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“Il nostro referendum sulla casa può ispirare altre città”. Il messaggio che arriva da Berlino

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Leah, attivista del comitato berlinese “Espropriare Deutsche Wohnen”, racconta ad Altreconomia il risultato del voto del 26 settembre in cui il 56% dei cittadini ha sostenuto la richiesta al governo cittadino di sottrarre 240mila appartamenti sfitti in mano ai colossi immobiliari e abbassare i canoni. Perché è un modello replicabile

Per Leah, attivista e volontaria del movimento berlinese “Deutsche Wohnen & Co enteignen” (“Espropriare Deutsche Wohnen”), l’accesso alla casa è “una questione di democrazia”. “E per mantenere questa democrazia all’interno delle città -aggiunge- è necessario che siano abitate da persone diverse: se gli affitti sono troppo alti, allora la diversità viene cancellata perché solo una certa parte della popolazione potrà permettersi di viverci”. È con questo spirito che Leah ha partecipato all’organizzazione e alle attività del comitato che ha proposto il referendum per chiedere alla municipalità di Berlino l’esproprio di 240mila appartamenti sfitti di proprietà delle società Vonovia (VNAn.DE) e Deutsche Wohnen (DWNG.DE). Il referendum si è svolto domenica 26 settembre e il risultato è stato inequivocabile: il 56% dei berlinesi, 1 milione circa di partecipanti al voto, si è espresso a favore dell’iniziativa.

Come hanno votato i berlinesi?
L Una percentuale molto netta di cittadine e cittadini (il 56%, ndr) ha votato a favore. Ed è interessante notare come in tutti i distretti di Berlino -tranne due- più del 50% degli elettori abbia detto “Sì”. E questo è un primo segnale molto importante. Ma anche in quei due distretti, due aree della città ricche e storicamente conservatrici, i risultati sono stati interessanti: i “Sì” hanno ottenuto percentuali vicine al 48%. È impressionante che ci sia stato un sostegno così netto a favore della nostra proposta anche in queste aree.

Qual è la situazione degli affitti a Berlino?
L Secondo uno studio recente, Berlino è la città in cui i prezzi degli affitti sono aumentati più velocemente rispetto a quelli di altre città della Germania. Questo è dovuto principalmente al fatto che per anni la città non è stata interessata dalle speculazioni edilizie delle società di real estate, come è successo ad esempio a Monaco, Francoforte o Amburgo. Ma adesso sta succedendo anche qui e negli ultimi anni ci sono stati aumenti dei canoni di affitto significativi. E per questo molte persone hanno deciso di mobilitarsi.

Per capire quello che sta succedendo in città basta guardarsi intorno: è quasi impossibile trovare un appartamento in affitto a prezzi abbordabili. E tutti sono a conoscenza di queste difficoltà. Succedono cose assurde: le persone tendono a non lasciare gli appartamenti in cui sono in affitto per non rinunciare ai contratti di locazione vantaggiosi. Persino una coppia che si separa o divorzia non rinuncia al contratto per fare in modo che chi resta nell’appartamento possa continuare a viverci senza il rischio di essere cacciato dal proprietario di casa che magari vuole fare dei lavori di ammodernamento per poi affittare la casa a un prezzo più alto.  Ci sono tante storie assurde come questa e nessuno mette in discussione il fatto che ci sia un problema sulla questione degli affitti a Berlino. Nemmeno i conservatori lo mettono in discussione. Il punto è che cosa fare e come reagire per affrontare questo problema.

Adesso che cosa succede? Quali sono i prossimi passaggi?
L Questo tipo di referendum non è vincolante per il governo della città di Berlino. Tuttavia bisogna tenere conto della pressione politica che si riflette in maniera molto chiara nel numero di persone che ha partecipato al referendum e alle percentuali di “Sì” espresse dagli elettori. Anche questo è un elemento importante. Le autorità cittadine non possono ignorare facilmente il risultato del voto.

L’efficienza energetica delle abitazioni è considerata uno dei fattori principali per ridurre le emissioni di combustibili fossili. Pensate che la vostra iniziativa, qualora approvata, possa portare a un miglioramento della classe energetica degli appartamenti e quindi a una riduzione delle emissioni?
L Sicuramente sì. Al momento questi appartamenti, che “rivendichiamo”, sono nelle mani di grandi società che sono quotate nel mercato azionario e il cui obiettivo principale è il profitto, non la sostenibilità. Ed è proprio questo che vogliamo cambiare. Vogliamo che gli alloggi non siano utilizzati per la sola ragione di massimizzare gli utili e gli affitti. Vogliamo che siano parte di una società organizzata. Creando degli alloggi che siano gestiti secondo criteri solidali e anche naturalmente sostenibili. Gli appartamenti per i quali ci stiamo battendo sono in pancia a queste grandi aziende come per esempio Vanovia e DW. I loro consigli di amministrazione non assumeranno le decisioni in termini di sostenibilità perché, l’obiettivo principale come detto è la massimizzazione del profitto. E questo è ovviamente in contrasto con quello che vogliamo. Il voto dimostra che le persone hanno molto più interesse per l’ambiente rispetto alle grandi aziende.

Il caro affitti e le speculazioni del mercato immobiliare rappresentano un problema che non è limitato alla sola Berlino ma che coinvolge gran parte delle capitali europee. Pensate che la vostra iniziativa possa essere esportata con successo in altri Stati?
L Penso che la nostra iniziativa possa ispirare anche gli abitanti di altre città della Germania perché l’aumento degli affitti riguarda anche loro. Inoltre abbiamo contatti anche con altre città europee e penso che il nostro movimento possa ispirare tanti. E lo ha già fatto perché abbiamo ricevuto decine e decine di richieste di intervista, siamo stati contattati da associazioni e realtà sindacali. Ci sono personalità importanti che ci supportano pubblicamente.

Quindi, sì, penso che sia molto stimolante anche perché non c’era mai stata in precedenza un’iniziativa di questo tipo. Non dobbiamo poi dimenticarci che anche in Germania c’è stato un cambiamento radicale di approccio: fino a due o tre anni fa sarebbe stato impensabile promuovere un’iniziativa di questo tipo perché sarebbe stata associata al comunismo. Poi c’è stato un cambiamento di approccio, e le persone hanno capito che non si tratta di questo, ma che è fondamentalmente una questione di democrazia.

Quali sono state le ragioni che hanno portato alla vostra vittoria?
L Penso che sia dovuta principalmente a due motivi. Da un lato la situazione non è più sopportabile, e si continua a costruire mentre moltissimi appartamenti sono inutilizzati. Per affittare un appartamento sei costretto a pagare anche 4.000 euro solo per essere scelto, solo per avere il contratto. Questo non è minimamente legale ma la gente ha paura ad andare dalla polizia o di parlarne pubblicamente perché non vuole finire per strada e ha davvero bisogno di un posto dove stare. Questa situazione è crudele e drammatica. Ed è un problema che riguarda quasi tutti ormai, non solo la popolazione più “povera” ma anche la classe media.

Il secondo motivo sta nella struttura del movimento: si tratta di un’organizzazione ben articolata nella società che è stata costruita negli ultimi due anni. E c’è stata anche molta creatività. Ci siamo sempre presentati come un movimento molto aperto e siamo riusciti a coinvolgere persone da diverse fasce della società. Quando ho iniziato due anni fa c’erano principalmente studenti e persone molto giovani ma ora abbiamo coinvolto anche diversi pensionati e ultrasessantenni.

Ci siamo dati un’organizzazione centralizzata ma allo stesso tempo anche diffusa, perché ogni distretto ha un gruppo separato, un piccolo team, che organizza gli eventi e tutto il resto. A partire dalla raccolta firme: ricordo che abbiamo dovuto organizzarla per ben due volte. Abbiamo coinvolto numerosi distretti soprattutto negli ultimi mesi, abbiamo creato un sito che è ben strutturato. C’è stato tantissimo lavoro da parte di volontari e persone convinti dall’idea del movimento. Persone desiderose di risolvere il problema dell’alloggio e di garantire la democrazia sociale.

Una delle idee di base della democrazia sociale è di non lasciare tutto ai mercati. Abbiamo coinvolto artisti e cartoonist che hanno pubblicato i loro lavori su media e giornali per fare pubblicità al movimento. Molte persone, ad esempio su YouTube, erano interessate a fare un’intervista con noi. Non solo sui social media, ma anche per le strade. E così abbiamo organizzato eventi, non solo grandi ma anche piccoli, spontanei nei quartieri. Tutto questo per informare le persone.  Spesso i giornali più conservatori e alcuni media mainstream hanno scoraggiato il movimento, dicendo che sarebbe morto presto. Le persone invece sono stufe di questa situazione e puntano a cambiarla: Berlino è sempre stata una città della creatività e delle arti, per sperimentare e creare nuove idee.

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