Riccardo Gatti ha fatto parte dell’equipaggio di Medici Senza Frontiere che ha operato al largo dell’isola greca di Leros tra il dicembre 2015 e il gennaio di quest’anno. In poco meno di due mesi ha contribuito al salvataggio di 500 persone. Nonostante Alba dorata, la polizia turca e l’indifferenza dell’agenzia Frontex. Ecco la sua videointervista
Tra il dicembre scorso e il gennaio di quest’anno, Riccardo Gatti ha fatto parte di un equipaggio di Medici Senza Frontiere che ha operato al largo dell’isola greca di Leros, a sud di Lesbo. L’obiettivo della missione era salvare i migranti partiti di notte dalle coste della Turchia e condannati alla deriva nell’Egeo, affiancandosi alla Guardia costiera greca.
A disposizione delle due squadre di salvataggio MSF c’erano due gommoni lunghi tra gli otto e i nove metri, mezzi in grado di assicurare un’azione più efficace rispetto alle “alte” barche della flotta greca. In due mesi, dopo 16 chiamate giunte dalla Guardia costiera, la squadra di Gatti ha tratto in salvo circa 500 persone. Strappandole al mare o alla costa fredda e desolata dell’isola militare di Farmakonisi, a meno di dieci miglia dalle coste turche, di fronte alla città di Didim.
L’intervista a Riccardo Gatti, membro dell’equipaggio di Medici Senza Frontiere che ha operato al largo dell’isola greca di Leros
Gatti, nato a Lecco nel 1978, vive in Spagna da 13 anni. È un marinaio che di mestiere ha fatto l’educatore in diverse realtà del sociale portando avanti gli studi universitari in psicologia. Dopo una serie di colloqui, è diventato il “candidato” giusto per la missione MSF di Leros, raggiungendo così la piccola isola greca ai primi del dicembre 2015. “La prima immagine che mi è rimasta impressa quando sono arrivato è quella di un giubbotto salvagente che galleggiava nelle acque”, racconta. A Leros -dove i dati delle Nazioni Unite quantificano in oltre 8.200 gli arrivi a partire dal 2016- sorgeva un campo di accoglienza di Medici Senza Frontiere, predisposto dall’Alto commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR); ed era lì che l’equipaggio di Gatti era incaricato di accompagnare i naufraghi.
“Appena ho raggiunto Leros mi sono chiesto come fosse possibile che in un’isola di 8mila abitanti, ogni settimana, arrivassero 2mila migranti, e che nessuno muovesse un dito per salvarli”, ricorda Gatti. MSF inizia così a pattugliare quella parte dell’Egeo in un raggio di 30 miglia, raccogliendo, oltre alle segnalazioni della Guardia costiera, anche SOS inviati via Facebook dagli stessi migranti in transito, di notte, per sfuggire alla polizia turca o alle navi dell’agenzia delle frontiere comunitaria, Frontex.
Gatti ha documentato quei giorni con il suo smartphone, archiviando video e fotografie delle condizioni dei migranti in viaggio, soprattutto siriani, e dei loro oggetti personali. Alcune ritraggono quello che Gatti definisce il “pollaio” di Farmakonisi, un centro accoglienza improvvisato che sorge sulla costa dell’isoletta militare greca. Fino all’arrivo di MSF, i migranti sbarcati venivano trattenuti dentro piccole casette circondate da reti metalliche e filo spinato.
(l’isola di Leros, nel mar Egeo, intorno alla quale ha operato la squadra di MSF tra dicembre e gennaio)
In un’altra fotografia, il marinaio di MSF ha ripreso il simbolo di “Alba dorata”, in una birreria del posto. Si tratta della formazione politica neonazista che alle ultime elezioni politiche del 2015 ha ottenuto 18 seggi in Parlamento. “Si sapeva che Alba dorata era presente in quelle zone di arrivo di migranti -racconta Gatti-. Una mattina trovammo una delle nostre imbarcazioni piena d’acqua. Alcuni dissero che era colpa delle onde arrivate di notte. Io invece penso che qualcuno abbia cercato di affondarla”.
A gennaio, però, non è stata “Alba dorata” ad allontanare Medici Senza Frontiere. “All’inizio dell’anno la Guardia costiera ci ha vietato di pattugliare oltre le tre miglia dalla costa dell’isola di Leros -spiega Gatti- il che significava non poter svolgere il nostro lavoro”. La fortezza Europa stava rafforzando la barriera finanziando la Turchia con tre miliardi di euro (poi diventati sei). Ai due gommoni di MSF sono subentrate le imbarcazioni di Frontex e tre navi militari con bandiera tedesca.
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