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Il ritrovamento del campo di sterminio della criminalità organizzata di Teuchitlán in Messico

Un gruppo di madri di desaparecidos della guerra tra lo Stato e i cartelli del narcotraffico ha localizzato un ranch vicino alla città di Guadalajara che sta indignando l’opinione pubblica e ha portato molti analisti a fare un paragone con Auschwitz. Si pensa sia un campo di addestramento e sterminio del cartello Jalisco Nueva Generación: rintracciati 400 paia di scarpe e vestiti ammucchiati, valigie, frammenti di resti umani e tre forni crematori
Il ranch Izaguirre non aveva i sigilli della polizia quando il collettivo Familias de personas desaparecidas Guerreros buscadores de Jalisco (Famiglie di persone scomparse Guerrieri cercatori del Jalisco) si è avvicinato al suo portone, all’inizio di marzo 2025.
Le Guerreros buscadores, uno dei tanti collettivi messicani di genitori, soprattutto madri, di desaparecidos del Messico, si sono stupite di non trovarli visto che il ranch di 10mila metri quadrati, che si trova nel Comune di Teuchitlán, nello Stato del Jalisco, era sotto la custodia delle forze dell’ordine che sei mesi prima avevano rinvenuto al suo interno un “narco-accampamento”.
Una volta entrate le Guerreros buscadores hanno trovato ammucchiati 154 paia di scarpe, 435 capi di vestiario e 18 valigie, oltre a tre forni circondati da frammenti ossei umani semi-cremati. Hanno rinvenuto anche delle lettere: “Amore mio, se non torno ricordati quanto ti amo”, si legge in una di queste scritta nel 2003.
Le madri dei desaparecidos hanno avuto un’intuizione raccapricciante: il cartello di Jalisco Nueva Generación usava il ranch come centro di addestramento e detenzione clandestino e bruciava i cadaveri delle persone che uccideva per farne sparire le tracce. Si sono poi chieste come fosse possibile che le autorità, che avevano ispezionato l’immobile, non avessero rinvenuto gli oggetti personali, i forni e i frammenti ossei.
“Il ranch è molto grande e non li abbiamo visti”, ha risposto la Procura, causando rabbia tra i genitori dei desaparecidos che pensano invece si tratti di un tentativo, da parte delle autorità, di insabbiare la questione.
In Messico i desaparecidos sono più di 125mila, quasi tutti vittime della guerra al narcotraffico che l’ex presidente Felipe Calderón ha iniziato alla fine del 2006. Questa non ha indebolito i cartelli criminali, che da allora sono cresciuti insieme alla militarizzazione del territorio, con pessime conseguenze sul rispetto dei diritti umani. Nel Paese si registrano in media 30 sparizioni al giorno ed è evidente che buona parte di queste persone non hanno nulla a che fare con la criminalità organizzata. Perché le organizzazioni criminali sequestrano, uccidono e fanno sparire delle persone innocenti? È una delle domande più difficili del Messico contemporaneo e l’inchiesta delle madri di Guerreros unidos offre delle possibili risposte.
Dopo essere entrate nel ranch Izaguirre hanno iniziato a raccogliere le testimonianze di persone che sono riuscite a scappare da quel luogo. Hanno così scoperto che il cartello di Jalisco Nueva Generación attirava i giovani grazie a false offerte di lavoro che pubblicava su internet, con salari piuttosto alti. La comunicazione con gli aspiranti lavoratori avveniva tramite WhatsApp: veniva dato loro un appuntamento alla stazione degli autobus e da quel viaggio non tornavano mai più.
Secondo le testimonianze, erano sottoposti a un addestramento obbligatorio e disumanizzante, finalizzato al reclutamento forzato nelle file del cartello. I giovani che venivano preparati per essere sicari erano obbligati a combattere tra loro come nel Colosseo, e a torturare o uccidere gli altri detenuti quando si rifiutavano di partecipare all’addestramento o cercavano di scappare. I testimoni parlano anche di esperimenti medici e vendita di organi.
Secondo l’accademica e giornalista messicana Alejandra Guillén González, nel ranch Izaguirre le vittime venivano trasformate in carnefici. “Lì il cartello distruggeva la soggettività e psiche delle persone, le disfaceva, rompeva loro l’anima -ha spiegato durante un’intervista con il portale messicano ¿Adónde van los desaparecidos?-. Non è una cattiveria spontanea ma c’è un piano molto chiaro che ha una sua logica ed è finalizzato a convertire le vittime in carnefici. È lo stesso meccanismo che descrive Primo Levi quando racconta la sua esperienza nel campo di concentramento: se hai fame e vivi in condizioni disumane tutto quello che fai è cercare di sopravvivere. Se questo implica uccidere uno dei tuoi compagni […] secondo me è troppo facile accusare di collaborazionismo chi accetta di farlo”.
Per la giornalista messicana luoghi di questo tipo ci dicono anche un’altra cosa: non tutti i desaparecidos sono morti. Alcuni sono vivi e costretti a lavorare per la criminalità organizzata. Inoltre sarebbe un errore pensare che tutti i capi di vestiario trovati nel ranch appartengano a persone che sono state assassinate. Le foto dei vestiti, che sono state sistematizzate in un sito web, sono uno strumento prezioso per i familiari dei desaparecidos che, consultandole, possono trovare un capo della persona che stanno cercando che rappresenta una traccia del suo passaggio da quel luogo.
“I resti ossei sono tutti uguali ma i vestiti, gli oggetti, umanizzano la perdita: hanno un valore simbolico chiave, sono l’ultima traccia, l’ultimo segno di una presenza -aggiunge lo psicologo Carlos Beristain, specializzato nell’accompagnamento psicosociale di vittime della violenza-. Le foto dei vestiti portano con sé dei significati possibili, non solo testimoniano che la persona è stata in quel luogo, in qualche modo ci dicono anche che cosa le è successo, che cosa le hanno fatto”.
Allo stesso tempo, però, anche se i familiari della persona scomparsa vedessero i vestiti dei loro cari, non riuscirebbero a rispondere alle domande che li tormentano: è vivo o è morto? Dove si trova ora?

Alejandra Guillén González, che nel 2019 ha pubblicato un reportage in cui descriveva un “circuito della sparizione” molto simile in un Comune limitrofo a Teuchitlán -giovani attirati con false promesse di lavoro, addestrati e obbligati a lavorare come sicari o come guardie armate nei campi in cui si coltiva droga-, afferma che sono state date varie definizioni a luoghi come il ranch Izaguirre. “Campo di sterminio” è forse quella più usata ma in fondo “come società ci mancano parole per nominare posti di questo tipo”, conclude.
Di ranch Izaguirre ne esistono tanti in Messico ma il suo ritrovamento ha comunque mosso qualcosa di profondo nella società messicana, forse a causa della sua dimensione e delle foto delle montagne di vestiti e scarpe che ricordano i lager nazisti. Manifestazioni, sit-in e fiaccolate sono state organizzati in tutto il Paese.
“Chi può gestire un centro di sterminio e reclutamento senza l’appoggio dello Stato? Come si possono trasportare tante persone e farle sparire senza che esistano tracce nei documenti della procura e nelle scrivanie degli uffici del governo?”, scrive il Grupo de trabajo contra la desaparición en Chiapas (Gruppo di lavoro contro le sparizioni in Chiapas), che ha organizzato un raduno a 1.500 chilometri del ranch Izaguirre.
Per i crimini avvenuti in Jalisco finora sono state arrestate dodici persone, tra cui el comandante Lastra, considerato il principale responsabile del reclutamento e del funzionamento del “campo di sterminio” tra maggio del 2024 e marzo 2025.
“Non daremo spazio all’impunità”, ha assicurato la presidente Claudia Sheinbaum, anche se in Messico il tasso d’impunità per il delitto di sparizione di persona arriva al 99%. Sheinbaum ha poi presentato una serie di riforme alla legge sulle sparizioni forzate che sono state accolte con scetticismo dalle organizzazioni a favore dei diritti umani e dai familiari delle vittime, che chiedono invece di essere coinvolti nella pianificazione delle politiche pubbliche in materia di sparizioni.
I familiari dei desaparecidos continuano a protestare e, soprattutto, non smettono di cercare. Fanno il lavoro che le autorità non svolgono: organizzano brigate in cui, con picconi e pale, vanno alla ricerca di possibili fosse clandestine nelle campagne di tutto il Messico. L’ultima brigata nazionale è stata il 19 e 20 aprile di quest’anno e hanno partecipato 70 collettivi di genitori di desaparecidos. “La nostra lotta è autonoma, indipendente dai partiti politici. Continueremo fino a quando non troveremo i nostri cari”.
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