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Il municipio prende ordini

Welfare, ambiente e gestione dei rifiuti. Il contrappeso delle Unioni dei Comuni —

Tratto da Altreconomia 158 — Marzo 2014

"L’Emilia-Romagna è la Regione più pianificata in Italia, ma anche la quarta per consumo di suolo. I ‘piani’, che erano il nostro orgoglio, si sono trasformati in meta-progetti, pieni di formule ad effetto che contano solo da un punto di vista della comunicazione. Il business è l’aspetto più importante”. Paola Bonora è professore ordinario di Geografia all’Università di Bologna ed è stata Direttore del corso di alta formazione “Progettare sviluppo locale partecipato”: “Si approvano documenti bellissimi, culturalmente avanzati, che però restano sulla carta”.
Concorda Roberto Balzani, sindaco di Forlì, che ci riceve nel suo ufficio di sabato mattina, e siede con alle spalle la mappa urbanistica della città che amministra fino a maggio 2014: “Il Piano territoriale regionale del 2008 sottolinea che la campagna rappresenta un bene culturale, e che come tale è soggetto a tutela. Ma se guardi il Piano regionale integrato dei trasporti (Prit, è in discussione quello 2010-2020, ndr), scopri che va in senso contrario”.
Una causa di questo, secondo Balzani, è che “la Regione tende a leggere le istanze che provengono dalle amministrazioni elettive  come proposte di uno dei tanti attori del processo. Ci sono i costruttori, le coop, altri stakeholder e c’è il Comune, che è solo uno dei tanti portatori d’interesse”.
Forse Balzani ha ragione: nel documento preliminare del Prit, la Regione Emilia-Romagna sottolinea l’importanza delle nuove autostrade che dovrebbero essere realizzate, dalla Cispadana tra l’A22 e Ferrara alla connessione tra A15 e A22, conosciuta come TiBre (Tirreno-Brennero), passando per la Orte-Mestre e il raddoppio del corridoio che unisce Ferrara a Comacchio e ai lidi. A febbraio, una decina di consiglieri regionali hanno presentato una risoluzione sul tema del consumo di suolo, frutto di una petizione promossa da Legambiente Emilia-Romagna.
Tra i firmatari c’è anche Gabriella Meo: qualche anno fa contattò anche Altreconomia, prima di presentare (era il 2011) una proposta di legge per istituire canoni di concessione per le acque minerali imbottigliate. Il testo giace ancora, e chi imbottiglia sul territorio regionale –Coop e Conad, su tutti- continua a pagare solo un canone sulla superficie della concessione, che dal primo gennaio 2014 è di 21,28 euro per ettaro.
Un particolare stride: Vasco Errani, presidente della Regione Emilia-Romagna da quasi tre lustri, dal 2005 è anche presidente della Conferenza Stato-Regioni, cioè di quell’organismo che nel novembre del 2006 chiese a tutte le Regioni italiane di istituire un canone per l’imbottigliato. Non c’è stato tempo, probabilmente, di discutere la proposta di Gabriella Meo, mentre altre riforme viaggiano spedite. Sono quelle che disegnano un “centralismo regionale”, secondo la definizione che ne dà il sindaco di Forlì. Balzani, che è preside della Facoltà di Conservazione dei beni Culturali dell’Università di Bologna, sede di Ravenna, ha scelto di non presentare la propria candidatura per un secondo mandato, alle elezioni che si tengono nella primavera del 2013, motivando la sua scelta in aperto contrasto con alcune scelte della Regione Emilia-Romagna.   

“Esiste un’asimmetria da un punto di vista legislativo tra Regione e Comune, che è visibilissima in due settori, ambiente e sanità. In base al Testo unico degli enti locali il sindaco è ancora il responsabile della salute pubblica, con ampi poteri di ordinanza, qualora se ne verificano i casi, ma ormai è solo il destinatario finale di politiche che sono gestite altrove: il responsabile degli effetti, ma solo un cogestore delle cause. Vive tra l’incudine di un decisore sovra-ordinato e il martello della cittadinanza, che chiede l’esercizio di un potere di controllo” racconta Balzani.
Il Testo unico (dl 267/200) “recepisce l’ordinamento in vigore fino ad alcuni decenni fa, ma nel frattempo la legislazione tra enti locali, Regioni e Stato è cambiata. In questo contesto, e di fronte alla ipersensibilità dei cittadini su alcuni temi -come le politiche ambientali e quelle di welfare-, il sindaco si trova ad essere terminale diretto di questa ‘domanda pubblica’, anche perché i partiti, che dovevano mediarla, non svolgono più la propria funzione”.

Balzani porta ad esempio la Sanità: “È stata costituita un Asl unica della Romagna, riunendo quattro aziende sanitarie locali, su un territorio dove vive un milione di persone. Ciò che io ho contestato, nel processo di costruzione di questo soggetto, è il fatto che non ci fosse un progetto alla base: siamo di fronte a una scatola politico-amministrativa, con l’attribuzione al Dg di una funzione progettuale, che secondo me doveva essere politica ed avvenire ben prima della decisione deliberata”.

Il Comune di Forlì ha dato vita, negli ultimi mesi, all’Unione di Comuni più grande d’Italia, che riunisce sedici enti del territorio, dal capoluogo, che ha 120mila abitanti a Comuni di montagna che ne contano meno di mille: “Passiamo dalla municipalità alla territorialità, fondata su un patto: Forlì ha interesse che i presidi antropici lungo le vallate vengano mantenuti, altrimenti alla prima alluvione verrebbe giù tutto. Ma oggi i piccoli Comuni di montagna sono strutture evanescenti ed esangui, che non riescono a garantire i servizi ai cittadini. In questo modo pensiamo anche di poter ri-organizzare la spesa pubblica, dando una dimensione di bacino, capace di una forza di ri-aggregazione territoriale della domanda”. L’Unione dei Comuni si pone come un contrappeso efficace contro i centralismi che sono in campo, che nella Romagna forlivese rischia di diventare terreno di scontro con la Regione in merito alla gestione del ciclo dei rifiuti.
“Vorremmo poter separare la fase di raccolta da quella dello smaltimento, in modo da poter indirizzare il riutilizzo, la quota da mandare eventualmente a smaltimento, e quanto e come riciclare. Chi raccoglie diventa padrone del rifiuto, e per questo è interesse delle multiutility (che gestiscono gli impianti per l’incenerimento dei solidi urbani). Vorrei poter considerare il rifiuto un bene che produco sul territorio, come la patate e le susine, anche per poter capire quanto costa davvero il servizio”.

La proposta dell’Unione dei Comune deve avere l’avallo dell’Atersir, l’Agenzia Territoriale per i Servizi Idrico e Rifiuti), in base a un calcolo della “convenienza economica, che riconosca il sub bacino”. Oggi Hera -multiutility di cui anche Forlì è azionista- gestisce il servizio in proroga. Intanto, la “Regione tende a derubricare il conflitto innestato a livello di negoziazione localistica, a non farlo apparire per quello che è. Una questione politica”. —

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