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Ambiente / Approfondimento

Il petrolio in Basilicata e quella “brutta aria” che tira in Val d’Agri

Centro Olio Viggiano, foto d'archivio, 2018 © Luca Manes- Re:Common

Nelle aree circostanti il Centro Olio di Eni in provincia di Potenza, i composti organici volatili totali raggiungono livelli paragonabili a quelli di Pechino e Nuova Delhi, tra le aree più inquinate del mondo. Hanno impatti sulla salute e nella zona lavorano 3.500 persone. Lo studio di Re:Common e Source International

In Basilicata, in prossimità del Centro Olio (Cova) della Val d’Agri, impianto di trattamento del petrolio gestito da Eni, i composti organici volatili totali presenti nell’aria raggiungono livelli critici: superano i 250 microgrammi per metro cubo come media giornaliera. I valori, registrati nella stazione posta a 500 metri sottovento rispetto all’impianto, sono paragonabili a quelli di Pechino e Nuova Delhi, tra le città più inquinate del Pianeta. A rivelarlo è lo studio, pubblicato il 9 marzo 2021 dalle organizzazioni Re:Common e Source International che hanno analizzato la qualità dell’aria nel territorio di Viggiano e di Grumento Nova in provincia di Potenza, concentrando le ricerche nell’area residenziale “Le Vigne” e in quella circostante lo stabilimento dove lavorano circa 3.500 tecnici e operai. Il rapporto, che raccoglie i risultati delle attività di monitoraggio condotte tra i mesi di luglio e agosto 2020, è stato realizzato per rispondere alle preoccupazioni dei cittadini e delle associazioni sui rischi ambientali legati all’esposizione alle sostanze emesse a causa delle attività dello stabilimento, entrato in produzione nel 2011.

L’indagine ha rivelato che il gradiente di concentrazione dei composti organici volatili (Covt) aumenta in prossimità del Centro Olio. I Covt sono legati alle operazioni che avvengono nelle raffinerie e negli impianti di primo smaltimento del greggio: si tratta in particolare di idrocarburi non metanici (Nmhc) originati dai processi produttivi, dai serbatoi di stoccaggio, dai gasdotti, dalle aree di scarico e dalle torce. Alcuni di essi sono classificati come cancerogeni o potenzialmente cancerogeni per l’uomo dell’Agenza internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc). Gli idrocarburi non metanici, inoltre, sono precursori chiave dell’azoto nell’atmosfera e possono influire in modo significativo sulla sua fotochimica. L’esposizione ai Covt può essere causa di effetti che vanno dal disagio sensoriale fino a gravi alterazioni dello stato di salute e al cancro, oltre ad essere associata all’occorrenza di malattie croniche dell’apparato circolatorio e respiratorio, a patologie a carico del fegato e del sistema nervoso. Tuttavia non esistono ancora normative, né a livello internazionale né nazionale, che regolino le loro emissioni e concentrazioni nell’aria.

© Re:Common e Source International

Lo studio ha monitorato anche le concentrazioni di idrogeno solforato (H2S) che viene emesso dagli impianti di trattamento del greggio e durante le operazioni di estrazione, stoccaggio e trasporto del petrolio e gas naturale. Sostanza estremamente tossica, il cui primo segnale di presenza è il suo odore sgradevole, è stato analizzato attraverso un campionamento passivo dotato di cartucce assorbenti, uno dei possibili strumenti per lo screening della qualità dell’aria: non sono stati rilevati superamenti dei valori guida sebbene le concentrazioni maggiori siano state registrate lungo il perimetro dell’impianto e nell’area “Le Vigne”. L’esposizione cronica a basse concentrazioni di idrogeno solforato è associata a sintomi che includono affaticamento, perdita di appetito, irritabilità, memoria e stati d’animo alterati, mal di testa e vertigini.

“Alla luce del lavoro condotto insieme a Source International, riteniamo imprescindibile che il monitoraggio dell’area della Val d’Agri sia condotto in maniera più puntuale e costante da parte sia dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpab) che della Fondazione ambiente ricerca Basilicata (Farbas)”, ha spiegato Luca Manes, responsabile della comunicazione di Re:Common. Le due organizzazioni chiedono che l’Arpab fornisca una comunicazione costante dei risultati delle campagne di valutazione ambientale sul territorio, per esempio usando un monitoraggio giornaliero che impieghi centraline fisse in grado di registrare valori medi orari e giornalieri in prossimità dei siti riportati.

“I dati raccolti da Source International e Re:Common confermano che i controlli sono in ritardo rispetto agli impatti previsti dalla letteratura. La Regione Basilicata e Arpab si rifiutano di regolamentare i Covt, idem gli idrocarburi non metanici, e parallelamente non esiste un piano di medicina ambientale”, ha dichiarato Giorgio Santoriello, dell’associazione Cova Contro. “Occorre proseguire il monitoraggio di Source International e Re:common soprattutto alla luce della mancanza di un piano regionale di tutela dell’aria nonché alle ulteriori mire espansionistiche di Eni in zona”.

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