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Ambiente / Opinioni

In agricoltura i brevetti soffocano l’innovazione

Il sistema della proprietà intellettuale minaccia l’agro-biodiversità nel settore delle sementi. Il caso del “salvataggio” di Verisem. La rubrica di Riccardo Bocci

Tratto da Altreconomia 240 — Settembre 2021
© Jametlene Reskp, Unsplash

In maniera subdola e silenziosa il brevetto si sta imponendo nel settore delle sementi. Sempre di più le multinazionali lo usano per proteggere le nuove varietà, sconvolgendo il mondo agricolo e mettendo in crisi i due pilastri del sistema della proprietà intellettuale usati finora per proteggere le varietà (la cosiddetta privativa vegetale): l’esenzione della ricerca e il privilegio dell’agricoltore. Infatti, la privativa data a chi produce nuove varietà ha due “garanzie” che non si trovano nel brevetto: chiunque può usare l’innovazione come base per produrre nuove varietà e l’agricoltore può riseminare in azienda le sementi prodotte da varietà protette (con una serie di limitazioni). Il brevetto, in più, si applica non solo alle sementi, ma arriva a coprire i prodotti ottenuti da queste. Insomma, un super monopolio dal campo al piatto.

Il rapporto 2021 della campagna “No patents on seeds ci racconta questo processo, evidenziando come le big companies stiano usando lo strumento brevettuale per proteggere le nuove varietà, anche quelle prodotte da miglioramento genetico classico senza l’uso delle biotecnologie. Nel 2020 delle circa 300 domande presentate all’Ufficio europeo dei brevetti, 50 riguardano varietà derivate da procedimenti classici di miglioramento genetico.

Come avrebbe detto lo scrittore Eduardo Galeano, viviamo in un mondo alla rovescia: chi propaganda il libero mercato allo stesso tempo vuole una tutela della proprietà intellettuale sempre più forte e monopolistica. Così monopolistica che finisce per asfissiare il processo innovativo invece di favorirlo. Eppure, non è stato sempre così. Nella prima metà dell’Ottocento i pensatori liberali, in nome del libero mercato, non volevano riconoscere un monopolio agli innovatori: il loro unico vantaggio sarebbe stato il fatto di arrivare prima sul mercato. 

Mentre si racconta la favola del libero mercato, l’innovazione varietale in agricoltura viene rinchiusa dentro monopoli, detenuti da compagnie sempre più grandi e accorpate in grado di determinare e controllare tutta la filiera fino a noi cittadini. Questo modello, inoltre, sta favorendo lo sviluppo di ditte sementiere multinazionali che agiscono di fatto a scapito di un sistema di piccole imprese locali. Il gioco di scatole cinesi tra società multinazionali finirà per distruggere il già debole tessuto economico della nostra industria sementiera. Qualche anno fa è stato il caso della Produttori Sementi Bologna, storico marchio specializzato nei cereali, finito prima in pancia a Syngenta e poi a ChemChina. In questi mesi è in corso un dibattito per “salvare” Verisem, conglomerato che nasce come italiano, che detiene marchi storici come Franchi e Hortus sementi, ma che ormai è una multinazionale. La già citata ChemChina ha messo sul piatto 200 milioni di euro, ma si sta costruendo un consorzio per mantenere l’italianità dell’impresa con capofila Bonifiche Ferraresi.

300. Domande di brevetto su varietà vegetali depositati nel 2020 all’Ufficio europeo dei brevetti.

Ma è veramente garantire l’italianità la soluzione? In realtà i buoi sono già scappati dal recinto da un pezzo, Verisem è già sotto controllo di un fondo di investimenti. Non è tanto importante garantire l’italianità della proprietà, quanto ripensare dalle fondamenta il processo di innovazione varietale e i diritti di proprietà intellettuale a esso legati. Va rimesso in discussione il sistema monopolistico di protezione legato al brevetto e con esso a cascata il business model delle ditte sementiere. Solo così potremo costruire nuovi sistemi sementieri locali diversificati e immaginare un futuro di ditte locali in grado di valorizzare l’agrobiodiversità prodotta dalla ricerca partecipata e decentralizzata. 

Riccardo Bocci è agronomo. Dal 2014 è direttore tecnico della Rete Semi Rurali, rete di associazioni attive nella gestione dinamica della biodiversità agricola.

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