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Altre Economie

Il lato oscuro del cibo

Due settimane a comprare solo alimenti industriali e confezionati. Risultato: un metro cubo di rifiuti e un conto salato. Soprattutto per l’ambiente Per due settimane, Rosanna ha comprato solo cibo industriale confezionato. Colazione, pranzo, cena. Rosanna è una fotografa, e…

Tratto da Altreconomia 112 — Gennaio 2010

Due settimane a comprare solo alimenti industriali e confezionati. Risultato: un metro cubo di rifiuti e un conto salato. Soprattutto per l’ambiente

Per due settimane, Rosanna ha comprato solo cibo industriale confezionato. Colazione, pranzo, cena. Rosanna è una fotografa, e a ogni pasto ha fatto due scatti: uno, ai piatti che preparava. L’altro, ai rifiuti che rimanevano. Non gli avanzi, ma gli imballaggi dei prodotti che aveva comprato. Plastica, vetro, carta, metallo. Non ha buttato niente, ma conservato tutto. Il risultato sono un metro cubo di rifiuti e questa straordinaria mostra, che svela il lato oscuro del cibo industriale e confezionato: il suo impatto sull’ambiente.
Rosanna ha comprato tutto al supermercato “dove ho scoperto un mondo che non conoscevo: quello della ‘quarta gamma’, i prodotti freschi in busta, e delle confezioni monodose, per single”. Ha speso molto di più (“incredibile il prezzo dell’insalata in busta al chilo”) e si è riempita la casa -soprattutto- di plastica (“e non bevevo acqua minerale”).
Secondo i dati dell’Ue, la produzione di packaging e imballaggi (che risponde anche a esigenze di marketing, oltre che di igiene e trasporto) è in costante aumento, in proporzione superiore all’aumento del Pil. E soprattutto in Italia, dove ciascuno di noi ha un “bagaglio” personale di imballaggi equivalente a non meno di 209 chilogrammi l’anno.
Secondo il Consorzio nazionale imballaggi (www.conai.org), nel 2008 sono stati immessi al consumo 12 milioni di tonnellate di imballaggi. Il 68,1% era destinato ad alimenti e bevande. Di questi, sono stati avviati al riciclo circa il 59%, ma la percentuale precipita drasticamente al 30% se si guarda alla sola plastica, che rappresenta un quinto circa (ovvero oltre oltre 2 milioni di di tonnellate) della produzione totale. Un altro 28% della plastica recuperata finisce direttamente all’inceneritore. Secondo l’Istituto italiano imballaggio (www.istitutoimballaggio.it ) il settore fattura in Italia oltre 25 miliardi di euro, e solo nel 2008 ha segnato una sia pur modesta flessione (-0,4%), dopo una costante crescita di 15 anni.
Stando a Legambiente (che sin dal 2000 porta avanti la campagna “Disimballiamoci!”, www.legambiente.eu) paghiamo gli imballaggi due volte (con la spesa e quando li dobbiamo smaltire), e costituiscono il 60% del volume e il 40% del peso dei rifiuti degli italiani. (pr)

Non incartatevi
La ricerca di Rosanna Maiolino sull’eccesso degli imballaggi si chiama “Measure for measure-daily food, daily garbage”, ed è stata esposta in avant prèmiere presso la sede della Commissione europea di Lussemburgo nel giugno 2009. In seguito, è stata esposta in occasione della “Settimana europea per la riduzione dei rifiuti” (dal 21 al 29 novembre 2009) in vari luoghi di Cosenza, città dove ha sede l’associazione “Popolo creativo onlus” che promuove la mostra e alla quale ci si può rivolgere per fissare un’esposizione: www.popolocreativo.com
 

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