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Ambiente

Il sole, finalmente

Dopo mesi di incertezze, arriva il nuovo programma di incentivazione per i pannelli fotovoltaici. Eccone un’analisi nelle parole di Gianni Silvestrini

Tratto da Altreconomia 128 — Giugno 2011
Dopo il blocco deciso dal governo all’inizio di marzo si è discusso per molte settimane degli incentivi al settore fotovoltaico. Illustri editorialisti si sono spesi per chiederne una sostanziale riduzione, mentre il settore era in rivolta per la situazione di incertezza creatasi. 

Ora il nuovo sistema è stato finalmente definito e abbiamo chiesto a Gianni Silvestrini di aiutarci a ripercorrere questi mesi intensi. 
“Alla fine del 2010 si è generata una frenetica corsa alla realizzazione dei nuovi impianti, giustificata solo in parte dalla riduzione degli incentivi. La situazione è scappata di mano: le installazioni previste per il 2010 erano infatti pari a circa 1500 MW, in realtà si sono probabilmente superati i 5000 MW. Evidentemente gli incentivi erano troppo elevati per le reali condizioni di mercato in Italia e il cosiddetto decreto ‘Salva Alcoa’ ha determinato una corsa irrazionale”.

Quindi giudica positivamente l’intervento del governo?

“Ovviamente non si dovrebbe mai intervenire cambiando le regole del gioco in corsa. Ma se una tecnologia passa dai 120 MW installati nel 2007 a 5000 MW installati nel 2010, con altre decine di migliaia di MW in lista d’attesa si deve intervenire. 
Piuttosto ritengo che si potessero anticipare gli eventi. Ad esempio si poteva monitorare l’andamento delle richieste di allacciamento, che vengono presentate prima che un impianto venga terminato. 
Le richieste a fine 2010 erano superiori di cinquanta volte rispetto al 2009.
Questi due mesi di tensioni hanno fatto comprendere al governo le caratteristiche di questo mercato. È un mercato in rapida espansione e i prezzi evolvono continuamente. Inoltre, contrariamente a quanto normalmente si pensa, le imprese italiane hanno un ruolo importante e in continua crescita: i soldi non finiscono tutti in Cina… 
Secondo l’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, vi sono 800 imprese italiane operanti in questo settore. Si stima che circa il 42% dei profitti generati nel 2010 siano rimasti in Italia, due anni prima era solo il 28%”. 

Il 6 maggio è stato firmato il nuovo decreto: quali sono le principali novità?

“Intanto si distingue chiaramente tra ‘grandi’ impianti e ‘piccoli’ impianti e tra impianti su edificio o a terra. 
Per i ‘piccoli’ impianti si definisce un quadro certo degli incentivi fino al 2016. Gli operatori di mercato possono quindi operare con grande serenità. È stato poi aumentato il premio concesso agli impianti realizzati in sostituzione di coperture in amianto. Penso che ci saranno ottime prospettive per gli impianti su edifici anche di dimensioni importanti, fino a 10.000 metri quadrati.
Per gli impianti a terra, viene invece introdotto un meccanismo a prenotazione, attraverso un apposito registro informatico. Quindi i grandi impianti potranno essere finanziati solo fino al raggiungimento di soglie definite. In questo modo si definisce un limite alla spesa complessiva prevista. Una scelta che penalizzerà fortemente gli impianti a terra. Si realizzerà solo una parte di quelli in fase avanzata di autorizzazione, ma si bloccheranno nuove realizzazioni.
L’obiettivo complessivo è quello di raggiungere i 23.000 MW entro il 2016, con una prospettiva per il 2020 di circa 30.000 GW. In questo caso il fotovoltaico produrrebbe il 10% dell’energia consumata in Italia: un risultato inimmaginabile fino a pochissimo tempo fa”. 

Quali sono invece i principali limiti del provvedimento?

“Avrei preferito che il governo incentivasse anche l’innovazione, con un intervento che inevitabilmente andrebbe a interessare soprattutto i centri di ricerca e le imprese italiane. Invece noi ci troviamo con 800 imprese che sono nate da sole senza sostegno dello Stato. La ricerca che si riesce a fare è tutta sulle loro spalle”. 

Un impianto fotovoltaico che entra in funzione ha diritto ad un incentivo di durata ventennale, che inevitabilmente viene poi caricato sulle nostre bollette.  Quanto si prevede di spendere complessivamente?

“I costi previsti sono di circa 6-7 miliardi di euro l’anno. Una cifra importante ma ragionevole, se riuscirà a consolidare il settore e a far crescere un’industria italiana. 
Si stima infatti che a partire dal 2016-2017 il fotovoltaico non avrà più bisogno di incentivi, perché avrà dei costi che renderanno comunque interessante la tecnologia. A quel punto sarà aperta una sfida a livello globale e l’Italia potrà giocare un ruolo importante. In particolare vedo che molte aziende italiane si stanno dedicando all’integrazione delle celle fotovoltaiche nei componenti edilizi come superfici vetrate, tegole e altre tecnologie di facciata o di copertura. Si tratta di un vero lavoro di sartoria, dove abbiamo maggiori capacità rispetto ai nostri concorrenti grazie alla valorizzazione dell’Italian solar design”.

A parte i benefici che ci attendiamo in prospettiva, possiamo già oggi apprezzare effetti positivi del successo delle rinnovabili, e in particolare del fotovoltaico?

"I benefici economici sono immediati e molto rilevanti, anche se risulta complicato quantificarli con precisione.
Intanto per lo Stato si genera un beneficio immediato dato dall’Iva e dalle altre tasse pagate dalle imprese e dagli installatori. 
Ma soprattutto lo sviluppo delle rinnovabili ha un effetto calmierante sul prezzo medio dell’elettricità. Infatti gli impianti fotovoltaici producono interamente durante il giorno, cioè nei momenti di picco e consentono quindi di tenere spenti gli impianti termoelettrici più cari. Inoltre, è più facile per l’Italia soddisfare i limiti europei per le emissioni di gas serra. Se superassimo le quote nazionali assegnate, dovremmo pagare penali pari a 17 euro per tonnellata di CO2 emessa”.

Possiamo quindi dire che l’Italia è pronta ad affrontare la sfida della rivoluzione energetica prossima ventura?

“Io credo che ancora manchi una reale strategia globale. Larga parte del nostro mondo politico e imprenditoriale non aveva capito fino a poco tempo fa che il mondo dell’energia stava cambiando. Ancora oggi in parte arranca. 
Ad esempio, nonostante ci siano già molte più centrali termoelettriche (a gas o a carbone) di quanto necessario, ci sono domande per aprire nuove centrali, che una volta realizzate non sapranno a chi vendere l’elettricità. Per non parlare del piano di sviluppo nucleare, che non vedrà mai la luce.
D’altra parte lo sviluppo degli impianti eolici e fotovoltaici determina una produzione estremamente variabile nel tempo. Già oggi gli impianti eolici sono costretti a rimanere spenti per circa il 10-15% del tempo, perché generano più energia di quanta la rete di trasmissione sia in grado di assorbire. 
Abbiamo oggi circa 200.000 impianti fotovoltaici, arriveremo a un milione entro il 2017. Il nostro Paese ha quindi l’urgenza di partire con lo sviluppo delle reti intelligenti, le cosiddette smart grid. Le nuove reti devono avere la capacità e la possibilità di gestire la domanda, cambiando il ruolo dell’utente finale da passivo ad attivo. Anche in questo caso abbiamo la possibilità di porci all’avanguardia ed arrivare preparati a esportare tecnologie ed esperienze quando anche gli altri Paesi dovranno affrontare gli stessi problemi”.

L’energia in rete

La liberalizzazione del mercato elettrico europeo ha aperto spazi inediti per l’azione in prima persona di privati cittadini singoli o associati. Infatti “privato” non significa necessariamente monopolio od oligopolio. Oggi è possibile approfittare al meglio degli incentivi alle fonti rinnovabili. 

Sono attive diverse esperienze, come gruppi d’acquisto o impianti a proprietà collettiva. In tutti i casi i processi attivati aiutano l’utente del sistema energetico ad aumentare la propria consapevolezza e a ridurre l’impatto ambientale dei consumi energetici. Spesso le metodologie adottate sono “open-source” e quindi di fatto liberamente replicabili.

La Cooperativa Retenergie è una delle esperienze più interessanti. Da qualche settimana sono attivi i suoi primi impianti rinnovabili. Si tratta di tre impianti fotovoltaici montati su tetto per una potenza complessiva di quasi 100 kW. Due impianti sono in provincia di Cuneo e uno in provincia di Bologna.

L’attività della cooperativa prevede la costituzione di nodi territoriali che promuovano la realizzazione di impianti. Sono attivi nodi in Emilia, in Piemonte, in Veneto, in Liguria, nelle Marche e in Lombardia.
Il nodo Lombardo è stato promosso dal Gruppo Energia di Intergas, il coordinamento dei gruppi d’acquisto solidali di Milano. Proprio alle porte di Milano è in progetto uno dei prossimi impianti di Retenergie, che verrà realizzato in sostituzione di una copertura in amianto presso la Cascina Santa Brera di San Giuliano Milanese. Altri impianti fotovoltaici sono in via di realizzazione. Retenergie spera poi di ottenere entro il 2011 tutte le autorizzazioni necessarie a realizzare anche i suoi primi due impianti idroelettrici, sempre a basso impatto ambientale, ormai progettati circa tre anni fa.

I soci di Retenergie, attraverso il capitale sociale, contribuiscono alla costruzione di nuovi impianti. Al momento la cooperativa comprende circa 300 soci, per un capitale pari a oltre 360.000 euro. 



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