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Il virus minaccia valori civili e libertà di pensiero. Non si salvano da soli, tocca a noi

© Branimir Balogović - Unsplash

Covid-19 sta uccidendo l’economia, diciamo tutti. Ma quale economia? Dicono in pochi. C’è un settore, delicatissimo e cruciale, che preoccupa più degli altri: quello della piccola editoria, dei piccoli giornali, delle piccole riviste. Loro hanno cantato la libertà di pensiero. È il momento di mettere al sicuro i valori civili e sociali più preziosi. Il commento di Paolo Pileri

Potrà sembrare strano che in un momento come questo, dove ogni sera contiamo i morti e li piangiamo, mi metta a scrivere di altro: di libertà di stampa, di tutela del pluralismo, di protezione del pensiero. E invece è proprio questo il momento.
Siamo tutti più attaccati alla vita che alla morte, è il nostro istinto, ma siamo umani e viviamo in un ambiente complesso che si chiama società. Ci abbiamo messo decenni, secoli e guerre per generare e difendere un’idea di società dove le libertà con i conseguenti diritti civili fossero un pilastro intoccabile, dove il pluralismo un valore, dove non dovevamo nasconderci se avevamo un’idea diversa dal pensiero dominante.

Anche se tutto ciò è stato continuamente minacciato e in parte pure eroso, noi continuiamo a difenderlo. Perché? Perché vogliamo che sopravviva più che noi stessi. Vogliamo che chi viene dopo di noi trovi quel corredo di valori civili, sociali e democratici più robusto di come l’aveva trovato suo padre e suo nonno che hanno lottato con il loro sangue per quello. In questa furia che è Covid-19 stanno accadendo cose terribili e preoccupanti, oltre le morti. E forse, lasciatemelo dire, perfino più preoccupanti delle morti. Quelle un giorno finiranno e allora noi dove saremo? Da dove ripartiremo? Solo se i valori di libertà e democrazia saranno intatti, noi avremo buone basi per ripartire. Altrimenti ci ammazzeremo tra noi, non so con quali armi. Altrimenti avremo giorni bui, forse più di questi. E le basi di ripartenza sono da proteggere oggi.

Questo virus sta uccidendo l’economia, diciamo tutti. Ma quale economia? Dicono in pochi. I governi parlano di massicci aiuti all’economia per farla ripartire. Ma a quale economia? A tutti? Indifferentemente? Ai più forti? Ai più deboli? A chi? Covid-19 sta asfaltando tante economie, ma sicuramente quel tessuto molecolare che da sempre anima il pluralismo della ragione economica italiana sarà la prima vittima. E sarà dura che torni se non la si mette ora in sicurezza. Piccoli artigiani, piccoli professionisti, piccole attività commerciali che già faticavano, soffocate dai grandi sempre più grandi e scaltri, potrebbero sparire per sempre. E con loro sparisce quel poco di linfa che ancora teneva in vita i già flebili territori più lontani dalle città. Subito dopo sarà la volta di quei paesi, di quei villaggi, di quelle aree interne.

Ma c’è un settore, delicatissimo e cruciale, che mi preoccupa più degli altri, ed è quello della piccola editoria, dei piccoli giornali, delle piccole riviste. Ancor più quegli editori che si sono sempre battuti con le unghie e con i denti per rimanere indipendenti. Hanno sempre vissuto di poco e sempre sul filo del rasoio. Ogni fine mese pareva sempre accorciarsi. Eppur si resisteva. La loro resistenza, anche se noi non lo vedevamo, era anche la nostra resistenza perché negli anni hanno tenuto in vita il pluralismo dell’informazione, la libertà di stampa al di là del pensiero dominante. E tutti noi ne abbiamo goduto anche se poco li abbiamo ringraziati. Hanno garantito voce a chi voce non riesce ad avere. Hanno aperto dibattiti che sarebbero rimasti sepolti. Hanno proposto punti di vista che avremmo perso nel fango delle solite cose. Se ho potuto parlare di suolo e di difesa della terra, è anche -e molto- perché loro hanno dato spazio a quel tema quando altri, i più forti, neppur mi rispondevano alle mail.

Loro hanno cantato la libertà di pensiero, anche se spesso era stata già ingabbiata da quelli che la ferivano a morte dicendo che la “necessità non ha legge” e che ora, magari, si sfregano le mani in qualche chat. Quella libertà di pensiero, custodita tra le vite dei piccoli editori, ora è minacciata pesantemente dal virus. Le sacrosante parole dell’articolo 21 della nostra Costituzione, “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, va difeso ora per domani perché se è vero che tutti hanno quel diritto, è anche vero che quel diritto non sopravvive da solo in questo incendio. Piero Calamandrei spiegava agli studenti il sacro compito di difendere la Costituzione, prendendone una copia e sbattendola a terra. A loro diceva che la Costituzione, e i suoi valori, non si sarebbe mai salvati da soli, ma solo con le loro mani e le loro menti. Non potranno difenderla i morti di Covid-19, tocca a noi, vivi, doverla difenderla. Noi parlanti e scriventi e non quelli che se ne stanno zitti, in attesa non si sa di che cosa.

È ora, con i piedi nelle macerie, che i i decisori politici devono occuparsene anziché blaterare propagande elettorali. Questo è il momento di mettere al sicuro i valori civili e sociali più preziosi. Se questo incendio devastante si porta via anche tutto quel che di migliore abbiamo messo per fare quel pavimento di valori sul quale oggi camminiamo, sarà durissima fare i prossimi passi. Bisogna scegliere chi salvare per primo. Se si lascia al caso, si lascia alla legge dell’egoismo e della speculazione. E queste non promettono giorni migliori dell’assaggio di privazione di libertà che viviamo oggi.

Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “100 parole per salvare il suolo” (Altreconomia, 2018)

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