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Ambiente

Il prato non è attrezzato

I “Punti Verdi Qualità” di Roma sono a rischio: in vent’anni, 18 interventi realizzati su 76 concessioni. E il Comune potrebbe rimetterci 400 milioni di euro —

Tratto da Altreconomia 164 — Ottobre 2014

Il Comune di Roma rischia di pagare centinaia di milioni di euro alle banche a causa degli impegni finanziari presi per la realizzazione dei “Punti Verde Qualità”. È quanto si evince leggendo la severa disamina dei revisori dei conti che si sono spulciati il bilancio capitolino dell’anno 2013. Su 104 pagine di relazione, ben 11 sono dedicate alla questione dei Punti Verde, per i quali il Campidoglio negli ultimi due decenni ha sottoscritto fideiussioni per 390 milioni di euro. La storia dei PVQ, come sono indicati dagli addetti ai lavori, ha inizio nel 1995 con il primo bando emesso dall’amministrazione Rutelli. L’idea di fondo, di per sé lodevole, era riqualificare pezzi di territorio, per trasformarli in spazi forniti di strutture ludiche e  sportive e punti di ristoro. Già nel 1996 si assegnarono a soggetti privati le prime concessioni previste per le 76 aree individuate, gratuite e della durata di 33 anni.
Ad oggi, però, solo 18 Punti Verde sono stati completati e funzionano, 10 sono dei cantieri aperti, 11 sono stati progettati ma i lavori non sono mai cominciati, 22 sono stati assegnati ma non su aree comunali, a conferma che -forse- nemmeno il bando iniziale era ben congegnato, infine tutti gli altri sono spariti nel nulla. La superficie totale è di circa 440 ettari, più o meno come Villa Ada, Villa Borghese e Villa Pamphili (i tre principali parchi di Roma) messi insieme. Una grossa fetta di territorio.  

Oltre a concedere gli spazi in concessione gratuita, però, il Comune ha garantito -in maniera diretta- i prestiti accordati dagli istituti di credito alle società private cui è stata concessa la licenza per la realizzazione dei Punti Verde. I “sinistri sulle fideiussioni in essere” -stando alla relazione dei revisori del Comune- sfiorano la cifra di 130 milioni (su 390). Semplificando i tecnicismi, un terzo dei crediti vantati dalle banche sono in sofferenza, rischiano di non poter essere riscossi. Se questa eventualità si dovesse verificare, a saldare il “conto” sarebbe il Comune di Roma. Con denaro pubblico.
Un pericolo ben conosciuto, se è vero che nella relazione commissionata dall’assessore all’Ambiente Estella Marino e inviata lo scorso 17 febbraio al sindaco Ignazio Marino e ad altri esponenti della giunta e dell’amministrazione capitolina si legge “…la galassia dei Punti Verde, almeno con riferimento a quelli realizzati e in esercizio, risulta allo stato caratterizzata da una significativa serie di difficoltà legate alla non ottimale remuneratività delle strutture realizzate e delle attività in esse condotte, alla luce del protratto periodo di recessione economica, con frequente inadempimento delle obbligazioni poste a carico dei soggetti concessionari nell’ambito dei contratti di mutuo già perfezionati e conseguente esposizione finanziaria di Roma Capitale nella sua veste di soggetto fideiussore”. E ancora “sulla base di prime stime approssimative è possibile quantificare l’esposizione debitoria complessiva di Roma Capitale, nella sua veste di soggetto fideiubente, nell’importo complessivo di circa 345 milioni di euro”.  

Dalle casse del Campidoglio sono già usciti 11,5 milioni, come si desume dalla lettura del bilancio 2012. Denaro versato per tappare i buchi aperti dalla gestione a dir poco inadeguata delle società Maximo srl e Perconti per i Punti Verde di Casal Boccone e di Parco Feronia.

I nulla osta per la concessione delle fideiussioni alle società interessate alla creazione dei Punti Verde, fino a un massimo di 600 milioni di euro, sono stati dati dalle giunte comunali che si sono succedute nel 1999 (amministrazione Rutelli), nel 2006 (amministrazione Veltroni) e nel 2009 (amministrazione Alemanno). Come visto, all’atto pratico ci si è fermati a “soli” 390 milioni.

Già nel gennaio del 2005, una mozione del Consiglio comunale chiedesse alla giunta di concedere il diritto di superficie ai concessionari dei Punti Verde, “evitando maggiori e ulteriori impegni finanziari a carico dell’amministrazione comunale”. Per limitare i danni provocati dalle fideiussioni accordate, si sarebbe così combinato un altro pasticcio, arrivando quasi a svendere ettari di terra pubblica. La giunta, però, non mise in pratica i “suggerimenti” della mozione.     

Il cahiers de doléances non si limita però alle difficoltà di natura economica. Praticamente ogni Punto Verde ha comportato criticità di diversa natura, dalle difformità tra aspetti progettuali e realizzativi (in alcuni casi molto gravi), al sorgere di inchieste giudiziarie.

Al Parco Campagna del quartiere Spinaceto, ad esempio, ci sono terreni sfregiati da lavori mai conclusi. Forse era meglio non eseguirli proprio, i lavori, perché di fatto il Punto Verde già esisteva, ossia l’area andava bene così com’era. Invece a fronte delle opere previste (in primis campi sportivi) ora si stanno costruendo un centro commerciale “compatibile”, piscine e centri fitness. A Fidene invece un’ampia fetta dello spazio concesso è stata usata per mettere in piedi il supermercato “Il Castoro”.

Sul business dei Punti Verde avrebbero messo le mani anche organizzazioni della criminalità organizzata o della destra eversiva. Sulle strutture dell’Olgiata e su quella di Ostia (entrambe danneggiate da incendi dolosi) si staglia l’ombra della ‘ndrangheta. Il primo, che fa capo alla srl Luoghi del Tempo, è tra le strutture finite nell’occhio del ciclone nel 2012, per un’indagine della magistratura ancora in corso per far luce su una lunga serie di presunte irregolarità. La società cui fa capo il Punto Verde appena menzionato è di proprietà di Lucia Mokbel, sorella dell’estremista di destra Gennaro -attualmente soggetto all’obbligo di dimora dopo una sentenza di primo grado che lo ha condannato a 15 anni per  riciclaggio di denaro-. È proprio Mokbel che -secondo in un’intercettazione riportata da la Repubblica il 30 ottobre 2010- si sente chiedere al cognato, l’imprenditore Giancarlo Scarozza, informazioni sul Punto Verde di Ostia, lungo il viale Cristofoto Colombo, per conto del boss della cittadina, Carmine Fasciani. “No, quello è di Salabè, un operatore dei servizi segreti”, la risposta esplicativa di Scarozza. Sempre legato a Mokbel era Silvio Fanella, assassinato lo scorso luglio e che per un anno aveva avuto quote dei PVQ di Torraccia e di Nomentano-San Basilio.

Una sintesi efficace e allo stato dei fatti più che veritiera di che cosa rappresentano i PVQ per la città di Roma la fornisce Federico Siracusa, ex consigliere municipale e tra i primi a denunciare  tutti gli aspetti opachi di questa vicenda: “Tutta la vicenda dei Punti Verde è stata ampiamente sottovalutata. Nessuno ha detto una parola sui rischi in essere, e le modalità in essere sembrano una sorta di incentivo al crimine, visto che è stato confezionato un meccanismo perfetto per aggirare la legge. Basta costituire una società con appena 10mila euro, ti danno finanziamenti per milioni e garantisce un terzo, il Comune di Roma.”
Per corroborare le sue parole, Siracusa ci mostra la visura camerale della srl Zonoè, concessionaria del punto verde (incompleto) di Arco di Travertino. Il documento evidenzia come il 4% delle quote sia di Meta-Società Cooperativa Sociale Onlus, l’1% di tale Roberto Corsini, mentre il 95% è di Rom Immobili, che a sua volta è posseduta al 99% dalla Servizio Italia, che è una società fiduciaria. Per farla breve, il Comune di Roma ha concesso una licenza per un Punto Verde a una società di cui non sa chi siano realmente i soci. Ma in questa vicenda ormai non ci si meraviglia più di nulla. —

Un campo da rubgy "fuori" misura

Il Punto Verde “la Città del Rugby” a Spinaceto (Roma Sud) ha visto la luce con una delibera del Consiglio comunale approvata all’unanimità nel 2004, senza predisporre alcun bando pubblico. In pratica si è proceduto con un’assegnazione ad personam, unico caso tra tutti i Punti Verde in essere. Il tutto per un investimento di ben 32,8 milioni. Tanti soldi all’apparenza sprecati, visto che i lavori sono iniziati nell’ormai lontano 2008 e non si vede una fine all’orizzonte. L’unico campo di rugby previsto, come se non bastasse, ha delle dimensioni non regolamentari.
 

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