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Il ministro Luca Zaia, un errore di sistema

Anticipiamo, per i lettori del sito, l’editoriale del numero 113 di Altreconomia

In una sera di gennaio a San Biagio di Callalta, nella nebbiosa provincia di Treviso, abbiamo intervistato il ministro delle Politiche agricole Luca Zaia. Il quale, per noi che ci occupiamo di altra economia, è un errore di sistema.
Quarantadue anni, Zaia è nato a Conegliano ed è laureato in Scienze della produzione animale. Ha fatto mille lavori (anche in discoteca) prima di entrare in politica ed essere eletto il più giovane presidente della Provincia di Treviso, nel 1998. Durante il suo assessorato al turismo in Regione Veneto, questo ottimo comunicatore ha dato alla sua terra il primato per presenze turistiche in Italia.
Da ministro ha dimostrato competenza e attenzione. Zaia è favorevole all’etichettatura dei prodotti e si è sempre scagliato contro gli ogm. “Aprire agli ogm vuol dire impoverire i contadini e consegnare l’agricoltura in mano alle multinazionali” ci ha detto (il filmato dell’intervista lo trovate sul nostro canale youtube). Sostiene apertamente i dazi sull’import, il “chilometro zero” e la filiera corta. Appoggia il biologico ed è contro la cementificazione selvaggia (“Il Veneto si è riempito di capannoni per colpa degli immobiliaristi”). Ha sempre difeso i contadini, sostenendo che nell’agricoltura c’è l’identità di un Paese, la tutela del suo paesaggio e della salute.
Eccolo il problema, l’errore di sistema. Zaia dice le cose che diciamo noi. Parole che usano i gruppi di acquisto solidali, e che magari leggereste sulle pagine di questo mensile.
Solo che Zaia è leghista. Ovvero, appartiene a un partito dai toni xenofobi, spesso qualunquista e ipocrita. Un partito che interpreta sì gli umori e le paure dei cittadini, ma il più delle volte per cavalcarli in maniera strumentale. Non legittimeremo qui la Lega, il cui avvento nella politica italiana consideriamo un “segno dei tempi”. Tantomeno il suo ministro Zaia (che, per inciso, a marzo pubblicherà un libro dal titolo “Adottiamo la terra”, che ricorda il nostro “Riprendiamoci la terra”. E la cosa ci colpisce). Ma la domanda rimane. Come è possibile che dica queste cose uno che sta da quella parte?
Perché un partito come la Lega ha fatto propri i nostri temi? Come mai usa il nostro linguaggio, le nostre parole?
A fine marzo Zaia sarà probabilmente eletto presidente del Veneto. Anche qualche nostro lettore, magari volontario in una bottega del commercio equo, lo voterà. Stiamo parlando la terza regione d’Italia per ricchezza prodotta. Una regione nel cui statuto (del 1971) i suoi abitanti si definiscono “popolo” (l’unico altro caso è la Sardegna) e dove anche i centri sociali utilizzano stemmi indipendentisti. In tutta Italia, la Lega con ogni probabilità confermerà il risultato strepitoso (10% dei voti) conseguito nelle scorse elezioni europee. C’è qualcosa, in quella parte di società italiana, che non siamo capaci di comprendere. Eppure dovremmo. Far finta che tutto questo non accada, non porci il problema del consenso e della distanza tra noi che rappresentiamo l’altra economia, la politica e la gente sarebbe -anche questo- ipocrita. Una semplificazione consolatoria, ma inutile.

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