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Il potere delle mafie non è mai finito

© Peter Scherbatykh

In tutto il Paese i clan rafforzano la loro presenza nell’economia e sui territori. Il sistema giustizia è in forte crisi, serve una riforma per sostenerlo. La rubrica di Avviso Pubblico

Tratto da Altreconomia 246 — Marzo 2022

“Sulle mafie è calato un silenzio assordante”. Il procuratore generale di Torino non ha usato giri di parole lo scorso 22 gennaio aprendo l’anno giudiziario in Piemonte. Francesco Salluzzo ha ulteriormente ammonito: “Qualcuno ritiene che il pericolo delle mafie possa ritenersi scemato in termini quantitativi e qualitativi. Non è così”. Un simile punto di vista è stato espresso da Marcello Viola, procuratore generale a Firenze: “Come il Covid-19, la mafia è un virus mutante che si infiltra nelle imprese. Diventa fluida e invisibile, è pronta a immettere sul mercato grandi risorse e disponibilità per acquisire ogni forma di attività redditizia. E allora ha ancora senso parlare solo di infiltrazioni mafiose o siamo di fronte a una presenza ormai strutturata e consolidata?”.

A Bologna la dottoressa Lucia Musti, reggente della procura generale, ha pronunciato parole pesanti: “Quello dell’Emilia-Romagna è a buon titolo un distretto di mafia con tanto di maxi indagini e maxi processi […]. Non è più una questione di presenza di mafiosi e di diffusione della mentalità, ma di condivisione del metodo mafioso anche da parte di taluni cittadini emiliano-romagnoli, imprenditori, colletti bianchi, professionisti che hanno deciso che fare affari con la ‘ndrangheta è utile e comodo”.

Di Roma e del Lazio, il procuratore generale Antonio Mura ha offerto uno spaccato inquietante. Nel 2021 la Direzione distrettuale antimafia della Capitale ha aperto 128 fascicoli per reati riguardanti il mondo mafioso, indagando 328 persone. La presenza di mafie autoctone e di proiezioni di clan di quelle storiche interessa diversi quartieri di Roma, nonché Ostia, Pomezia, Latina dove sono state disposte misure di sequestro e confisca di beni per diverse centinaia di milioni di euro e sono state denunciate infiltrazioni nelle amministrazioni locali.

In Campania, il procuratore generale Giuseppe De Carolis ha posto l’attenzione al probabile assalto delle mafie ai fondi stanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. L’alto magistrato ha affermato che la camorra è entrata nel mercato della “distribuzione e del commercio di dispositivi di protezione individuale, in particolare mascherine chirurgiche e non, anche con vendite di grossi quantitativi a enti locali e ospedalieri”. A Bari il procuratore generale Anna Maria Tosto e il presidente della Corte d’Appello Franco Cassano hanno sottolineato come nel distretto giudiziario siano aumentate le inchieste sulla corruzione e come ciò abbia riguardato anche magistrati, alcuni con ruoli apicali. I magistrati pugliesi hanno sottolineato, inoltre, come le mafie locali siano attive nel settore del traffico e dello spaccio di droga, anche ricorrendo a forme violente per il controllo del territorio.

In Calabria l’inaugurazione dell’anno giudiziario è stata l’occasione per ribadire con forza che la ‘ndrangheta non solo si è espansa dal punto di vista territoriale ma si è inserita, e opera sempre di più, nell’economia e nella politica dove le cosche candidano persone vicine e organiche al mondo criminale. In Sicilia i procuratori generali e i presidenti della Corte d’Appello hanno dipinto un quadro in cui Cosa nostra, seppur colpita dagli apparati repressivi, non è finita come molti erroneamente credono. Scontati decenni di pena in carcere, diversi boss stanno tornando in libertà con l’intento di operare sul campo. Nell’isola i magistrati rimarcano come la mafia sia entrata sempre di più nell’economia soprattutto nei settori dell’edilizia, del movimento terra, del trattamento dei rifiuti, degli appalti e anche nel settore agricolo cercando di accaparrarsi i fondi europei.

Leggendo le relazioni di inaugurazione del nuovo anno giudiziario, emerge una situazione in cui -a fronte di una criminalità sempre più diffusa e più oppressiva sui territori verso chi ha conosciuto la crisi a causa della pandemia- il sistema giustizia è in forte crisi. Si avverte l’esigenza di una riforma organica (lo sarà quella della ministra Cartabia?) che rafforzi non solo l’apparato di mezzi, strutture e personale ma garantisca una giustizia equa e rapida. In mancanza di questo, il senso di impunità da una parte e quello di ingiustizia dall’altra rischiano di diffondersi sensibilmente a danno della collettività. Non possiamo permettere che accada.

Pierpaolo Romani è coordinatore nazionale di “Avviso pubblico, enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie”

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