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L’impatto ambientale del nuovo centro logistico di Amazon

A Passo Corese, in provincia di Rieti, è in costruzione un polo del colosso dell’e-commerce che occuperà 222mila metri quadrati. Ma la procedura di valutazione dell’intero progetto di intervento di trasformazione è carente. La denuncia di un’associazione ambientalista

L’impatto ambientale del nuovo centro di distribuzione di Amazon in costruzione a Passo Corese, frazione del Comune di Fara in Sabina, nel Lazio, su oltre 222mila metri quadrati, potrebbe non essere stato correttamente valutato. La denuncia arriva dall’associazione ecologista “Gruppo d’Intervento Giuridico onlus” (GRIG, https://gruppodinterventogiuridicoweb.com), che all’inizio di aprile è tornata a scrivere alle “amministrazioni pubbliche competenti” -dal ministero dei Beni culturali alla Regione Lazio- chiedendogli di “valutare l’opportunità di adozione di provvedimenti sospensivi dei lavori”.

Per capire il perché è necessario fare un passo indietro, tornando a quel Protocollo d’intesa “per lo sviluppo del territorio della Provincia di Rieti” che è stato approvato dalla Giunta regionale guidata da Nicola Zingaretti il 4 agosto 2016. A stipulare l’accordo erano stati diversi soggetti: la Regione, il Consorzio per Sviluppo Industriale della Provincia di Rieti, il Comune di Fara in Sabina (RI), la società Vailog Srl e la Parco Industriale della Sabina Spa. L’obiettivo è la “costituzione di un polo per il commercio on-line” e l’insediamento di Amazon -già presente in Italia a Castel San Giovanni (Piacenza)- definito nel protocollo come un “gruppo imprenditoriale” la cui “consistenza e credibilità rappresentano una grande occasione per le province di Roma e Rieti e, più in generale, per la Regione Lazio, di incrementare l’occupazione”. Nel protocollo non c’è un numero ma ci si limita a immaginare un “consistente numero di dipendenti” vista l’esperienza

A “Vailog” -che si occupa di sviluppo immobiliare logistico- spetta il finanziamento della costruzione dello stabilimento, mentre Amazon, in base a un contratto di locazione, s’impegna ad “assumerne la disponibilità” una volta che questo “sia funzionale alle proprie esigenze”. Il Comune di Fara in Sabina autorizza il progetto e il polo logistico può partire.

Quello di Amazon, però, non è “tutto” l’insediamento. È una parte. Si tratta di 222mila metri quadrati che ricadono in un’area ben più estesa, 180 ettari, di cui 120 con destinazione logistica e industriale, a pochi minuti dal tratto dell’Autostrada A1 che risale verso Orte. Il “promotore” del complessivo “Polo logistico di Passo Corese” è il “Consorzio per lo sviluppo Industriale della Provincia di Rieti”. È lui che dal novembre 2008 ha in tasca il permesso di costruire da parte del Comune di Fara in Sabina. O meglio, aveva in tasca visto che l’ha “volturato” a un’altra società, la Parco Industriale della Sabina Spa, che nel tempo è stata a sua volta beneficiaria di cinque proroghe del permesso che ne hanno fissato il termine dei lavori al 15 dicembre 2018.

La locandina del polo logistico di Passo Corese - tratto da https://gruppodinterventogiuridicoweb.com
La locandina del polo logistico di Passo Corese – tratto da https://gruppodinterventogiuridicoweb.com

La quota più rilevante della “Parco industriale”, il 48%, fa riferimento a “un gruppo di imprenditori reatini” -come indica il Consorzio sul suo sito-, al quale segue un’immobiliare del Gruppo Maccaferri (la Seci Real Estate Spa), la bolognese Strabag, e, solo in coda, gli enti locali (Comune di Fara in Sabina e Provincia di Rieti). Quello che punta a realizzare la società è un “centro vivo di lavoro e servizi”, con 110mila metri quadrati destinati anche a servizi, attività ricettive, terziario, uffici, attrezzature sportive e ricreative.

Da qui è nata la preoccupazione del GRIG. Dal fatto che “allo stato” sarebbe stata effettuata la procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) per le sole opere di “urbanizzazione” del polo logistico, “non considerando il complesso degli interventi, molto più ampio (attività principalmente logistiche e industriali ma con una cospicua parte di territorio da destinare a servizi, attività ricettive, terziario, uffici, attrezzature sportive e ricreative), come richiede la normativa e la giurisprudenza europea e nazionale”. Nel 2007, stando alla documentazione consultata dal GRIG, la Direzione competente in materia di VIA della Regione Lazio avrebbe infatti dato luce verde -con alcune prescrizioni- a una sola parte delle opere del polo logistico. Se così fosse, sarebbe uno “spezzettamento” del progetto complessivo non consentito dalla normativa comunitaria e nazionale.

Ecco il motivo dell’appello e della richiesta formale inviata alle istituzioni -Procura della Repubblica di Rieti compresa- ad aprile, dopo un primo tentativo fatto a dicembre. I lavori potrebbero essere “carenti delle valutazioni ambientali”, spiega il referente Stefano Deliperi, particolarmente sensibile visto che l’area oggetto dell’intervento, tra le altre cose, ricade in parte in un sito d’interesse archeologico (la zona di Cures Sabini, antico centro dei Sabini) e parzialmente sottoposto a vincolo paesaggistico.

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