Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Altre Economie

Il presidente militante – Ae 65

Numero 65, ottobre 2005 L’ideatore del “Contratto mondiale sull’acqua” è stato scelto da Nichi Vendola per guidare l’acquedotto più grande d’Europa. Obiettivo: trasformare l’azienda da spa ad Agenzia dell’acqua bene comune L’Acquedotto pugliese in mano a Riccardo Petrella, “militante dell’acqua”….

Tratto da Altreconomia 65 — Ottobre 2005

Numero 65, ottobre 2005

L’ideatore del “Contratto mondiale sull’acqua” è stato scelto da Nichi Vendola per guidare l’acquedotto più grande d’Europa. Obiettivo: trasformare l’azienda da spa ad Agenzia dell’acqua bene comune

L’Acquedotto pugliese in mano a Riccardo Petrella, “militante dell’acqua”.

L’aveva detto Nichi Vendola, neo presidente della Regione Puglia: “Il mio acquedotto nasce con la bandiera della ripubblicizzazione”. Parola mantenuta: alla guida del più grande acquedotto europeo (e tra i primi al mondo) per estensione Vendola ha chiamato Riccardo Petrella, docente universitario in Belgio e Svizzera, fondatore del “Gruppo di Lisbona”, ma soprattutto anima del “Contratto mondiale sull’acqua”, che si batte da anni perché l’accesso all’acqua venga garantito a tutti, a Nord come a Sud, contro ogni tipo di privatizzazione di un bene primario essenziale alla vita.

Una nomina che ha una grande valenza politica quella di Petrella, destinata a far ripercorrere a ritroso la strada intrapresa dall’Aqp, prima ente pubblico, dal 1999 società per azioni (100% in mano alla regione Puglia). Oggi Petrella dice: “Il partenariato pubblico-privato non funziona. Oltre alla proprietà e al controllo, anche la gestione delle reti dev’essere in mano ai cittadini”.

Petrella, come nasce questa presidenza?

Nasce dall’incontro di due strade. Da anni “recito” i principi del “Manifesto dell’acqua”, dicendo che l’acqua è fonte insostituibile di vita e, di conseguenza, bene comune, che l’accesso all’acqua (e a quella potabile in particolare) è un diritto che va garantito a tutti, che della copertura finanziaria di quest’accesso deve farsene carico la collettività, e che, infine, la gestione deve essere in mano ai cittadini. Poi è arrivato Nichi Vendola, che nel suo programma elettorale aveva due priorità -salute e acqua-, e che è tra i fondatori dell’“Associazione degli eletti e dei parlamentari italiani per il Contratto mondiale sull’acqua”. Quando ha vinto mi ha chiesto di occuparmi dell’acquedotto, di lavorare alla ripubblicizzazione: non potevo tirarmi indietro.

Qual è l’obiettivo?

Il mandato triennale che mi è stato conferito punta alla trasformazione dell’Aqp da società per azioni in “Agenzia dell’acqua bene comune”, quindi in un laboratorio di cultura dei beni comuni per il Mezzogiorno e per tutto il Mediterraneo.

In altre parole?

I pugliesi dovranno arrivare a considerare l’acqua un bene comune -cui tutti possono accedere e dove, come dicevamo, gli eventuali costi sono coperti dalla collettività- recuperando così un concetto della cultura mediterranea, che è stato dimenticato, visto che i Paesi del Mediterraneo hanno scelto la mercificazione dell’acqua.

L’Aqp è una spa totalmente controllata dalla Regione: il problema è soltanto la forma societaria? O si tratta di un di-scorso più ampio, sostanziale, di contrasto tra pubblico e privato, tra idea di bene comune e merce?

Sento spesso dire -anche a sinistra- che se la proprietà e il controllo delle risorse idriche sono pubblici, allora non importa che la gestione sia in mano ai privati.

È il cosiddetto “partenariato pubblico-privato”, che si realizza attraverso la creazione di multiutilities, illudendosi che queste siano la soluzione migliore.

Io invece credo che la proprietà pubblica non sia sufficiente, se la gestione è in mano a una realtà privata, perché questa dovrà poi rendere conto agli azionisti che a fine anno vogliono vedere gli utili. Per me è sbagliato fare utili a partire da un bene fondamentale, ricercare il profitto su un diritto di base come l’accesso all’acqua: perché alla fine è il mercato finanziario a decidere.

Però c’è sempre il controllo pubblico…

Ma in base a un sistema che non funziona davvero. Le faccio un paio di esempi: la Regione Puglia chiede conto dell’attività dell’acquedotto proprio ad Aqp spa, e allo stesso modo è la stessa Acea spa (la multiutility che gestisce le risorse idriche negli Ambiti territoriali di Roma e Frosinone, ndr) a fornire informazioni sulla propria attività ai comuni serviti.  Insomma, il controllore è costretto a fidarsi di quanto gli racconta il controllato.

Detto questo, quali miracoli realizzerà la sua presidenza?

In primo luogo -sorride Petrella- bisogna ridare serenità all’Aqp, un’istituzione che oggi è sconvolta da rotture interne e che deve ritrovare la propria identità, che deve capire se un acquedotto è un soggetto che vende acqua oppure un soggetto che deve garantire l’accesso all’acqua a tutti i pugliesi, alla minore tariffa possibile.

Secondo: ridurre le perdite degli impianti: su 580 milioni di metri cubi d’acqua “prodotti” ogni anno, l’Aqp ne fattura soltanto 260. Dove finisce il resto? Esistono perdite tecniche, dovute per esempio a rotture degli impianti, ma c’è anche una diffusa “cultura della morosità”, tra i privati come tra gli enti pubblici. Pensi che al momento abbiamo 130mila contenziosi aperti…

Infine vanno ammodernati gli impianti, per smettere di subire le emergenze.

E perché Petrella dovrebbe riuscire dove, in tanti anni, altri hanno fallito?

Attenzione, non dico che riuscirò a fare tutto, ma le condizioni ci sono: intanto il capitale dell’acquedotto è considerevole, sia in termini di know how che di infrastrutture, e poi prima non c’era un governo regionale favorevole al cambiamento.  Adesso sì.

Da La Spezia a Bari

Università e impegno in prima linea: ecco i due cardini dell’attività di Riccardo Petrella, nato 64 anni fa a La Spezia.

Tra le attività, da ricordare la fondazione del Gruppo di Lisbona nel 1991 e, nel 1997, del Comitato internazionale per il contratto mondiale sull’acqua insieme all’ex presidente portoghese Mario Soares.

Oggi Petrella insegna “Mondializzazione” e “Società dell’informazione” a Lovanio, in Belgio, e “Ecologia umana” all’Accademia di architettura di Mendrisio.

I giganti del tubo pensano anche ai rifiuti

Miliardi d’acqua: godono di buona salute i fatturati delle principali aziende che gestiscono acquedotti. Gruppi multinazionali di solito impegnati su più fronti: oltre ai servizi idrici anche smaltimento rifiuti, energia, trasporti. Come la francese Veolia Environnement (nata a metà ‘800 come Compagnie Générale des Eaux, poi Vivendi), 24,7 miliardi di euro di fatturato nel 2004, che gestisce allo stesso tempo i servizi idrici della città di Shenzen in Cina (con una concessione cinquantennale) e le ferrovie nel Nord della Germania. Veolia Water, la divisione acque del gruppo, serve 110 milioni di persone nel mondo grazie a partnership con 8mila autorità locali per la gestione di acquedotti, fognature, impianti di depurazione, e da sola “pesa” per il 40% del fatturato globale del gruppo.

Suez Environnement, altra azienda francese, si occupa di acqua (con il marchio Ondeo per le acque potabili e Degrémont per le fognature) e rifiuti, ha oltre 12 miliardi di euro di fatturato e 91 milioni di “clienti” per l’acqua potabile.

Altro grande nome la tedesca Rwe, che opera nel settore energetico (elettricità, gas) e idrico (soprattutto Usa, Regno Unito e Germania, ma è presente in altri Paesi europei), e un fatturato di 42 miliardi di euro.

Cento anni e ventimila chilometri

Una storia lunga cent’anni: il prossimo anno l’Acquedotto pugliese festeggerà un secolo di vita.

I lavori per la sua realizzazione iniziarono infatti nel 1906, ma ci vollero nove anni perché, nel 1915, l’acqua arrivasse a Bari. Oggi, con 20mila chilometri di tubi l’Acquedotto pugliese è il più grande d’Europa per estensione e serve oltre 4 milioni di persone. Società per azioni dal 1999 (prima era ente pubblico) controllato completamente dalla Regione Puglia, nel 2004 ha raggiunto un fatturato di oltre 341 milioni di euro e utili per 16 milioni. Info. www.aqp.it

Al via i corsi di mondialità

Al via i corsi della facoltà della Mondialità dell’Università del bene comune, progetto educativo nato da Gruppo di Lisbona e Comitato internazionale per il Contratto mondiale sull’acqua.

I corsi sono strutturati in moduli residenziali, i primi (su mondialità e “vivere insieme”) saranno dal 13 al 15 ottobre a Ferrara e sono rivolti a operatori del settore educativo e a operatori delle istituzioni, 30 i posti disponibili.  Info e iscrizioni: ubc.mondialità@tiscali.it

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.