiti al ciclo dei rifiuti, ai servizi sanitari, idrici, elettrici e del trasporto pubblico. Tra le minacce di tipo indiretto, vanno incluse anche quelle rivolte a collaboratori e parenti. Le amministratrici sono state colpite nel 16,5% dei casi.

Secondo quanto sottolinea l’indagine di Avviso Pubblico, una minaccia su tre non ha una matrice “criminale”. Le intimidazioni che raggiungono gli amministratori comunali o il personale della pubblica amministrazione provengono anche da comuni cittadini. Questi episodi nel 2019 sono stati 161, il 28,8% del totale: un terzo (il 33,6%) trae origine dal malcontento suscitato da una scelta amministrativa sgradita. Come il caso dell’assessore ai Lavori pubblici Marco Vecchio, a Nicotera in provincia di Vibo Valentia, aggredito per la decisione di chiudere al traffico una via del paese, decisione che avrebbe provocato danni economici a un’attività commerciale gestita da un parente dell’aggressore. Un altro 18% è invece riferibile a una condizione di disagio sociale, legata al lavoro e a difficoltà economiche. Il 17% si riferisce invece a casi di “violenza politica”, estremismi di entrambe le appartenenze politiche. Un altro 13% di minacce è collegato a casi di intolleranza connessi al tema dell’immigrazione e all’accoglienza dei rifugiati.

Il 36% dei 559 casi censiti sono avvenuti in Comuni con oltre 50mila abitanti. Il 16,5% si è verificato in Comuni tra i 20mila e i 50mila abitanti e il restante 47,5% in Comuni inferiori ai 20mila abitanti. Ben 71 atti intimidatori -circa il 13% del totale- si sono verificati in 40 Comuni che sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa. Nel 2019 sono stati 21 i consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose in Italia; 26, invece, i decreti di proroga di precedenti scioglimenti.

“Il rapporto sottolinea che nel periodo primaverile, che precede le elezioni amministrative, le intimidazioni aumentano”, spiega Forleo. Tra marzo e maggio 2019, quando era andato al voto il 48% dei Comuni italiani, si sono verificate 12 intimidazioni a settimana e 58 casi ad aprile. Le minacce rivolte ai candidati sono raddoppiate: sono state il 10% del totale, rispetto al 5,4% registrato nel 2018. “Le intimidazioni possono essere usate per costringere i candidati a farsi da parte. Ma hanno anche l’obiettivo di testare il candidato, soprattutto se si sta presentando per la prima volta, per capire se una volta eletto con lui si potranno stringere rapporti corruttivi e collusivi”.

Per Avviso Pubblico il timore è che, a causa della crisi economica generata dal Covid-19, nel 2020 le minacce e le intimidazioni possano aumentare. “Le mafie stanno già approfittando della situazione per cercare di guadagnare consenso sociale sui territori”, commenta Forleo. “Bisogna tenere la guardia alta”.

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