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Economia / Attualità

“Il sistema di tassazione è programmato per fallire”. Una petizione punta a stanare le multinazionali in Europa

Per Alex Cobham, direttore di Tax Justisce Network, la pandemia ha evidenziato il fallimento dei governi nella lotta all’evasione fiscale dei colossi. Per contrastarla è necessaria un’iniziativa internazionale, con l’impegno delle Nazioni Unite. Intanto al Consiglio dell’Ue una proposta positiva in tema di trasparenza ed equità è contrastata dal ministro dell’Economia della Germania

Ogni anno l’evasione fiscale delle multinazionali sottrae ai bilanci pubblici degli Stati tra i 500 e i 600 miliardi di dollari. E la ricchezza privata accumulata nei paradisi offshore ammonta a 7mila miliardi di dollari, un decimo del Prodotto interno lordo mondiale. Queste mancate imposte indeboliscono i Paesi proprio mentre questi sono alla ricerca di risorse per fronteggiare la crisi sanitaria ed economica da Covid-19.

A rimettere in fila questi dati, a fine settembre 2020, è stato il Gruppo di lavoro su responsabilità, trasparenza e integrità finanziaria internazionale (Facti) istituito nel marzo di quest’anno dalle Nazioni Unite, che comprende al suo interno figure di spicco come ex capi di Stato e primi ministri, accademici e governatori delle banche centrali. Il Facti si colloca nell’ambito dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’Onu e i suoi obiettivi riguardano la lotta all’evasione fiscale, la corruzione e il riciclaggio (nell’arco di un anno i capitali illeciti reimmessi nel mercato mondiale ammonterebbero a circa 1,6mila miliardi di dollari).

La realtà dell’evasione fiscale è nota tanto che dal 2003 è specifico oggetto delle analisi di Tax Justice Network (TJN), una rete internazionale indipendente attiva nell’analisi del sistema di tassazione globale e dei paradisi fiscali e nella denuncia costruttiva delle criticità. “Il sistema globale di tassazione non è guasto ma programmato per fallire”, ha ricordato Alex Cobham, direttore generale di TJN, nel commentare il rapporto Facti. “Per decenni le multinazionali e i miliardari hanno esercitato pressioni sui governi affinchè programmassero il sistema fiscale in modo da lasciare loro al di sopra del diritto, ignorando le necessità di chiunque altro. La pandemia ha soltanto messo in luce quanto siano gravi le conseguenze di questo fallimento”.

Le misure individuate dal Facti come necessarie, prosegue ancora l’analisi di Cobham, sono chiare e ruotano attorno a un punto chiave: all’interno del diritto internazionale e delle convenzioni Onu, manca una cornice normativa che si rivolga specificamente alla tassazione internazionale. Il direttore di TJN indica l’esempio delle convenzioni sulla corruzione e sulla criminalità organizzata transnazionale che riescono a raggiungere una copertura quasi universale: “Nessuno Stato può pensare di rivedere da solo il sistema fiscale globale”. E così sono le Nazioni Unite ad avere in mano la chiave per colpire un sistema che ha ripercussioni enormi e che vede società e gruppi multinazionali con proprietà anonime, individui responsabili di corruzione e garantiti da un’immunità, dati relativi alle società offshore assenti per la mancanza di statistiche pubbliche.

Se le Nazioni Unite sono individuate come l’organo capace di imprimere una svolta, vi è invece per questo ruolo una bocciatura dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). Quello che viene definito da Cobham come “il club dei Paesi ricchi” ha avuto negli anni la possibilità di cambiare la situazione, ad esempio attraverso il Common reporting standard (CRS), legislazione sviluppata per favorire uno scambio di informazioni a livello globale: l’Ocse si è però rivelata inadeguata, incerta e troppo influenzabile dalle multinazionali. “Farci affidamento significherebbe ripetere un errore -riconosce il direttore di Tax Justice Network- aspettandosi un risultato differente”.

Il rapporto finale del Facti uscirà nel febbraio 2021: nei mesi che vanno da qui alla pubblicazione si confronterà con i leader mondiali. Gli analisti di TJN sono certi che gli Stati dove si concentrano i maggiori interessi finanziari, su tutti Stati Uniti e Regno Unito, cercheranno di ostacolare il lavoro: dal grado di successo di tali pressioni dipenderanno le raccomandazioni del gruppo di lavoro su come correggere la situazione attuale.

Ma non c’è tempo da perdere, insiste Nick Shaxson, giornalista e membro di Tax Justice Network. A fine ottobre infatti è stata lanciata una petizione tra gli altri anche da Campact e dal Corporate europe observatory che chiede al Consiglio europeo e in generale all’intera Unione una maggiore trasparenza in ambito fiscale e un cambio di passo verso i gruppi multinazionali. L’istanza nasce di fronte all’attuale opposizione del ministro dell’Economia tedesco Peter Altmaier a quella che potrebbe essere una costruttiva ipotesi di riforma. “Le multinazionali stanno realizzando miliardi di profitti in Europa eppure non pagano praticamente alcuna tassa -si legge nella petizione-. Ecco la nostra richiesta: smettete di sostenere le multinazionali che celano la loro infedeltà fiscale alla cittadinanza. Le società devono far sapere quanto guadagnano in ogni Paese e quanto pagano di tasse (il cosiddetto Public Country By Country Reporting, pCBCR). Accrescere la trasparenza sarebbe un passo importante per fermare i trucchi fiscali delle imprese”. E ancora: “Una nuova proposta di legge per introdurre il pCBCR ha finalmente la maggioranza nel Consiglio dell’Ue e, in qualità di attuale presidente, la Germania può decidere di mettere questa proposta legislativa all’ordine del giorno del Consiglio ‘competitività’ per una votazione, anche se si astiene. Cogliete questa opportunità per aumentare la giustizia fiscale in Europa”. Sfruttare la congiuntura favorevole, come scrivono gli analisti di TJN, è determinante, con buona pace del ministro Altmaier.

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