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Altre Economie

Il ritorno del verde – Ae 87 –

La sicurezza alimentare fa rima con prodotto locale, e magari biologico. E non ha niente a che fare con gli ogm Qualche settimana fa, il quotidiano spagnolo El Pais ha pubblicato una vignetta con due spighe di grano che si…

Tratto da Altreconomia 87 — Ottobre 2007

La sicurezza alimentare fa rima con prodotto locale, e magari biologico. E non ha niente a che fare con gli ogm


Qualche settimana fa, il quotidiano spagnolo El Pais ha pubblicato una vignetta con due spighe di grano che si stagliano all’orizzonte; la didascalia dice: “Queremos ser pan, no biodiesel”, vogliamo essere pane, non biocarburante. Il prezzo dei cereali aumenta anche da noi, non soltanto

in Messico, dove il costo delle tortillas -l’alimento base della popolazione- è andato alle stelle in pochi mesi.

A Milano i panificatori sono in rivolta. Gli importatori di cereali dicono di fare sempre più fatica a trovare gli approvvigionamenti sul mercato. E i prezzi volano. Il caro-farina è tema di inchieste e servizi giornalistici. Da luglio il grano tenero è passato da 180 a 250 euro la tonnellata. Questa volta non sono solo le speculazioni sul mercato delle commodity, non sono solo i cambiamenti climatici e la siccità che quest’anno ha dimezzato il raccolto australiano, e neanche soltanto l’aumento della domanda di generi alimentari che produce questa scarsità. E forse neanche la follia di usare i cereali per realizzare carburanti “verdi” (appunto i biocarburanti). Sono tutte queste cose insieme. Ed è sorprendente come gli scenari di produzione e consumo disegnati pochi anni fa, siano già tramontati. Si torna a parlare sempre più spesso di scorte alimentari, e anche con qualche preoccupazione, vista la scarsa e lenta capacità di autoregolamentazione dei mercati e della produzione.

Anche gli allevatori italiani sono in fibrillazione. Il mercato chiede sempre più latte, e il sistema delle “quote latte” europee pare non avere più senso. Adesso bisognerebbe essere in grado di produrre di più, ma per il momento non si può. Ricordate i trattori per le strade, per protestare contro l’Unione europea

e i tagli alla produzione? In pochi anni la situazione si è rovesciata, stiamo passando dalla sovrapproduzione

a una situazione di scarsità.

Il futuro davvero non è già stabilito, dipende dalle scelte che si fanno o si ha paura di fare oggi. Così in Italia si torna un po’ a parlare di agricoltura, e non come di un aspetto marginale della nostra economia; agricoltura significa anche legame e tutela del territorio, attenzione all’ambiente, ai paesaggi e agli abitanti. La consultazione nazionale (partita il 15 settembre durerà fino al 15 novembre) su ogm e modello alimentare punta proprio su questa centralità.

In questi anni noi di Altreconomia abbiamo dato conto di questo risveglio del mondo agricolo raccontando di uomini e donne che, inseguendo un nuovo stile di vita, hanno scelto l’agricoltura e di andare a vivere in campagna. Vita dura, in alcuni casi durissima. Ma, se davvero il vento sta cambiando, per quanto riguarda domanda e qualità, queste “piccole economie” potrebbero avere nuovi spazi e opportunità. Non si tratta soltanto di scelte individuali: il biologico per esempio in Italia ha avuto uno sviluppo fondamentale quando le amministrazioni pubbliche, in particolare le mense scolastiche, hanno deciso di inserire nei loro capitolati frutta e verdura bio. Nel 1996, in Italia c’erano solo 69 mense bio, nel 2006 si è arrivati a quota 658 (fonte: Biobank). L’anno di svolta è stato il 2000, quando il numero delle mense bio è arrivato a 200, con un incremento dell’81% rispetto all’anno precedente.

La crescita è proseguita a ritmi sostenuti. A fare decollare il settore (le aziende di ristorazione che si occupano delle mense scolastiche biologiche sono quasi decuplicate in dieci anni) ha contribuito in modo decisivo la legge Finanziaria del 2000. L’articolo 59 del testo, infatti, sollecitava le istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche e ospedaliere a prevedere l’utilizzo di prodotti biologici, tipici e tradizionali e a denominazione protetta. Nel 1996 i pasti bio nelle mense scolastiche erano 24 mila: oggi, secondo Biobank, arrivano a un milione (con Roma in testa, con 140 mila bio ogni giorno). Potenza della legislazione. Cibo biologico e qualità dell’alimentazione prendono sempre più spazio nei nostri consumi. Altreconomia ha dedicato a Slow Food la copertina di gennaio 2007, ovvero alla realtà che in questi anni più di ogni altra, più anche delle istituzioni, ha guidato la rinascita della buona tavola e della “buona terra” (tanto da dedicare a “Terra madre” un salone internazionale a Torino), fino a diventare una “multinazionale del gusto”. Il cibo è uno nodo fondamentale quando si parla di stili di vita: fa parte di un’attenzione all’ambiente anche la scelta di consumare prodotti “a chilometro zero” o da “filiera corta”, espressioni per dire “coltivati vicino a casa”. Un’utopia? Forse. Bisognerà tornare a parlare di sicurezza alimentare: noi l’abbiamno fatto con il numero 3 (gennaio 2000), quando abbiamo messo in copertina L’azzardo nel piatto (sugli ogm) e, ancora, nel dicembre 2006, quando, dopo l’allarme per l’influenza Sars che ha colpito gli allevamenti di polli, i consumi in tutto il mondo sono crollati, mettendo in crisi un’intero comparto. L’economia dei polli titolavamo allora, riferendoci sì all’industria dei polli ma anche a noi consumatori. Che non guardiamo più quello che mettiamo nel piatto.

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