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Il referendum di Berlino per espropriare le case sfitte dei colossi immobiliari

Il 26 settembre i berlinesi decideranno se oltre 240mila abitazioni inutilizzate di proprietà di grandi società potranno essere espropriate e acquisite dall’amministrazione locale. L’obiettivo dell’iniziativa è contrastare l’aumento degli affitti, raddoppiato negli ultimi dieci anni

Berlino © Adam Vradenburg - Unsplash

Oltre alle elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento, domenica 26 settembre i cittadini di Berlino saranno chiamati a decidere su un quesito referendario riguardante l’esproprio di oltre 240mila appartamenti di proprietà di colossi immobiliari. Nell’ultimo decennio il mercato della casa berlinese ha subìto infatti una radicale trasformazione portando il costo medio degli affitti a raddoppiare. Nel 2020 il Parlamento cittadino, guidato dal sindaco Michael Müller, aveva provato ad arginare il fenomeno approvando una legge per imporre un tetto massimo agli affitti, che fu però bocciata dalla Corte costituzionale tedesca per illegittimità.

A Berlino l’80% degli abitanti vive in affitto mentre poche grandi aziende detengono centinaia di migliaia di appartamenti -la sola Deutsche Wohnen ne possiede più di 100mila-, in larga parte inutilizzati così da mantenere alto il costo dell’affitto. Ecco perché i cittadini hanno formato dei comitati per combattere questo fenomeno.

La loro iniziativa punta a espropriare oltre 240mila proprietà sfitte appartenenti ai colossi dell’immobiliare, ossia le aziende che possiedono più di 3mila immobili, con l’esclusione di cooperative ed enti senza scopo di lucro. Le società verrebbero indennizzate con un compenso stimato al ribasso rispetto all’attuale valore di mercato, mentre i beni sarebbero trasferiti a una società di diritto pubblico per una gestione basata su principi di solidarietà e uguaglianza. L’iniziativa poggia sull’articolo 15 della Costituzione tedesca che permette l’esproprio di terreni e mezzi di produzione se questo è eseguito per il bene della società.

Il comitato, chiamato “Deutsche Wohnen & Co enteignen” (“Espropriare Deutsche Wohnen”, con esplicito riferimento al colosso immobiliare tedesco), ha iniziato la sua campagna nel 2018 con lo scopo di proporre un referendum consultivo non vincolante sulla questione. Dopo aver realizzato una prima raccolta firme e una prima stima del costo dell’operazione, la proposta è stata girata al Senato della Repubblica federale perché ne confermasse la legalità. Ottenuto il via libera e la raccolta di più di 180mila firme, il referendum è stato approvato e fissato per il 26 settembre insieme alle elezioni nazionali.

Secondo Alessandro Mortarino, coordinatore del forum nazionale Salviamo il paesaggio, la situazione in Italia presenta analogie ma anche profonde differenze. Se a Berlino l’80% delle famiglie è in affitto, “noi abbiamo una situazione al contrario, più dell’80% delle famiglie ha alloggi di proprietà”, spiega Mortarino ad Altreconomia. Nonostante queste differenze, si riscontra un problema comune alla base, ovvero “una continua edificazione in tutte le aree quando esiste un patrimonio inutilizzato molto rilevante”. In pratica si preferisce costruire nuovi alloggi, con relativo consumo di suolo, piuttosto che utilizzare i molti sfitti.

Un’ulteriore ragione dietro il rincaro degli affitti in molte città italiane, secondo Mortarino, sta nelle grandi compagnie che accumulano un’ingente quantità di appartamenti e proprietà, spesso dedicandoli ad affitti a breve termine. Da tempo in Italia organizzazioni e comitati stanno combattendo questi fenomeni. “Se dovesse esserci un ‘Sì’ a Berlino -conclude Mortarino- sarebbe un elemento interessante per sviluppare un’iniziativa simile anche in Italia”.

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